Si è fatto un gran parlare di fake news in questa campagna elettorale. La chiusura di ventitré pagine Facebook che diffondevano notizie false e la caccia ai loro propagatori hanno occupato un grande spazio mediatico. Giustamente. Perché è importante che il dibattito pubblico non sia inquinato da notizie che potrebbero modificare il comportamento elettorale. Usiamo il condizionale poiché, come ha spiegato più volte il professor Luigi Curini, ordinario di scienza politica alla Statale, al momento non esistono ancora studi scientifici che accertino in modo chiaro ed inequivocabile la loro influenza determinante sugli esiti elettorali.
In questa battaglia, però, i grandi media si sono dimenticati che talvolta anch’essi diffondono fake news. L’ultimo e grave episodio riguarda gli exit poll olandesi, spacciati come risultati reali da alcuni media mainstream. In questo caso abbiamo assistito ad una diffusione di una bufala da parte delle fonti di informazione più accreditate. Esse hanno, inconsapevolmente o meno, dimenticato che gli exit poll sono solo sondaggi registrati fuori dai seggi elettorali e che vanno maneggiati con cura, perché possono essere errati o scarsamente accurati. Sovrastimando un candidato e magari sottostimandone un altro (si pensi ai tanti exit poll registrati nel corso delle recenti elezioni regionali italiane…). Caso ha voluto che gli exit poll olandesi vedessero in vantaggio i laburisti di Timmermans e in svantaggio i sovranisti di Wilders. E così sono apparsi titoloni in cui si sosteneva che i populisti non avevano sfondato. Ingannando tanti cittadini, perché, spesso, non veniva indicato che si trattava di exit poll, o non se ne chiarivano significato e valore. E dunque si scambiava un sondaggio con uno spoglio elettorale.
La cosa ancor più grave è che questa falsificazione non è stata lanciata da qualche oscura pagina Facebook ma da quotidiani e televisioni che, visto l’impegno nella lotta alle fake news, avrebbero dovuto verificare con particolare rigore la validità e l’attendibilità dei propri commenti. A pensar male, poi, si potrebbe sospettare che questi exit poll, confacendosi all’orientamento filoeuropeo di tanti commentatori, erano perfetti per la narrazione eurolirica. Da qui la scelta di omettere che si trattava di exit poll e di non spiegare volutamente la differenza tra dato reale e sondaggio, deformando così i fatti per assecondare la solita sviolinata europeista.
A prescindere da tale sospetto, resta la gravità di questo episodio che non va affatto sottovalutato. Episodio da cui emerge chiaramente che la miglior ricetta per combattere le fake news rimane sempre la lettura critica che vaglia e considera attentamente tutte le fonti. Incluse quelle mainstream. La censura potrebbe essere invece un rischio. Se da un lato eviterebbe la diffusione di bufale online, non sarebbe in grado di bloccare le fake news prodotte dalle maggiori fonti di informazione. Che potrebbero spacciare notizie false, magari incontrastate per via di una chiusura preventiva di tanti siti e profili social. Il metodo liberale è ancora una volta la miglior medicina. Anche contro la disinformazione.