Questa è la storia di un giorno di vita di un cassonetto romano, uno di quei contenitori di immondizia che non ce la fa più a sopportare le tonnellate di rifiuti che, senza sosta, deve ingoiare. E dalle quali è circondato. Si trova nel quartiere Prati, a poca distanza dal tribunale, in una zona frequentata e abitata da professionisti e dirigenti statali. Alle prime ore del mattino cominciano le prime donazioni da parte dei residenti negli edifici vicini al cassonetto: c’è la vecchietta che sbaglia sempre contenitore e butta l’umido nella carta e la plastica nell’indifferenziata. Poi arrivano le automobili condotte da chi vive fuori Roma, con a bordo la spazzatura: gente che vive nei comuni dove c’è un regolamento severissimo sull’immondizia differenziata, e andando a lavorare nella capitale carica la vettura di sacchi da gettare vicino all’ufficio. Oplà, in pochi secondi dal bagagliaio escono quattro o cinque vagonate di robaccia, e via di corsa al lavoro, lindi e pinti.
Poi c’è la badante dell’est che segue la vecchietta di prima: ha appena ricevuto via corriere un gigantesco cartone e lei lo deposita, dopo averlo svuotato, davanti al cassonetto, mica dentro. Quindi ecco il turno dei rovistatori, si comincia con quello professionale, detto anche “il decano” per l’età da reduce, armato di bastone uncinato: apre con perizia il coperchio e inizia a scegliere cosa può valere, per poi tirarlo fuori con rapidità supersonica, inserendo in uno zaino la ‘refurtiva’. Seguono altri, meno esperti, muniti di bambini al seguito, usati per calarli all’interno del contenitore. Questi buttano all’esterno i sacchetti, per poi vagliare, sul marciapiede, con calma, cosa portare via. Aprono le buste e disseminano il selciato di immondizia: è mezzogiorno e il panorama è desolante. Se ne vanno con un carrello di un supermercato, quasi pieno.
Il sole picchia sull’asfalto, la puzza si moltiplica. Nessuno riesce più a inserire sacchetti nel contenitore, ormai irraggiungibile perché circondato dal pattume. Intanto dai locali vicini, due gelaterie e un ristorante, arrivano cartoni in quantità industriale e centinaia di coppette usate. Tutto viene accumulato sul marciapiede. Quando si arriva alla sera, il cassonetto non si vede più, reso invisibile dal cumulo di sacchi: l’odore nauseabondo invita a circolare a parecchi metri di distanza. L’unica speranza è l’arrivo di un mezzo dell’Ama, per ritirare la nettezza urbana: è sera e per grazia divina si affaccia, ma disgraziatamente due automobili parcheggiate proprio lì davanti impediscono di recuperare l’immondizia. Chiamare a mezzanotte i vigili urbani per far rimuovere le vetture in divieto di sosta è un’impresa folle: così tutto resta lì, nella notte romana. Intanto arrivano notizie di cassonetti che, nelle ore piccole, vanno a fuoco, con tutto il loro maleodorante contenuto. Virginia Raggi, sindaco di Roma, dove sei?