Esplosione alle porte di Teheran, nel sito segretissimo dove il regime testa il nucleare, missili e armi chimiche

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Giovedì notte qualcosa in Iran “ha fatto boom”. Quel qualcosa, secondo tutti i media, è una parte della base militare di Parchin, vicinissima alla capitale Teheran, nota per essere il sito dove il regime iraniano in questi anni ha compiuto diversi test per verificare gli effetti di una esplosione nucleare. L’esplosione è stata udita in tutta la capitale e sui social girano decine di foto e video dell’accaduto. Ufficialmente, il regime ha giustificato l’accaduto come l’effetto di “una fuga di gas”.

Il centro militare di Parchin nasce nel 1939 ed è stato praticamente trasformato dalla Repubblica Islamica nel sito dove non solo vengono svolti i test nucleari più avanzati, ma anche quelli missilistici e su armi chimiche. La base si trova in una zona collinosa, a soli 30 chilimetri dalla capitale, quindi qualsiasi cosa vada storta rischia di avere un effetto diretto su milioni di civili. Dal 2005 l’Aiea ha chiesto all’Iran di visitare Parchin, ma la risposta è sempre stata un secco no.

Per quanto riguarda il programma missilistico e chimico, a Parchin – sin dalla guerra contro l’Iraq – l’Iran ha condotto esperimenti comandati dalla cosiddetta Sazemane Sanaye Defa (acronimo SASAD), ovvero l’organizzazione industriale iraniana del settore della difesa (ovviamente controllata dai Pasdaran). La SASAD ha svolto a Parchin esperimenti con armi di distruzione di massa, soprattutto per mezzo di Nitrato di Sodio e TNT (tritolo). Esperimenti simili sono stati svolti anche nei siti di Esfhan, Qavzin e Damghan. Per quanto concerne il programma missilistico, a Parchin la SASAD ha testato missili come l’AT-3B “Sagger”, i Farij-3 e lo Shahab-3, capace di superare i 1200 km di gittata.

Ma è il tema nucleare che ha tristemente reso nota Parchin: qui, “grazie” al lavoro di uno scienziato ucraino di scuola sovietica – tale Vyacheslav Danilenko – il regime iraniano è arrivato direttamente a testare gli effetti di una esplosione nucleare, all’interno di un container isolato dal resto della base (individuato chiaramente in numerose immagini satellitari diffuse in questi anni). Danilenko, in particolare, ha insegnato agli iraniani il processo di iniziazione di una carica esplosiva in grado di generare una reazione a catena. 

Sono anni che tutte queste cose vengono denunciate e anni in cui c’è la piena consapevolezza che Teheran sta mentendo al mondo sul suo programma nucleare. Ovviamente nessuno può dire cosa sia esattamente accaduto a Parchin, se l’esplosione (non la prima) sia stata intenzionale o casuale. Resta il fatto che quella base è troppo importante all’interno del programma nucleare iraniano per non essere visitata dagli ispettori internazionali. E questo la dice lunga sulle falle dell’accordo del 2015 (Jcpoa). Se poi l’esplosione fosse stata accidentale, l’accaduto dimostrerebbe – ancora una volta – tutta la pericolosità del regime iraniano, incapace di garantire la sicurezza dei suoi stessi cittadini, esposti non solo alle repressioni, ma anche di controllare i rischi militari e sanitari (si pensi al Covid) presenti nel Paese.

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