Con incredibile faccia tosta, in questi giorni il presidente Joe Biden sta intimando alle compagnie petrolifere Usa di aumentare la produzione e la capacità di raffinazione per raffreddare i prezzi record alla pompa, che stanno letteralmente facendo infuriare gli americani.
Peccato che proprio l’attuale presidente, dando seguito alla promessa elettorale di chiudere l’industria oil & gas (“I will get rid of fossil fuels”), come primo atto aveva sospeso tutte le concessioni a livello federale, sia di sfruttamento che infrastrutturali. Ecco cosa aveva detto durante un dibattito con Sanders:
“Number one, no more subsidies for fossil fuel industry. No more drilling on federal lands. No more drilling, including offshore. No ability for the oil industry to continue to drill, period, ends, number one”.
Solo poche settimane fa l’amministrazione Biden ha cancellato una delle più promettenti concessioni di petrolio e gas in Alaska.
Ai suoi appelli ha risposto ieri con una lettera il ceo di Chevron, Michael K. Wirth. Alcuni passaggi meritano di essere riportati.
Dopo aver premesso che “non ci sono soluzioni facili né risposte a breve termine agli squilibri dell’offerta e della domanda globali, aggravati dall’invasione russa dell’Ucraina”, che la situazione “richiede un’azione ponderata e la volontà di lavorare insieme, non retorica politica“, e dopo aver ricordato risultati e investimenti di Chevron, ha fatto presente a Biden che “nonostante questi sforzi, la sua amministrazione ha ampiamente cercato di criticare, e a volte denigrare, la nostra industria. Queste azioni non sono utili per affrontare le sfide che abbiamo di fronte e non sono ciò che il popolo americano merita”.
E ha chiesto quindi un “cambio di approccio“: chiarezza e coerenza su questioni politiche che vanno da concessioni e permessi su terreni federali, alla capacità di consentire e costruire infrastrutture critiche, al ruolo appropriato della regolamentazione che tenga conto sia dei costi che dei benefici”.
“Soprattutto – ha aggiunto Wirth – abbiamo bisogno di un dialogo onesto su come bilanciare al meglio gli obiettivi energetici, economici e ambientali, uno che riconosca che la nostra industria è un settore vitale dell’economia statunitense ed è essenziale per la nostra sicurezza nazionale“, concludendo con un riferimento al fabbisogno energetico anche dei “nostri alleati”.
Una lettera che dovrebbero leggere con molta attenzione anche i leader europei, a Bruxelles, a Berlino e a Roma.