Non sappiamo con esattezza quando finirà la pandemia, ma di una cosa siamo sicuri: l’Europa, così come la conosciamo, ne uscirà sconfitta. Il primo a comprenderlo fu Friedrich Nietzsche: quello in cui viviamo è un mondo costruito su false credenze, un castello di carte destinato a crollare da un momento all’altro.
Per anni ci siamo cullati nell’illusione del benessere incondizionato. Abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità dilapidando il patrimonio guadagnato con sangue, lacrime e sudore dalle generazioni precedenti. Al giorno d’oggi, in piena rivoluzione digitale, consultiamo i social ventiquattr’ore al giorno alla ricerca di una felicità artefatta e a tratti grottesca. Dobbiamo per forza apparire contenti anche quando non lo siamo pur di essere accolti e ben voluti da una società che rifiuta il concetto stesso di dolore. Illusi dal progresso della medicina, pensavamo di essere immortali. Almeno fino all’arrivo del virus cinese che ha ridimensionato le nostre aspettative insegnandoci, forse per la prima volta dopo decenni, a convivere con l’incertezza.
La portata del dramma che ci troviamo ad affrontare è epocale, ma la reazione dell’Europa non è stata all’altezza della situazione. Disabituati alla lotta e al sacrificio, da un anno e mezzo a questa parte gli Stati membri della Ue hanno chiuso a intermittenza ogni attività: dai negozi ai cinema, dai bar ai ristoranti. Oggi si intravede la luce in fondo al tunnel, ma i risultati dati da queste lente e tardive riaperture rischiano di rivelarsi insufficienti. Anche alla luce dell’attuale scenario internazionale: stando alla Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo, la Cina di Xi Jinping – forse ancor più pericolosa della vecchia URSS – ha registrato una crescita dell’8,1 per cento, superando i livelli pre-Covid. Un dato che dovrebbe far riflettere. Davvero l’Unione europea pensa di competere e confrontarsi con colossi come la Cina, la Russia e gli Stati Uniti andando avanti di questo passo? Davvero possiamo sacrificare il futuro economico, politico e sociale del nostro continente in nome del diritto alla salute?
Nietzsche pensava che la realtà fosse governata da due principi, estremamente diversi fra loro: l’apollineo, la componente razionale e ordinata dell’esistenza, e il dionisiaco, l’elemento magmatico e caotico del reale. Secondo il filosofo tedesco, l’origine delle sofferenze umane sta proprio nel rifiuto del dionisiaco, cioè nella folle pretesa di escludere il dolore dalle nostre esistenze. Negli ultimi quattordici mesi, invece di implementar lo sviluppo, la produzione e l’acquisto dei vaccini e l’aumento delle terapie intensive, i governi europei hanno cercato di eliminare ogni rischio scegliendo il lockdown come via maestra. Senza rendersi conto che il “rischio zero” non esiste e che, soprattutto, non si può non vivere per paura di morire.
Gli ultimi due anni passeranno alla storia come il Biennio della Resa. Abbiamo rinunciato ai nostri diritti accettando disposizioni liberticide. Ci siamo mostrati deboli di fronte ai nostri avversari (cinesi e non) che, gioendo del nostro fallimento, si preparano ad egemonizzare l’Europa. Perché sì, grazie al cielo la campagna vaccinale garantirà il ritorno a una vita normale, allontanando lo spettro della pandemia. Ma il “mondo nuovo” con cui dovremo fare i conti sarà molto probabilmente peggiore di quello che avevamo lasciato.