Esteri

La guerra dei chip: anche Seul si unisce all’embargo verso Pechino

Il divieto di esportazione di chip di ultima generazione frena la corsa della Cina alla leadership in campo militare, tecnologico e commerciale

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Nei giorni scorsi è avvenuto un fatto rilevante, destinato a modificare le relazioni commerciali e – di conseguenza – geopolitiche nell’Indo-pacifico: anche la Corea del Sud ha scelto di unirsi a Taiwan, Giappone e Paesi Bassi nell’embargo Usa verso la Cina riguardante l’esportazione di chip di ultima generazione, utili alla produzione strategica di Intelligenza Artificiale da utilizzare per scopi militari o per la fabbricazione di macchinari e strumenti ad alta tecnologia, come i tanto discussi veicoli elettrici.

Una scelta nient’affatto scontata e di fondamentale importanza per la sicurezza occidentale, che testimonia la comprensione, da parte delle nazioni aderenti, della necessità di limitare il potere di Pechino, ridurre la sua capacità di puntare alla leadership globale sul fronte militare, commerciale e tecnologico.

Un atto di guerra

Il risultato è chiaramente un successo per Washington, date le difficoltà della partita diplomatica e le poche speranze, inizialmente, di riuscire a coinvolgere Seul e Tokyo tra i Paesi firmatari dell’embargo. Sicuramente si tratta della mossa più dura ed efficace messa fino ad ora in campo contro Pechino dalla Casa Bianca.

Anzi, come affermato da Alberto Forchielli, equivale ad un vero e proprio atto di guerra da parte di Stati Uniti e partner nei confronti della Cina, mettendola “nella condizione in cui si trovavano gli indios di fronte alle truppe di Cortez”: l’embargo limita enormemente le sue possibilità di produrre macchinari avanzati, essendo priva degli imprescindibili chip prodotti dai Paesi aderenti, compromette il suo mercato e soprattutto le prospettive di potenziamento militare attraverso l’uso di alta tecnologia.

In particolar modo, sarà proprio la mancanza del mercato sudcoreano a poter risultare decisiva, data l’efficienza con cui Seul fabbrica ed esporta chip all’estero – insieme a Taiwan, altra nazione preponderante sul mercato dei semiconduttori ed anch’essa aderente all’embargo.

Uno smacco per Xi

Inoltre, la stessa Corea del Sud ha per anni intrattenuto accordi commerciali di ampio raggio con Pechino, soprattutto nel settore di chip, semiconduttori ed alta tecnologia, ragion per cui la sua scelta certifica il livello di insicurezza percepita a causa delle mire espansionistiche del Dragone.

È da annotare come il primato nel campo tecnologico sia stato uno degli obiettivi su cui Xi Jinping ha costruito le basi per ottenere il suo terzo mandato. L’impatto dell’embargo può quindi significare una sua sconfitta anche personale per il leader cinese.

Certo, l’assenza forzata degli acquisti cinesi ridurrà le entrate economiche dei Paesi firmatari dell’embargo per oltre 100 miliardi di dollari, ma ne incrementerà la possibilità di tenere testa a Pechino, in vista di una possibile crisi.

L’impatto sulle capacità militari

Con il rischio sempre maggiore di un confronto militare diretto tra le democrazie occidentali e dell’Indo-pacifico e Cina Popolare nello Stretto di Taiwan, evitare che Pechino possa giovarsi di un vantaggio strategico nel campo dell’Intelligenza Artificiale grazie alla nostra tecnologia è di vitale importanza, dato che armamenti avanzati, satelliti e radar saranno decisivi.

Lo scenario che potrebbe delinearsi è quello di una nazione che avvia un’operazione d’attacco complessa in partenza, che prevede l’invasione tramite sbarco anfibio, senza disporre di una superiorità schiacciante nel ramo tecnologico. Tale deficit potrebbe incrementare l’efficacia degli attacchi missilistici di Taipei (dotata di missili ed armi di ultima generazione, fornite con costanza principalmente dagli Usa), durante il tempo necessario alla flotta Usa e Nato per giungere in soccorso diretto dell’isola.

L’impatto sull’elettrico cinese

Non solo l’ambito militare, anche l’elettrico cinese potrebbe essere almeno in parte compromesso dall’embargo: le automobili di ultima generazione per poter essere vendute sul mercato internazionale hanno bisogno di standard di sicurezza ed avanzamento tecnologico elevati che, senza i chip occidentali e la capacità di produrne in grandi quantità in patria (Pechino crea in casa appena il 12 per cento di quelli che utilizza), difficilmente saranno raggiungibili nel breve o medio termine.

Pertanto, l’Occidente ha una ghiotta opportunità di impedire alla Cina di dominare il mercato automobilistico occidentale, per quanto riguarda l’elettrico.

Fermare Pechino

In parole povere, Washington sta stringendo la morsa attorno a Pechino per evitare il sorpasso globale ai propri danni, cercando di danneggiare con efficacia economia e piani strategici cinesi.

Già negli scorsi mesi Xi Jinping aveva spiegato come la mossa dell’embargo Usa stesse compromettendo la crescita tecnologica e sociale della Repubblica Popolare e fosse intollerabile, a testimonianza dei danni che queste scelte comportano per le ambizioni globali cinesi.

Resta ora da capire come evolveranno le relazioni tra gli Stati dell’Indo-pacifico e quali ritorsioni metterà in atto Pechino per rispondere alla mossa americana, che appare come una vera e propria sfida alla Cina ed alle sue ambizioni di leadership globale.

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