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L'intervista

Tutti gli errori di Obama-Biden, dubbi su Scholz e Macron: parla Giulio Terzi

Giulio Terzi ad Atlantico Quotidiano: l’approccio di Scholz e Macron con Putin non convince, errori di Biden con afghani e sauditi

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Con Atlantico Quotidiano l’ambasciatore Giulio Terzi di Sant’Agata, ex ministro degli esteri, ragiona sulle ambizioni imperiali della Russia di Putin, gli errori e le debolezze dell’Occidente, le minacce cinesi e iraniane.

Gli errori di Germania e Italia

TOMMASO ALESSANDRO DE FILIPPO: Ambasciatore Terzi, lei ritiene che dopo l’iniziale compattezza del fronte occidentale sulla guerra in Ucraina siano emerse delle divisioni all’interno di esso? Mi riferisco alle differenze di postura tra l’asse Usa-Uk-Polonia e Paesi Baltici, contrapposto a quello di Francia e Germania. In tal caso, come queste divisioni stanno avvantaggiando Putin?

GIULIO TERZI: Penso che non ci sia una divisione tra differenti componenti nel fronte occidentale. La gravità della minaccia che questa guerra iniziata da Putin comporta per tutta l’Europa immagino sia chiara a tutte le nazioni facenti parte dell’Unione, anche a Svezia e Finlandia che non a caso hanno intrapreso il percorso di adesione alla Nato.

Pertanto, la consapevolezza dei governi passa anche per la scelta di sottrarre o provare almeno a spuntare alla Russia le “armi di ricatto” che utilizza brutalmente nei nostri riguardi: migrazioni di massa indotte (7 milioni di ucraini hanno già lasciato il Paese); minaccia alimentare (il blocco del grano affamerà numerosi stati africani e comporterà per noi ulteriore aumento dell’inflazione); e la ben nota “arma” dell’approvvigionamento energetico.

Sull’ultimo tema è doveroso ricordare che da più di vent’anni le amministrazioni americane di ogni colore politico ci chiedono quasi disperatamente di evitare un legame economico e commerciale con Mosca potenzialmente devastante in tempi di crisi. È da menzionare la Germania di Angela Merkel che anche dopo l’annessione della Crimea del 2014 ha proseguito nel firmare accordi con Mosca, legandosi in modo fatale nel settore energetico.

Anche l’Italia ha commesso i propri sbagli ed ha peccato di mancato ascolto dei consigli degli alleati. Infatti, siamo adesso incatenati ad una dipendenza verso la Russia che ci indebolisce anche sul piano diplomatico e favorisce Putin nel proseguimento del conflitto in Ucraina e del proprio piano imperiale.

Dubbi su Parigi e Berlino

TADF: Crede che la svolta di Berlino sull’approvvigionamento di gas da Mosca sia definitiva, oppure è doveroso attendersi un ritorno al business as usual non appena sarà terminato il conflitto?

GT: Gli ultimi 15 anni di politica estera mercantilista da parte della Germania hanno dimostrato la leggerezza con cui la Merkel ha svenduto la sicurezza e la propria difesa agli interessi di rivenditori di automobili (pronti a taroccare i dati sull’inquinamento, che avrebbero violato le norme che Berlino imponeva ai partner europei) ed alla finanza che, anche in questo caso, permetteva alla Germania di ledere le stesse regole di austerity imposte agli alleati europei.

Queste violazioni hanno visto la complicità della Russia e dei suoi oligarchi, con cui i tedeschi hanno intavolato accordi finanziari, economici e produttivi. Quanto espresso va denunciato con tristezza, dato che la Germania rappresenta un grande partner culturale per noi ed è certamente una parte di cuore della civiltà europea.

Tuttavia, il suo mercantilismo recente ha posto legittimi dubbi sulla sua fedeltà e si è rivelato un boomerang per lei in materia di sicurezza e difesa. Attualmente mi pare ci sia maggiore consapevolezza degli errori passati ed una volontà di modificare il proprio atteggiamento, nei riguardi dell’Alleanza Atlantica in senso positivo e nei riguardi della Russia, che anche per la Germania rappresenta una concreta minaccia.

Olaf Scholz è il leader giusto per migliorare il futuro nazionale tedesco? Non so. Certamente l’atteggiamento comunicativo suo e di Emmanuel Macron in merito alla guerra in Ucraina non mi ha soddisfatto. Pensano realmente che non vada umiliato lo Zar? Come possono non comprendere che Vladimir Putin abbia delle intenzioni imperiali dichiarate all’opinione pubblica sin dall’inizio del suo primo governo?

Esclusi i primi anni del nuovo millennio, dove si poteva anche immaginare una volontà di cambiamento da parte dello Zar, è stato sempre evidente il suo tono aspro e critico, motivato da ambizioni imperiali, nei riguardi dell’Occidente. Pensiamo all’intervista del 2017 al Financial Times dove parlava di decadenza dell’Occidente e del suo sistema di governo (la democrazia) da superare, in nome dell’avvento del modello politico della “Grande Madre Russa”.

