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Erin O’Toole, vero “Blue Conservative” pronto a sfidare Trudeau e a governare il Canada

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E alla fine è arrivata la (relativa) sorpresa. L’“underdog” Erin O’Toole è stato eletto alla guida del Partito Conservatore canadese, sconfiggendo un politico di lungo corso come Peter MacKay.

La vittoria di O’Toole è un esito che pochi si sarebbero aspettati all’inizio dell’anno. Peter MacKay aveva presentato strategicamente la propria candidatura appena dopo che la grande favorita Rona Ambrose aveva rinunciato a correre e la percezione generale era che il suo percorso verso la leadership, in assenza di altri candidati pesanti, sarebbe stato privo di particolari ostacoli.

Non è un caso che MacKay si sia fortemente opposto, in primavera, alla decisione di rinviare l’elezione a causa della pandemia. Per lui era una partita da chiudere rapidamente. Il prolungamento della campagna dovuto al Covid, tuttavia, ha dato il tempo agli altri candidati di crescere e a Erin O’Toole di presentarsi come un serio contendente per la guida del partito.

Meno “esperto” e “istituzionale” di MacKay, ma proprio per questo più “fresco”, più vicino allo slancio militante della base e più affidabile per l’Ovest canadese che si sente dimenticato da Ottawa. O’Toole ha sempre rivendicato nei suoi discorsi di essere l’unico vero “Blue Conservative”, che nel lessico politico canadese significa fondamentalmente “fiscal conservative” – in opposizione ai “Red Tories”, più centristi e statalisti. Non tutti i commentatori concordano che lo sia compiutamente, ma l’entusiasmo con cui si è intestato questa definizione durante tutta la campagna alla fine ha pagato.

L’abilità di Erin O’Toole è stata quella di aver costruito, in pochi mesi, a suo sostegno una coalizione “catch-all” in grado tanto di rappresentare le aree più tradizionalmente conservatrici del Paese, quanto di potersi presentare in modo competitivo nei contesti più cosmopoliti e sensibili all’innovazione sociale.

L’elezione del leader è avvenuta con un sistema “all’australiana”. Ogni elettore metteva nell’ordine i quattro candidati secondo le proprie preferenze. Se, dopo il primo turno, nessun candidato aveva ottenuto la maggioranza assoluta, veniva eliminato il candidato con meno prime preferenze. A quel punto le seconde preferenze degli elettori che lo avevano votato erano ridistribuite agli altri candidati. La stessa logica si seguiva al secondo turno, lasciando in campo solo due candidati.

Che si prefigurasse una vittoria per O’Toole, è stato abbastanza evidente fin dal primo turno. Era ampiamente ritenuto, infatti, che il consenso dei due candidati dell’ala social-conservatrice (Leslyn Lewis e Derek Sloan), se eliminati, si sarebbe riversato maggioritariamente su di lui, piuttosto che sul centrista MacKay. Peter MacKay, quindi, aveva necessità di arrivare alla fine del primo turno con un vantaggio netto, per dormire sonni tranquilli. Dopo la conta, tuttavia, MacKay è risultato effettivamente in testa, con il 33,5 per cento, ma O’Toole, secondo, era ad un’incollatura, mentre il risultato di Lesly Lewis, terza, andava ben oltre le previsioni. Al secondo turno, con la ridistribuzione dei voti di Sloan, O’Toole è passato marginalmente in testa rispetto a MacKay, mentre la Lewis, che ha beneficiato della maggior parte dei secondi voti dei sostenitori di Sloan è finita esclusa solo per un soffio. A questo punto, il ballottaggio finale, con la ridistribuzione dei voti di Leslyn Lewis, ha incoronato O’Toole con il 57 per cento.

