Telefonate senza roaming e voli low cost sono merito del mercato e dell’innovazione tecnologica, non dell’Ue
È poco più che una curiosità, ma forse la debacle di Emma Bonino, leader di +Europa, davanti agli studenti di un istituto tecnico romano, vale la pena di qualche riflessione. L’esito del secondo appuntamento dell’“EuropaTour” organizzato da La Stampa, in collaborazione con Iai e Centro Italo-Tedesco per l’eccellenza europea, viene riportato dallo stesso quotidiano di Torino. La domanda su cui gli studenti erano chiamati ad esprimersi prima e dopo il dibattito (una formula chiamata hard talk) era semplice: “L’Italia ha bisogno di più o meno Europa?”. Ebbene, il primo voto ha visto prevalere la risposta “più Europa” (69 votanti contro 58), mentre il secondo, al termine dell’incontro, ha visto l’esito ribaltato a favore di “meno Europa” (80 votanti contro 58). Ammesso che tutti gli 11 studenti che hanno preso parte in ritardo al dibattito, partecipando quindi solo alla seconda votazione, abbiano espresso un voto per “meno Europa”, almeno altrettanti 11 hanno cambiato il loro orientamento in senso euroscettico dopo aver ascoltato Emma Bonino. Delusione palpabile della leader di +Europa: “Forse il loro linguaggio è diverso dal nostro”.
Bonino aveva puntato non su grandi ideali o alta retorica, ma su argomenti “molto pratici, e corredati da numeri”, sempre stando al resoconto su La Stampa:
“Se oggi potete telefonare senza il roaming da un Paese all’altro dell’Europa, è grazie all’Unione europea. Se potete andare a Barcellona con 19 euro, mentre io ai miei tempi al massimo potevo fare la tratta Bra-Torino, è sempre grazie all’Unione europea. E se in futuro ci saranno problemi ad andare in Gran Bretagna, è perché gli inglesi hanno detto no all’Unione europea”.
E poi l’evergreen dell’immigrazionismo boniano, “i migranti fanno lavori che gli italiani non vogliono più fare”: un luogo comune che forse aveva un qualche fondamento una ventina di anni fa, ma non oggi, dopo una durissima crisi, come chiunque abbia mai usufruito di un servizio di food delivery ha potuto constatare.
Certamente un piccolo esperimento, di dimensioni ridotte, eppure ci pare emblematico delle difficoltà in cui si dibattono eurolirici e piùeuropeisti nel trovare argomenti convincenti a difesa di “questa” Unione europea. Da una parte, la pura retorica europeista, il richiamo ai valori, non fa più presa: troppo ampio il divario tra l’ideale e il reale. Dall’altra, ed è la strada scelta da Emma Bonino nel suo dialogo con i giovani studenti, anche gli argomenti concreti sembrano non bastare.
Ma ci sembra di scorgere una furbizia in più in quelli portati dalla ex leader radicale: a questi ragazzi, di un istituto tecnico di periferia, probabilmente non in grado di afferrare concetti troppo complessi, facciamo esempi che possono toccare con mano durante la loro vita quotidiana. Cosa vuoi che ne sappiano di Stati Uniti d’Europa, federalismo e Altiero Spinelli? Mettendo da parte il sospetto che siano stati trattati da “pregiudicati” di analfabetismo funzionale, telefonate senza roaming e voli low cost devono essere apparsi ben poca cosa persino agli occhi di quei ragazzi, che non saranno raffinati intellettuali, ma forse ancora un po’ assetati di ideali e in grado almeno di intuire il gap tra una gigantesca struttura sovranazionale, che genera squilibri economici, tensioni e costi politici enormi, e questi due piccoli benefici pratici: tutto ‘sto “casino” per qualche telefonata e qualche weekend in una capitale europea?
Sempre ammesso, e non concesso, che tali benefici derivino davvero dall’esistenza dell’Ue. Stringi stringi, infatti, gli argomenti che spesso si sentono avanzare a sua difesa si rivelano fake news storiche, quelle di chi attribuisce all’Unione europea addirittura la sconfitta di nazismo e comunismo e un settantennio di pace nel Vecchio Continente, ed economiche, come quelle propinate dalla Bonino agli studenti. Davvero serviva l’Unione europea per avere telefonate senza roaming e voli low cost? Non sono forse molto più il risultato dell’innovazione tecnologica e del mercato, che dell’Ue come sviluppatasi da Maastricht in poi? Si tratta, semmai, di successi del mercato unico, che esisteva già prima del Trattato di Maastricht e che si sarebbe potuto sviluppare anche senza unione monetaria e politica. È molto probabile che l’innovazione tecnologica e il mercato ci avrebbero spinti ad avere telefonate senza roaming e voli low cost anche nell’ambito della Comunità economica europea (CEE) e oggi non staremmo qui a chiederci se “in futuro ci saranno problemi ad andare in Gran Bretagna” (ovvio che no). Tanto è vero che entrambi questi benefici si sono facilmente estesi a Norvegia e Islanda, che dell’Ue non fanno parte. Per non parlare dello stracitato programma Erasmus, uno scambio culturale tra università europee che per funzionare e svilupparsi non richiede certo la condivisione di una moneta e del debito…
Torniamo sempre al punto che Margaret Thatcher individuò già trent’anni fa, nel 1988: la Comunità (non “Unione”) europea come mezzo e non come fine. Mezzo per garantire alle nazioni europee benessere e sicurezza. Ed è esattamente sicurezza e fiducia in un futuro di benessere che probabilmente quei ragazzi stentano a vedere all’orizzonte.
Il sogno degli Stati Uniti d’Europa è probabilmente destinato a restare nel cassetto, ma tra chi continua a coltivarlo, al contrario di +Europa almeno il Partito Radicale è consapevole che “questa” Unione europea non è una tappa da cui ripartire, uno stadio embrionale da sviluppare, un assetto migliorabile ma da difendere, bensì un ostacolo da rimuovere per rifondare.