Con la metodica precisione dei vecchi farmacisti (anzi, degli antichi speziali, e della loro antica arte del dosaggio e della combinazione degli elementi chimici), unita al più ruvido talento degli addetti alle campagne acquisti calcistiche, già molti cervelli sono al lavoro per le larghe intese dopo il 4 marzo.
O addirittura per le larghissime intese, se i numeri di FI e Pd non bastassero, e se servisse un ulteriore “contributo istituzionale” da sinistra, del resto già prefigurato da Massimo D’Alema una settimana fa. Altre figure già s’offrono (con l’apostrofo), Bonino in testa, pronte al sacrificio ministeriale, naturalmente “per il bene del paese”.
Si prepara quindi un doppio spettacolo, un doppio copione, una doppia recita. A beneficio degli elettori, adesso, le stentoree proclamazioni da campagna elettorale. A beneficio di altro e di altri, poi, la tessitura di palazzo.
Qui abbiamo seri dubbi sul fatto che l’operazione riesca. Troppe incognite: l’astensione (che sarà comprensibilmente altissima), il possibile crollo verticale del Pd, la dinamica imprevedibile dei collegi uninominali nel Sud, la prestazione di molti sconosciuti candidati M5S (per questo avvantaggiati rispetto ai conosciuti, e quindi “famigerati”, candidati delle altre forze).
Ma poniamo il caso che (con qualche acquisto parlamentare post-elettorale: roba da Mino Raiola…) si raggiunga una qualche maggioranza alla Camera e al Senato. Resta, a quel punto, un piccolo “dettaglio”: per fare cosa?
Quale il progetto, quale l’idea, quale la strategia per l’Italia? Al momento, non ne sappiamo nulla. Zero assoluto.
Nella politica, tanto quanto nella vita personale, se non si è soggetto delle decisioni, se ne diventa fatalmente oggetto: sono le cose a decidere per noi. E a quel punto, considerando i 2300 miliardi di debito dell’Italia, i circa 400 miliardi di titoli l’anno da rinnovare, i 70 miliardi annui di interessi (destinati a crescere, con l’inevitabile impennata dei tassi), il calendario-thrilling delle relative aste, il “programma” sarà scritto dal destino: gestione del declino e svendita finale. Parigi e Berlino già ringraziano. Senza nemmeno il bisogno di fare risatine: anzi, stavolta si produrranno in grandi elogi e incoraggiamenti. Oltre il danno, la beffa.