Altro che aspirational voters, le elezioni sono in mano a mini-spostamenti di voti che saranno decisi da cosche del Sud, da ulteriori “arrabbiati”, o da una piccola quota di elettori in cerca di assistenza: questi ultimi sceglieranno la vecchia promessa clientelare o il reddito di cittadinanza grillino? Comunque finisca, povera Italia…
Inutile girarci intorno. La vera notizia di queste elezioni (nonostante tutti gli sforzi per nasconderla, occultarla, attutirla…) è che gli astenuti restano saldamente il primo partito (ben oltre il 30 per cento), e che ad essi va aggiunta una fortissima percentuale di indecisi (oltre il 10 per cento: quindi il quarto-quinto partito) che ancora non hanno maturato la scelta finale.
Proviamo a ragionarci sopra. Ovviamente è un esercizio del tutto soggettivo: non ci sono parametri oggettivi e indiscutibili.
A lume di logica, esaminando questa platea che non si è ancora collocata, è difficile immaginare che una quota di elettori ottimisti, positivi, dalla domanda politica sofisticata, trovino all’ultimo momento quell’offerta che hanno così a lungo motivatamente rifiutato. Con tutta la buona volontà, se penso al vasto mondo di partite Iva, imprese, lavoratori del privato, professionisti, e in generale di “aspirational voters” (una costituency thatcheriana di chi vuole migliorare la propria posizione, credendo nel trinomio proprietà-risparmio-iniziativa privata), se per loro ragioni non hanno ancora scelto, non vedo proprio come e dove possano collocarsi. È ragionevole che restino a casa, sfiduciati e delusi, al di là di qualche “decimale” che tenderà all’ultimo momento a collocarsi qua e là.
Restano allora – sempre nel vasto mare degli indecisi – tre categorie, assai diverse tra loro (e soprattutto diverse dagli splendidi elettori descritti poc’anzi), e dalle quali invece non c’è da attendersi granché di buono e costruttivo.
La prima è una fascia (assai piccola ma rilevantissima: non dimentichiamo che stiamo parlando di una cinquantina di collegi in bilico, specie nel Sud, dove si può vincere o perdere per un voto) di consenso controllato o indotto – in forme più o meno dirette – dalla malavita organizzata. C’è da tremare all’idea che questa quota risulti decisiva: e non mi sembra necessario aggiungere altro.
La seconda è una fascia ulteriore di elettori “incazzati”. È presumibile che quelli – tra gli arrabbiati ancora indecisi – che sceglieranno alla fine di uscire di casa finiranno realisticamente per ricalcare le scelte compiute da tempo dai loro “colleghi” arrabbiati che si sono già “collocati”: realisticamente, quindi, scegliendo M5S o Lega.
La terza è una fascia che chiede assistenza, protezione, sussidio. Si tratta di stabilire, soprattutto a Sud, se per questi elettori sarà più attrattiva la vecchia promessa clientelare (incarnata dai settori meno dinamici del centrodestra: vecchi democristiani, notabili locali, ecc) o la nuova promessa del reddito di cittadinanza grillino, che – a ben vedere – contende quella stessa antica richiesta di denaro pubblico facile, in modo rinnovato soltanto nella forma: non un posto di lavoro, ma un “posto di non lavoro” comunque retribuito.
Comunque finisca, si può solo dire: povera Italia…