Sono passate alcune settimane dalla tragedia che ha scosso l’Italia intera. In un momento di lutto e di riflessione come questo, la politica è riuscita a dare il meglio di se stessa: con una naturalezza ed una nonchalance quasi disarmante – a riprova dell’ormai assodata esperienza nel fare la mossa sbagliata al momento sbagliato – abbiamo assistito al fantastico suicidio della sinistra italiana. Ma non finisce qui: se da una parte abbiamo potuto ammirare il distaccamento dalla realtà di una fazione politica, dall’altra parte forse abbiamo assistito (e assistiamo tutt’ora) ad una paradossale situazione opposta, in cui il governo giallo-verde è troppo immerso nella realtà fino quasi a perdere la cognizione di essa.
Con questo mi riferisco al rampante giustizialismo, alla ricerca a tutti i costi di una giugulare da sbranare, il capro espiatorio da sacrificare sull’altare della giustizia popolare – incurante della sua effettiva colpevolezza – la quale placa la sua voglia di sangue solo temporaneamente, prontamente tornando alla ricerca del prossimo male assoluto della società.
La risposta della politica (da tutte le parti) ha lasciato a desiderare ed il fenomeno si è trasmesso a macchia d’olio anche sul web: specialmente su Facebook, è fortissima la risonanza che stanno avendo termini come “nazionalizzazione” o frasi altosonanti in stile “non possiamo aspettare i tempi della giustizia”. Concetti che per la persona comune sembrano ambrosia dopo anni di brodaglie insipide dal sapore democristiano. Ma siamo sicuri che è proprio ciò di cui abbiamo bisogno?
Non fraintendiamoci: un Governo con la G maiuscola DEVE dare risposte pronte, ferree e decise. Ma tali azioni devono anche essere ponderate e atte a risolvere il problema, non a tamponarlo temporaneamente nella foga del momento. Quando un chirurgo deve arrestare un’emorragia, egli interviene per chiudere la ferita e non per sostituire il vetro che ha causato tale danno con un altro più sicuro.
I fatti di Genova sono stati una tragedia. Una vergognosa tragedia. Anche se difficilmente placherà la nostra sete di verità, bisogna riconoscere che non c’è solo un colpevole (anche se per ora il principale indiziato sembra o la famiglia Benetton o l’aploide Capitale malvagio), ma una serie di fattori e persone più o meno responsabili sulle quali si dovrà indagare. Ed è sacrosanto indagare su di esse, accertare le colpe e applicare pene dove necessario.
E qui lasciatemi fare lo sciacallo, ma con intenzioni buone: da questo orribile avvenimento si può ricavare qualcosa di positivo. Sono stati trascinati nel dibattito pubblico alcuni macigni che attanagliano da decenni l’Italia, e che ora abbiamo la possibilità di affrontare ed eviscerare, soprattutto per chi crede nella Libertà. Si inneggia a gran voce alla nazionalizzazione, quando le autostrade sono già di proprietà dello Stato la cui manutenzione ed i servizi sono affidati a solo UN privato, con modalità poco chiare e molto discutibili. Nazionalizzando si consegnerebbe il tutto ad un monopolio statale: come si può fare ciò se poi ci si lamenta sempre del solito magna-magna all’italiana che affligge la pubblica amministrazione? Come si può pensare che sia una buona idea quando ci svegliamo alla mattina se poi alla sera siamo a protestare contro la casta corrotta e gli amici dei politici parcheggiati in tali realtà?
Stessa cosa vale anche per chi tifa per una privatizzazione totale, consegnando le strade ad un monopolio privato: un’idea aberrante per chi crede nel vero libero mercato o per chi ha qualche minima conoscenza economica. Perché non affrontiamo seriamente il problema del monopolio/duopolio delle infrastrutture italiane? Perché non denunciamo la situazione di malagestione statale? Perché non ne approfittiamo per esigere un sistema più trasparente, con più attori e che premi il miglior servizio offerto?
Si plaude alla frase “non possiamo aspettare i tempi della giustizia”. Nonostante lasci molto a desiderare il fatto che sia stata pronunciata da un giurista e che prevarichi qualsiasi fondamento dello stato di diritto, finalmente però viene messa in luce l’inefficienza della giustizia italiana. Perché non approfittarne per attuare la tanto attesa e necessaria riforma del sistema giudiziario? Perché non approfittarne finalmente per sbarazzarsi di un pachiderma antiquato ed ingombrante per adottarne uno più efficiente e giusto? Perché non mettere alla luce una volta per tutte l’inesistente e corrotto sistema di controlli e supervisione delle opere di pubblico rilievo?
Il Governo ha in mano un’arma molto potente: il consenso popolare. Un consenso molto forte, radicato e compatto che li appoggia quasi alla cieca. Un consenso che, se usato ed incanalato correttamente, sarebbe in grado di scardinare dalle fondamenta i pesi che da più di mezzo secolo rallentano il nostro Paese. E sarebbe anche una prova di fuoco per gli attuali governanti: potrebbero provare finalmente che non sono il solito establishment, ma che sono davvero dalla parte del popolo italiano. Potrebbero passare dalle parole ai fatti, smentendo qualsiasi insinuazione di malafede e provando l’opposto. Caro Governo, non perdere quest’occasione.