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Ecco perché non si possono liquidare come bufale i sospetti sui laboratori cinesi

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… con buona pace degli scienziati accreditati…

L’invasione degli ultracorpi ha scatenato quella degli ultravirologi. Cos’hanno in comune? Sono a vario titolo coinvolti con la politica, talvolta hanno incarichi pubblici, frutto di nomine che in genere dalla politica non possono prescindere, qualcuno, come Ilaria Capua, oggi trasferita in America, è stato parlamentare (nello sciagurato partito di Mario Monti). Sono sovraesposti, non c’è trasmissione che ne faccia a meno, con loro evidente frisson (alla Gismondo fremono anche le labbra ogni volta che la fanno parlare). Sono inclini al litigio: i sommi sacerdoti non transigono, fulminano tutti gli altri in fama di eretici. Si appellano alla sacralità della scienza, ma la scienza di per sé pare non bastare a nessuno. Ora, la scienza è una gran bella cosa, ed è (quasi) sacra; ma è anche qualcosa che, per sua primaria condizione, si espone, si presta a smentite in forma di nuove scoperte e questo i primi a sostenerlo sono i suoi sommi sacerdoti. Per cui fare della scienza un feticcio appare altrettanto scriteriato che irriderla in favore di suggestioni esoteriche e di facili ricette per la felicità. La scienza, inoltre, prescinde a fatica dal potere, dalla sua ombra lunga, il che è particolarmente evidente sotto i regimi totalitari; l’emancipazione della scienza in regime di democrazie più o meno liberali è, tutto considerato, cosa recente e sempre precaria, quella dalle dittature è irrealizzabile e al mondo c’è ancora una dittatura da 1,7 miliardi di sudditi.

Come considerare dunque il servizio – ufficiale, comparso 5 anni fa sul Servizio Pubblico, non su un blog di peracottari complottari – che annunciava un coronavirus elaborato in laboratorio per scopi sperimentali, carico di incognite e di insidie potenzialmente mostruose? Il documento, una volta riemerso, è diventato virale quanto il coronavirus che annuncia e gli scienziati accreditati hanno subito tentato di metterci una pezza, con l’atteggiamento compatente che abbiamo imparato a riconoscere in loro: a Burioni è bastato un tweet per definirle coglionate, alla Ilaria Capua ci è voluto un sorrisetto di sufficienza via satellite. Sarà. Anzi, saremo tutti coglioni. Sta di fatto che quel video, mai stato smentito da nessuno in 5 anni, pare abbia irritato non poco le autorità cinesi, vale a dire del Paese che prima ci ha incasinati tutti, poi, dall’alto dei suoi errori, censure e menzogne, è sceso a donarci presidi medici insieme a lezioni di profilassi, di democrazia e di veline informative. Coglionate, dicono i guru della scienza, ma un po’ troppe faccende ricorrono: il nome, coronavirus; l’epicentro del possibile focolaio, Wuhan, dove esiste un laboratorio superprotetto, ma forse non abbastanza, dedito alle sperimentazioni su virus; l’origine asserita, cioè i pipistrelli il cui genoma sarebbe stato manipolato; la causa, alias una sorta di polmonite fulminante; gli effetti, ovvero una immediata e potentissima paralisi nelle vie respiratorie; gli esiti, ravvisabili nella stessa pandemia che il servizio Rai di 5 anni fa paventava; la fonte informativa, quanto a dire la prestigiosa rivista scientifica “Nature”, che per prima nel 2015 parlò di quegli strani esperimenti e ieri si è precipitata a fornire strane spiegazioni esoteriche con cui smentiva se stessa ma senza spiegare niente. La logica, se fa a pugni con l’esaltazione paranoica, non va d’accordo neppure con la sottomissione psicologica: e se tre indizi fanno una prova, qui di indizi ne abbiamo trentatrè; non sufficienti ancora a trarre conclusioni, ma un po’ troppi per essere bellamente liquidati come scemenze, parola di Roberto Burioni (o Ilaria Capua o altri).

La logica induce a mettere insieme certi fatti e i fatti qui non sembrano esattamente della stessa famiglia delle scie chimiche o dei vaccini che farebbero venire l’autismo, roba da manicomio a 5 Stelle. La logica tiene conto della scienza che non concorda: c’è un professor Richard Ebright del Waksman Institute of Microbiology della Rutgers University, uno dei massimi esperti di biosicurezza, il quale ritiene possibile l’ipotesi di un incidente nel laboratorio:

“C’è un rischio sostanziale di infezione di un lavoratore del laboratorio [e] gli autori di Nature ci lasciano dove eravamo prima: con una base per escludere un coronavirus costruito in laboratorio, ma nessuna base per escludere un incidente di laboratorio”.

E c’è un Yanzhong Huang, ricercatore di Global Health presso il Council on Foreign Relations, il quale ribadisce che ci sono prove precise a sostegno dell’incidente; cita uno studio “condotto dalla South China University of Technology, che ha concluso che il coronavirus probabilmente è uscito dal Centro Wuhan per il controllo e la prevenzione delle malattie”, a soli 280 metri dal mercato citato come origine dell’epidemia originale. “Il documento è stato successivamente rimosso da ResearchGate, un sito di social network per consentire a scienziati e ricercatori di condividere documenti”, ha scritto Huang. “Finora, nessuno scienziato ha confermato o confutato i risultati”. I precedenti non mancano:

“Una violazione della sicurezza in un laboratorio ha causato quattro casi di Sars, tra cui un decesso, a Pechino. Nel gennaio 2020, un rinomato scienziato cinese, Li Ning, è stato condannato a 12 anni di carcere per aver venduto animali usati negli esperimento ai mercati locali”.

Ma tutti si sono precipitati ad aggredire i creduli, in conformità alla propaganda cinese. Ha scritto uno su Twitter, educatamente, a Burioni:

“Professore, io la stimo immensamente ma qui la sensazione che tante cose non si capiscano, e che tante altre ci vengano nascoste, è forte”.

Quel lettore dice, forse senza coglierla, una profonda verità: qui in ballo non è tanto la totemizzazione della scienza, quanto degli scienziati in fama di santoni. E questo non funziona, specie se i guru ci sistemano con un sorrisetto di compatimento: buoni, coglionazzi, che non è niente. Questi totem hanno passato due mesi a sbagliarsi anche loro, a sottovalutare l’epidemia, a scannarsi in televisione. Cari scienziati mediatici, ci perdonerete se, nel nostro dubbio metodico, non ci fidiamo completamente di niente e di nessuno, neppure di voi. Che vi piacete tanto, ma vi state cominciando a comportare più come influencer che come uomini di scienza.