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Erdogan vince anche il campionato: calcio e politica in Turchia

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Tayyip Recep Erdogan è campione di Turchia. No, non stiamo parlando delle elezioni politiche ma di calcio. Sì, perché il presidente che sta ridisegnando la politica interna ed estera turca è anche un grande appassionato di football, e, soprattutto, ne riconosce il suo ruolo decisivo e propagandistico nella società turca, dove esso va di pari passo con la politica e viceversa. Così, nella giornata di domenica, l’FC Istanbul Basaksehir ha vinto il suo primo titolo di Turkish Super Lig, superando le tradizionali “grandi” del calcio turco come Galatasaray, Fenerbahce, Trabzonspor e Besiktas con una giornata di anticipo rispetto alla conclusione del campionato.

In Turchia il calcio è questione di vita o di morte, come solo nei Paesi dell’America Latina. I gruppi ultras più esagitati sono spesso lo sponsor delle carriere politiche più prestigiose e il calcio è un veicolo di propaganda a cui nessuno rinuncia. A Besiktas, splendido quartiere in stile ottomano sul Bosforo, Erdogan è stato invitato a cedere il potere a Efrem Imamoglu, l’attuale sindaco di Istanbul, durante un derby tra la formazione locale e il Basaksehir nella nuova Vodafone Arena, inaugurata proprio dal Sultano nel 2015. Il presidente turco sa peraltro che dietro alle proteste che infiammarono la Turchia nel 2013 a Gezi Park – a un tiro di schioppo dal Corso dell’Indipendenza e da Piazza Taksim – c’erano proprio gli ultras del Besiktas, da sempre vicini alla sinistra repubblicana kemalista. Il tutto esacerbato da un dato rilevante per i leader della protesta: Erdogan è tifoso dichiarato del Fenerbahce, la squadra di Istanbul che si trova nella parte asiatica della città.

Ma se un viaggio in vaporetto da Eminonu – la zona del Besiktas – a Fener è sufficiente per vedere la nuova moschea a sei minareti dedicata al Sultano e lo stadio su cui il Fenerbahce costruisce le sue (alterne) fortune, il solo tifo calcistico non spiega perché Erdogan sia diventato campione di Turchia con il Basaksehir. Fondata nel 1990 come club tra i dilettanti, la squadra neocampione ha conosciuto un’ascesa irresistibile che l’ha portata nel 2007 a giocare nella massima divisione turca e ad arrivare per ben due volte seconda prima del trionfo con i vari Demba Ba, Gael Clichy, Martin Skrtel e le vecchie conoscenze del calcio italiano Gokhan Inler, Robinho, il capitano, Belozoglu Emre, 38 anni, e l’allenatore Okan Buruk.

Nel 2014 un gruppo di persone vicine all’AKP – dal 2001 il partito di Erdogan – ha rilevato il club, cambiando il suo destino. Tra di essi l’ex manager della nazionale, Abdullah Avci e Goksel Gumusdag, marito della nipote della moglie di Erdogan, Emine, e ora presidente della società. I colori sociali e quelli dello stadio, inoltre, richiamano l’arancione e il blu del logo del partito di Giustizia e Sviluppo.

La costruzione del nuovo stadio da 17 mila posti nell’estate del 2017 è avvenuta tra le polemiche e ha fatto discutere per l’investimento e i tempi di realizzazione rapidissimi: 43 milioni di euro, e lavori ultimati in 14 mesi con tanto di cinque stelle UEFA. Ma è stata l’inaugurazione a offrire un fatto ancora più eclatante: il presidente turco, ex calciatore semi-professionista in passato, giocò a centrocampo per tutto il primo tempo con la divisa arancione del Basaksehir segnando una tripletta nel 9-4 finale. Il giorno dopo il quotidiano Daily Sabah paragonava le imprese calcistiche del presidente a quelle del grande Lionel Messi. Per l’occasione la maglia utilizzata dal Sultano con il numero 12 è stata ritirata dal club.

Molti vedono gli exploit del Basaksehir come quelli di una società fake, distante anni luce dalle big del calcio turco. La media degli spettatori paganti del Fatih Terim Stadium è di appena 4 mila spettatori, con i restanti biglietti regalati agli sponsor del club o ai bambini delle scuole del quartiere. Ma per Erdogan tutto questo non conta. Conta la gloria, che il calcio è sempre in grado di dare a un politico che cerca di ottenere il massimo consenso possibile in un sistema che già vede pesanti storture delle libertà civili e dei media in gran parte asserviti alla presidenza.

Già nel recente passato Erdogan ha avuto rapporti controversi con alcune star del calcio turco. Come Hakan Sukur, un idolo di Galata e di tutti i turchi, ora esiliato per un presunto sostegno al golpe del 2016 dopo che il Sultano era stato il suo testimone di nozze con tanto di album fotografico apparso su tabloid e riviste patinate stambuliote. O Mesut Ozil, l’incostante talento dell’Arsenal e della nazionale tedesca, che ha scelto lo stesso Erdogan per lo stesso compito quando si è sposato anni fa. Alcune dichiarazioni di Ozil di sostegno a Erdogan e alle azioni militari dello Stato turco nel Kurdistan hanno suscitato più di una polemica in Germania. Tutto fieno in cascina per il presidente che adesso si può anche fregiare del titolo di vincitore della Turkish Super Lig. Perché l’ha vinta lui, no?