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L’errore dell’Italia? Il coraggio di esporre la malattia e combatterla, in un’Europa barzelletta

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Anna Magnani che corre e cade falcidiata da una scarica di pallottole che la fanno prima scivolare su un fianco e poi stramazzare al suolo in una delle scene più memorabili del cinema italiano. È in questo modo che viene presentata in Francia la situazione dell’Italia con Roma metafora di “città aperta” alla barbarie del coronavirus. Dopo la breve ed agitata invasione visigota della Città Eterna da parte di orde di barbari che imperversano nei supermercati della capitale (la barbarie che oscura la gloria degli antenati di Giulio Cesare), i media francesi pur sottolineano che malgrado tutto la “dolce vita” di Roma prende, anche se a sprazzi, il sopravvento, memori forse delle bellezze marmoree di una Roma indomita che abbaglia persino una spettatore contaminato.

Ma il punto è un altro. Per scacciare la paura dovuta al fatto che la Francia sta per ricevere il maremoto che sta imperversando oramai in tutta Italia (il Vallo di Adriano del Nord industriale è crollato dopo il primo lockdown nordista contiano), Parigi sottolinea le differenze sostanziali con il Bel Paese: un Paese certo ingegnoso ed industrioso, da “miracolo all’italiana”, ma pur sempre arruffone, furbo, impossibile da domare ed addomesticare. Altro che disciplina maoista, con i cinesi guardati a vista da droni, cosparsi di disinfettante da capo a piedi e sparati a vista in caso di sforamento. Difficile avanzare l’argomento che la Cina, pur disciplinata, è pur sempre una prigione a cielo aperto. Come l’Iran o forse peggio, come la Turchia il cui ministro della sanità nega di avere contaminati in patria “perché Allah li protegge”.

Insomma, siamo in pieno Medioevo e poco vale l’argomento (scientifico) che l’Italia ha effettuato quasi 40.000 tamponi, record mondiale, mentre alcuni Paesi ne hanno fatti poche centinaia se non decine e per giunta non si sognano nemmeno di condividere i propri risultati con i partner europei. Perché? Paura del panico, paura di perdere la centralità del motore franco-tedesco? Approfittare delle difficoltà dell’Italia per accaparrarsi nuove quote di mercati? Scenario triste, speculazione che getterebbe nello sconforto Machiavelli che pur professava che bisognava essere “golpe o lione” a seconda del contesto (ma qui, l’unico golpe è quello di Bruxelles). L’errore dell’Italia? Essersi esposta, aver esposto la malattia, ci abbiamo pensato noi italiani, perché nessuno in Europa aveva avuto il coraggio di farlo. Italiani brava gente, dunque, italiani coraggiosi. Mentre in Francia vanno in scena i cortei dei puffi, i dati tedeschi corretti li detiene la John Hopkins University (l’Istituto Koch è peggio dell’Istituto Luce), la Spagna trema per le camisetas del Real, in un’Europa che sembra un cortile di ricreazione, l’Italia combatte, indomita e fiduciosa, unico Paese serio in un’Europa barzelletta.

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