Secondo Putin la fine dell’Urss è stato il maggior danno per la sicurezza europea che sia avvenuto nel secolo scorso e, se non sarà fermato, perseguirà il suo progetto di ricostituzione dell’Unione Sovietica che va ben oltre l’Ucraina. Berlino e Parigi devono prenderne atto necessariamente ed evitare toni comunicativi che favoriscano la propaganda russa, volta ad indebolire il fronte occidentale.

Gli errori di Biden

TADF: La presidenza di Joe Biden ha iniziato il proprio mandato con il piede sbagliato nei confronti dell’Arabia Saudita. È stato un errore, dato che in funzione antirussa la possibilità di un incremento della produzione petrolifera da parte di Riad sarebbe stato comodo?

GT: In primis mi permetta di citare il primo grande errore compiuto dall’amministrazione di Joe Biden una volta insediatasi: il ritiro dall’Afghanistan dell’agosto 2021. Vent’anni di grande avanzamento sociale e governativo per la popolazione afghana hanno illuso quei cittadini, portati a sperare nella possibilità di un futuro migliore. La missione afghana è stata una bandiera per l’affermazione della tutela delle donne e dei diritti dell’uomo.

Aver lasciato il territorio in quel modo è stato un duro colpo per l’immagine della tutela dei diritti umani nel mondo, tema che si aggancia alla sua domanda ed alla questione Arabia Saudita. Riad rappresenta un dilemma per gli Usa, che sono la più grande potenza economica e militare mondiale, oltre che il primo Paese impegnato nella tutela dei diritti umani.

Il loro rapporto risente di questa contraddizione: l’Arabia Saudita è di fondamentale importanza per la sicurezza americana (ed europea), in merito alla lotta al terrorismo e all’approvvigionamento energetico, ma ha delle gravi carenze sul tema dei diritti umani.

Non ho una formula risolutiva sulla questione ma credo che con la dovuta pressione diplomatica in merito alla tutela dei diritti si debba anche proseguire nella cooperazione economica e politica, soprattutto in chiave anti-iraniana, dato che Teheran è il primo stato terrorista al mondo ed è altamente pericoloso per la stabilità mediorientale.

Siria e Iran, i disastri di Obama

TADF: L’amministrazione Biden è ancora impegnata nel tentativo di raggiungere un accordo sul nucleare iraniano che possa impedire a Teheran di ottenere l’arma atomica?

GT: La politica sul nucleare iraniano di Joe Biden è nelle intenzioni la prosecuzione di quella attuata da Barack Obama nelle sue due amministrazioni. Sono stato ambasciatore negli Stati Uniti nel periodo dell’amministrazione Obama e penso che abbia avuto delle capacità politiche meritevoli e di alta caratura, ma al tempo stesso è innegabile che determinate scelte condotte si siano rivelate errori drammatici e clamorosi.

Gli errori più importanti sono stati quelli commessi in Siria, dove non si è stoppato l’utilizzo di armi chimiche e non si è intervenuti per fermare l’ingerenza russa, anche perché non si voleva entrare in rotta di collisione con l’Iran, onde evitare di frantumare quello che di lì a poco sarebbe divenuto l’accordo sul nucleare iraniano. Questa scelta di Obama è stata un disastro perché non ha prodotto alcun risultato positivo.

Con Teheran vera deterrenza

L’Iran non ha alcuna intenzione di condividere le proprie informazioni in materia di arricchimento di uranio con sincerità, non vuole stringere accordi leali con l’Occidente e gli Usa e non ha intenzione di dare garanzie, piuttosto preferisce avvicinarsi a Cina e Russia che non hanno interesse ad ostacolarne l’ambizione di costruirsi l’arma atomica.

Nell’ultimo anno e mezzo Teheran ha stipulato accordi con Pechino e Mosca in chiave antioccidentale e l’avvicinamento a due giganti simili da parte di un Paese mediorientale probabilmente spingerà altre nazioni della zona a pensare di dover costruire l’arma nucleare per difendersi.

Cosa deve fare l’Occidente per fronteggiare tale problematica? Applicare della vera deterrenza e far comprendere a questi regimi che le loro intenzioni non sono tollerabili. Non si può permettere ad una nazione come l’Iran che propaga antisemitismo, invoca la distruzione dello Stato d’Israele e nega l’Olocausto di acquisire con tranquillità un’arma atomica e produrre ulteriore instabilità in Medio Oriente.

La dipendenza da Russia e Cina

TADF: Con le recenti decisioni dell’Ue relative alla transizione green, come lo stop alle auto a benzina e diesel dal 2035, rischiamo di passare dalla dipendenza russa a quella cinese in merito al rifornimento di materie prime e pannelli solari?

GT: Se proseguiamo nell’atteggiamento attuale rischiamo di soccombere a tutto, sia all’Iran con la sua arma atomica, alla Russia con la sua strategia imperiale o all’espansionismo cinese. Dal mio punto di vista dobbiamo chiederci come possiamo evitare conseguenze simili? Con una politica europea dell’energia che eviti di legarsi a Russia e Cina e si modernizzi, trasformando anche la propria produzione negli anni, arrivando a stabilizzare e strutturare il proprio mercato senza dover attingere necessariamente alle risorse di nazioni nemiche.