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Far litigare Salvini e Meloni un film già visto, ma stavolta il tentativo di dividere il centrodestra non riesce

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Nell’intervista di domenica scorsa 1 marzo a Il Fatto quotidiano il premier Giuseppe Conte dà dell'”irresponsabile” a Matteo Salvini, ovvero il leader di centrodestra con maggiori consensi, quindi di fatto il capo dell’opposizione, elogia invece la “responsabilità” innanzitutto della presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni e poi anche del fondatore del centrodestra e leader di Forza Italia Silvio Berlusconi. Nonostante i sondaggi, che come un sismografo registrano ormai oscillazioni quotidiane dello zero qualcosa a vantaggio o svantaggio di questo o di quello, fino a far parlare qualche opinionista della Lega come forza che si starebbe addirittura “dissolvendo”, Salvini dal 30 e passa per cento non si schioda. La Lega, primo partito italiano, è una forza che ha quasi il triplo dei voti di FdI, la cui ottima performance la starebbe avvicinando sempre più alle percentuali del 14 per cento, ovvero della “casa madre” An di Gianfranco Fini, superando i 5 Stelle.

Ma è più che scoperto ormai, innanzitutto agli occhi della stessa risoluta e brava “Giorgia”, l’eterno gioco di cercar di dividere lo schieramento avversario, del quale il centrosinistra da una vita è grande maestro. Un gioco che un tempo però veniva condotto per vie più sotterranee, meno appariscenti, ma forse proprio per questo ancora più insidiose. Conte, che politica non l’aveva mai fatta prima di diventare premier, per la prima volta a capo dell’Esecutivo nel governo giallo-blu, ci va giù invece in modo molto diretto, scopre le carte, parlando papale papale. Mette sotto i riflettori, amplificandola, in modo un po’ sorprendente, per il ruolo che occupa, la moda che ha ripreso piede ormai da un po’ di tempo a sinistra di elargire complimenti agli alleati del leader della coalizione avversaria. Sulla sua scia, anticipandolo, da settimane se non mesi ci sono vari esponenti del Pd ed opinionisti di sinistra dei “giornaloni” che vedono Salvini come il fumo negli occhi.

Si è sentito in tv un po’ di tutto, fino a fare paragoni a vantaggio di Meloni rispetto anche a validissime donne esponenti della Lega. Per chi segue come cronista la politica da diversi anni sembra il replay dello stesso film di quando si davano botte da orbi a Berlusconi, fondatore e allora motore del centrodestra, e al tempo stesso veniva elogiato Fini, alleato importante, però con molti meno voti del Cav, come politico “serio e responsabile”. Praticamente l’avversario ideale. Per una sinistra che ogni volta vorrebbe scegliersi gli oppositori, i quali, appunto, stiano possibilmente sempre all’opposizione. Poi, però, tutto “Finì”, per citare il titolo all’epoca di una copertina di Panorama allora diretto da Giorgio Mulè.

Nessuno qui intende mettere sullo stesso piano vicende e personaggi diversi, seppur abbiano la stessa provenienza politica dalla destra storica italiana. E Meloni, da leader avveduta quale è, ha fatto critiche molto dure a Conte per la sua conduzione fin qui dell’emergenza coronavirus, avvertendo che non si può scambiare il suo senso di “responsabilità” per accondiscendenza a questo governo. Anzi, Meloni ha proposto elezioni a giugno, dopo che si sia superato auspicabilmente il periodo più critico. Parole molto chiare. Ma la vera risposta a Conte, comunque, arriva dallo stesso Salvini, che nella serata di ieri ha annunciato via Facebook che il “centrodestra farà compattamente una proposta al governo”.

Così come chiare però erano già state anche quelle di Salvini una settimana fa alla conferenza stampa prima di salire al Colle per incontrare il capo dello Stato: un governo che “ci porti fuori dal pantano e poi al voto”. Dunque, nessun governissimo, come anche in questi giorni l’ex ministro dell’interno non si stanca di ripetere: “Nessuno scambi le nostre proposte per far ripartire l’Italia per inciucio con Pd, 5 Stelle e Renzi”. Di più, già in quella conferenza stampa prima dell’incontro al Quirinale a chi gli chiedeva di Renzi, il leader leghista metteva in chiaro le cose, rispondendo secco: “Renzi? Ma lui sta in questo governo”. Punto. In questi giorni Salvini con i responsabili economici della Lega, dopo averle già illustrate a Sergio Mattarella, e averle scritte in due lettere al premier Conte, sta facendo proposte, elaborate anche nel confronto con gli esponenti delle maggiori organizzazioni di categoria, per uscire dall’emergenza sanitaria ed economica che rischia di mettere la principale “impresa”, il turismo, in ginocchio. Il partito accusato dal premier di “irresponsabilità” ha tenuto anche un incontro, “solo tecnico”, attraverso l’ex ministro Gianmarco Centinaio, sul turismo, con il ministro dei beni culturali, capo delegazione dei Dem nell’esecutivo, Dario Franceschini. Con una chiara differenziazione di ruoli politici, Centinaio, si è mosso di fatto come da ministro ombra, come avviene nella tradizione britannica. E però è un fiorire di attacchi a Salvini che per altri esponenti Pd dell’esecutivo sarebbe addirittura “un anti-italiano”. Accuse che suonano surreali. Come quella di “cinismo” perché la Lega ha detto che quei soli 3,6 miliardi che il governo vorrebbe mettere a disposizione per l’emergenza “non servono a nulla”. “Servono misure non solo per la zona rossa, ma per tutto il Paese”, ha avvertito Salvini. Che tra l’altro ora rischia di essere sottoposto a un nuovo processo per una ong spagnola, “alla quale erano stati messi a disposizione due porti, ma il comandante disse che invece no, doveva sbarcare solo in Italia”.

“Ecco, il 9 marzo sarà il mio compleanno e il 10 la giunta del Senato deciderà su questo nuovo processo”, ha ricordato con tono un po’ amaro l’ex ministro dell’interno, domenica 1 marzo, alla platea che calorosamente lo ha accolto a Orvieto, per le suppletive dell’8 marzo, nell’Umbria del “cappotto” leghista di ottobre, solo pochi mesi fa. La sinistra, pur dividendosi da una vita al suo interno, però nei momenti clou perseguendo il proprio interesse fa massa compatta, coerentemente con il disegno “egemonico” di gramsciana memoria. Il centrodestra, invece, non sempre dà questa impressione agli occhi degli elettori. Nonostante la volontà dei protagonisti, il rischio ora nell’immaginario collettivo è che in realtà “il governissimo” ci sia già, con dentro pezzi di centrodestra, ma a guida Conte. Gaetano Quagliariello, presidente di Idea, senatore del centrodestra, osserva: “Ci si muove a volte come se in Italia fosse in vigore il proporzionale, mentre c’è il maggioritario in Regioni e Comuni, da dove emerge in larga parte del Paese che è la Lega ad avere la leadership della coalizione”. Forse la conferma migliore del fatto che Salvini non sia in cerca di governissimi viene dai suoi stessi acerrimi avversari che sotto voce ammettono: “Ma quale Draghi, quale governissimo, Salvini voleva e vuole il voto per esser lui il premier e questo gli va impedito”. Appunto.