Erin O’Toole, nel suo discorso di accettazione, ha riaffermato una visione del Partito Conservatore come “partito di idee e di princìpi” e di un Canada “forte prospero e più unito”. Ha subito voluto rimarcare che il suo Partito Conservatore è per tutti, un partito-paese in cui ciascuno ha l’opportunità di riconoscersi, indipendentemente dalla propria origine e dal proprio percorso passato. Sarà il partito “per chi lavora duro e si dà da fare per la propria famiglia”, per chi non vuole un’economia “solo per gli insiders” e per chi è orgoglioso di quanto il Canada produce a livello economico e culturale.

Particolare attenzione O’Toole, nel suo discorso, l’ha riservata al Québec, sostenendo che la provincia avrà un posto al tavolo delle decisioni e finanche che i nazionalisti del Québec avranno uno spazio importante nel Partito Conservatore. Nel breve periodo, può essere un modo di corteggiare il Bloc Québecois affinché voti la sfiducia al governo di minoranza di Trudeau. In una visione più ampia può essere il tentativo di ricostruire quella grande coalizione con il nazionalismo del Québec che, negli anni ’80, aveva fatto le fortune di Brian Mulroney.

Durante la serata, particolarmente incisivo è stato il discorso di addio del leader uscente Andrew Scheer. A lui il compito di fare appello all’orgoglio e ai valori conservatori e lo ha assolto spendendo parole alte e cristallinamente “thatcheriane”.

Per Scheer, il Liberal Party propone solo più interventismo dello Stato e meno libertà individuale e facendo così aiuta non i più deboli, ma chi può permettersi maggiori capacità relazionali con il potere, mentre i “non protetti” sono i primi a perdere il lavoro. I Conservatori, invece, saranno sempre ancorati ad alcuni principi chiave: libertà, libero mercato, “governo limitato” e potenziale illimitato degli individui. Secondo Scheer, può essere una tentazione per tutti, quella di usare lo Stato “a fin di bene”, per qualcosa che si condivide, ma invitare lo Stato ad un ruolo attivo significa porre le basi per per giustificare qualsiasi invasione di campo da parte della politica; per questo è fondamentale mantenere lo Stato entro confini strettamente definiti e lasciare la società libera di svolgere il proprio ruolo.

“Noi vogliamo persone libere, in un libero mercato, che lavorano duro e possono fruire dei frutti del loro lavoro, liberi di esprimersi e di vivere la loro vita come vogliono.”

Alla fine, la corsa alla leadership tory ha dato molto di più di quello che ci si potesse attendere all’inizio. Malgrado il ridotto numero di candidai, rispetto al 2017, ed il fatto che la campagna sia stata in larga parte oscurata dalla pandemia e dalla conseguente crisi economica, alla fine il popolo conservatore ha risposto con livelli record di adesioni e di finanziamenti.

Per di più, il nuovo leader prende le redini in un momento quanto mai propizio, dato che Justin Trudeau, in seguito al recente scandalo familiare legato alla fondazione WE, ha visto in breve tempo evaporare tutto il vantaggio che gli aveva portato la gestione del Covid.

Elezioni anticipate sono un’eventualità possibile e a questo punto i Conservatori sarebbero pronti ad affrontarle. O’Toole può, in effetti, rappresentare una leadership di svolta per i Tories canadesi.

Liberista in economia, sostenitore della cultura occidentale, molto aperto sui diritti civili, e amico di Israele, Taiwan e Hong Kong, il nuovo leader Conservatore è culturalmente attrezzato per fare buona politica. E la sensazione è che sia bene attrezzato anche per battere Trudeau, incluso sul terreno dell’empatia e della comunicazione, che non sono certo stati punti forti del leader uscente Andrew Scheer. Insomma, se la posizione di Trudeau si incrinerà ulteriormente fino a determinare un ritorno alle urne, stavolta i Conservatori possono essere nella posizione giusta per prendersi Ottawa e per portare al governo le idee di una destra “liberale classica” di cui di questi tempi – non solo in Canada – si sente tanto il bisogno.