Nel settembre del 2013, otto ucraini e un russo sono saliti a bordo del mercantile Rhosus, in partenza dalla Georgia, per arrivare presumibilmente in Mozambico, dove avrebbero dovuto scaricare ben 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio. Come noto, quel carico non arriverà mai a destinazione, ma approderà a Beirut, ufficialmente per un problema tecnico della nave. Nel porto libanese, il carico verrà stipato nell’hangar 12 dove, purtroppo, sette anni dopo salterà in aria, uccidendo almeno 182 persone, ferendone altre 6 mila e lasciando oltre 300 mila libanesi senza una casa.
Ora gli investigatori libanesi, sostenuti da colleghi francesi e americani, stanno cercando di capire, tra le altre cose, perché la nave è arrivata proprio a Beirut e a chi era destinato quel carico di nitrato di ammonio, sostanza con cui si producono fertilizzanti, ma anche esplosivi. Sostanza molto usata negli anni dai terroristi di Hezbollah, per compiere (o provare a compiere) i loro attentati in mezzo mondo, Europa compresa.
Non è dato sapere ad oggi in che direzione stanno andando le indagini, ma alcune informazioni importanti ci arrivano dal quotidiano tedesco Spiegel, che riporta quanto sta emergendo dall’inchiesta di un team di giornalisti internazionali di dieci diversi Paesi (membri del Organized Crime and Corruption Reporting Project). Secondo questi giornalisti, il proprietario del cargo sarebbe Igor Grechushkin, un uomo d’affari russo che oggi vive a Cipro. Ci sarebbero però nuove informazioni, che riconducono la proprietà del Rohsus a Charalambos Manoli, un uomo d’affari cipriota (Grechushkin avrebbe solamente affittato il battello, battente bandiera Moldava e registrato alle isole Marshall).
Manoli, secondo quanto riporta anche il sito Helleniscope, era il reale proprietario della Rhosus, per mezzo di una società registrata a Panama. La società è stata quindi registrata successivamente in Moldavia, Paese noto per la leggerezza con cui concede alle navi le cosiddette bandiere di comodo. Per questo secondo passaggio, Manoli avrebbe usato una seconda compagnia da lui posseduta, di nome Geoship. Successivamente, infine, la nave è stata anche registrata come idonea alla navigazione in Georgia, per mezzo di un’altra società controllata da Manoli. Qui sarebbe avvenuto il passaggio più importante: nel periodo in cui è stato programmato l’ultimo viaggio del Rhosus, Manoli aveva un debito con la FBME, una banca libanese, nota per il suo ruolo nel ricilaggio di denaro, per essere collegata a Hezbollah e al programma di armi di distruzione di massa del regime siriano di Bashar al Assad.
Infine, sempre secondo Helleiscope, il cliente finale del nitrato di ammonio caricato sulla nave doveva essere una fabbrica di esplosivi in Mozambico (Paese dove Hezbollah ha alcuni dei suoi uomini). L’intermediario della spedizione, una società britannica, la Savaro Limited, avrebbe nel 2015 convinto un giudice libanese a testare la qualità del nitrato di ammonio, allo scopo di rivendicarlo. Il materiale risultò essere in cattive condizioni e nessuno insistette per rivendicarlo.