Per i media mainstream, giornaloni italiani in testa, gli assassini di Mohsen Fakhrizadeh, padre del programma nucleare segreto iraniano, hanno già nome e cognome. Hanno già fatto propria la tesi di Teheran, fin troppo semplice: lo scienziato è stato ucciso dal Mossad, le armi sono israeliane e l’assassinio è stato pianificato in Arabia Saudita. Tutto facile, tutto prevedibile, tutto molto lineare, quasi da fiction. Più che di un’azione pianificata da mesi, sembra quasi una serie su Netflix, in cui la fine è già scritta, ma prima bisogna passare per una serie di puntate, in cui accade di tutto. Viene ipotizzato che Fakhrizadeh sia stato ucciso da droni israeliani arrivati in Iran via Azerbaijan, poi da armi telecomandate a distanza, o da un gruppo di sicari composto da 62 persone!
Ora, ribadendo che nessuno è attualmente in grado di dire cosa realmente sia accaduto e chi realmente sia il responsabile, ricordiamo che Atlantico Quotidiano è il solo sito di informazione che – ad oggi – non ha escluso la pista interna, quella legata alla lotta tra fazioni iraniane. A questo proposito, è molto interessante rilevare quanto accaduto dopo l’uccisione di Fakhrizadeh, tra Parlamento e Governo iraniano. Il Majles ha approvato una legge in cui autorizza il Governo ad aumentare l’arricchimento dell’uranio oltre il 20 per cento, ad interrompere le ispezioni dell’Aiea e ad uscire dal Jcpoa nel caso in cui Cina e Russia non aprano immediatamente al settore bancario iraniano. Il Governo ha immediatamente reagito, dicendo che la questione nucleare non è prerogativa del Parlamento, ma del Consiglio Supremo di Difesa Nazionale. Insomma, un vero e proprio scontro istituzionale nella Repubblica Islamica, che ovviamente parte dal passato e ha un obiettivo futuro.
Dal passato, perché parte dalle recenti elezioni parlamentari in Iran, che hanno visto la vittoria netta degli ultra conservatori, vicini ai Pasdaran e a Khamenei. Guarda al futuro, perché ha come obiettivo la conquista nel 2021 della presidenza iraniana, alla quale si candideranno probabilmente ex comandanti Pasdaran del calibro di Mohammad Qalibaf, speaker del Majles e ex sindaco di Teheran.
Che ci sia stata una falla nel sistema di sicurezza di Fakhrizadeh è poco ma sicuro, così come che ci sia una guerra tra fazioni negli apparati di sicurezza, in particolare tra Pasdaran e Ministero dell’intelligence (MOIS). Non è nemmeno un segreto che su come porsi di fronte alla nuova amministrazione Usa, in Iran ci sono delle forti divisioni: mentre Khamenei non vuol sentir parlare di riaprire il dialogo con Washington sul nucleare, Rouhani invece, pur dettando condizioni irricevibili, ha aperto al ritorno americano nel Jcpoa.
Sullo sfondo ci sono i soldi, tanti soldi: i soldi che i Pasdaran vogliono per le loro compagnie, contratti pubblici in tutti i settori economici possibili. Contratti che se in Iran tornassero le compagnie straniere, dovrebbero essere spartiti non tanto con quelle europei (che rischiano seriamente di finire sotto sanzioni secondarie Usa), quanto con cinesi e russe. Alleati sulla carta, ma anche competitor geopolitici e finanziari de facto.
Ecco perché, tra le ipotesi possibili, l'”inside action” non deve essere scartata. Eliminare Fakhrizadeh, uomo il cui nome era ormai noto da anni a tutti e quindi bruciato, potrebbe essere stata una operazione per rafforzare l’ala oltranzista del regime e favorire la corsa dei fedelissimi di Khamenei verso la presidenza della Repubblica Islamica. Senza ignorare la posta in gioco della sua successione alla Guida Suprema. Trattandosi di intelligence, è praticamente impossibile che escano prove decisive. Detto questo, visto che tutti gli articoli finora usciti si basano su mere speculazioni, la pista interna non ci pare da meno.