Esteri

La trappola della “mediazione cinese”: punti generici per dividere l’Occidente

Da Pechino l’ennesima operazione ambigua e strumentale, darle credito sarebbe irresponsabile. Non è un mediatore sincero

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Ad ormai un anno dallo scoppio del conflitto in Ucraina la Cina sembrerebbe voler accreditarsi come possibile potenza mediatrice, dopo il sostanziale fallimento della Turchia in merito, se si esclude il dossier dell’esportazione di grano ai Paesi africani.

Un piano ambiguo

Tuttavia, quella che molti nelle istituzioni europee salutano come una svolta positiva nell’atteggiamento di Pechino appare – nella realtà dei fatti – come l’ennesima operazione ambigua e strumentale, per cui darle credito sarebbe irresponsabile.

Stando alle dichiarazioni dei vertici cinesi, il conflitto sarebbe ormai fuori controllo e necessiterebbe di una svolta diplomatica urgente, che porti ad una soluzione negoziale. Al fine di favorire tale scenario, Pechino ha sviluppato “un piano di pace” in 14 punti, invero piuttosto generici, mere dichiarazioni di principio.

In molte capitali europee la notizia è stata accolta con ottimismo e speranza, dimostrando nuovamente scarsa consapevolezza delle dinamiche in atto. Era già accaduto prima dello scoppio del conflitto, quando gli avvisi americani sull’imminente invasione da parte della Russia vennero di fatto ignorati dall’Europa.

Doppio gioco

E sta accadendo ora, dopo che il segretario di Stato Antony Blinken ha denunciato la volontà cinese di fornire armamenti alla Russia per proseguire il conflitto. Una chiara ed ulteriore scelta di campo da parte della Repubblica Popolare che non rinuncia a svolgere il suo “doppio gioco”.

Prima di arrivare a Mosca per parlare direttamente con lo Zar, il capo della diplomazia cinese Wang Yi si è recato in Europa per un tour diplomatico, comprendente anche una tappa italiana. Una missione mirata non soltanto a preservare le relazioni bilaterali, commerciali e politiche, con i Paesi europei, ma anche a mostrare una Cina sinceramente intenzionata a porre fine alle ostilità in Ucraina.

Pechino è perfettamente a conoscenza delle differenze di approccio alla crisi ucraina che esistono in Europa, e tra alcuni Paesi europei e gli Usa. Legittimo ipotizzare, quindi, che il piano di pace in sé possa mirare ad ampliare quelle divergenze e – nella migliore delle ipotesi, dal suo punto di vista – produrre spaccature nel nostro fronte occidentale, fino ad oggi rimasto compatto.

Il Ministero degli esteri cinese non ha mai rinunciato a menzionare le “responsabilità dell’Occidente nella guerra in Ucraina”, le provocazioni verso Mosca e quello che Pechino ritiene essere “l’irresponsabile allargamento della Nato ad est”. In parole povere, tesi molto vicine se non perfettamente sovrapponibili a quelle avanzate dal Cremlino per giustificare la propria guerra ai danni del martoriato popolo ucraino.

Qui si concentra l’apice delle ambiguità cinesi, per cui sarebbe azzardato ritenere Pechino un mediatore sincero.

Un ulteriore tranello

Tuttavia, nella proposta cinese è insito un ulteriore tranello, che deve aver allarmato Washington e spinto l’amministrazione Usa a respingerla con fermezza: il passaggio sul rispetto dell’integrità territoriale degli Stati. Fosse sincero un simile appello da parte cinese, nel piano dovrebbe essere contenuta espressamente la richiesta a Mosca di ritirarsi da ogni centimetro di Ucraina occupato militarmente.

Invece, nella proposta cinese dovrebbero essere Kiev e gli occidentali ad accettare l’annessione dei territori occupati alla Federazione Russa. L’invito al rispetto dell’integrità territoriale è quindi da intendere piuttosto come un pressante appello ad Usa e Nato a non interferire negli affari politici interni della Cina, come la pretesa di avere mani libere sul dossier taiwanese.

Avviso agli alleati

Un’implicazione che a Washington comprendono pienamente e – con la visita del presidente Joe Biden in Ucraina e Polonia – hanno inteso palesare agli alleati. Con la sua passeggiata a Kiev prima e con il suo discorso sulla “libertà contro la paura” tenuto in Polonia poi, Biden ha evidenziato l’impossibilità – quantomeno attuale – di giungere ad una soluzione negoziale, a causa dell’intenzione di Vladimir Putin di proseguire la guerra e degli “stati canaglia” di sostenerlo attivamente.

Un avviso anche agli alleati, dunque: la Cina non è una potenza mediatrice ma un avversario strategico, che mira all’indebolimento del nostro fronte, in vista della sfida che si consumerà nell’Indo-Pacifico.

Piuttosto che illudersi dinanzi alle ambigue ed opportunistiche “proposte” negoziali di Pechino, i partner europei devono incrementare il sostegno militare, economico e logistico all’Ucraina, per fornire a Kiev tutto il supporto necessario a vincere la guerra sul campo.

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