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Fu l’Iran ad attaccare gli impianti petroliferi sauditi lo scorso anno: report Onu al Consiglio di Sicurezza

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Ora è ufficiale anche per le Nazioni Unite: è stato l’Iran, lo scorso anno, ad attaccare con i suoi missili le raffinerie in territorio saudita. A queste conclusioni giunge un report Onu classificato confidenziale e inviato, dopo essere stato firmato dal segretario generale Guterres, al Consiglio di Sicurezza. A prendere visione esclusiva del report, e a darne notizia pubblica, Bloomberg venerdì scorso.

I missili iraniani, come noto, colpirono nel maggio del 2019 l’impianto di Afif, uno dei più importanti del Paese, causando danni notevoli. Inizialmente, i ribelli Houthi rivendicarono l’attacco, ma si capì immediatamente che si trattava di qualcosa di più grande delle loro capacità. Gli investigatori internazionali hanno avuto modo di analizzare i detriti dell’attacco ad Afif con quelli di altri attacchi avvenuti in precedenza sempre contro il territorio saudita, trovando corrispondenze con il drone iraniano Shahed 783, presentato per la prima volta in una parata militare nella Repubblica Islamica organizzata nel maggio del 2014.

Le conclusioni Onu arrivano proprio nei mesi in cui la Casa Bianca è impegnata in una importante campagna diplomatica per rinnovare l’embargo Onu sulla vendita di armi verso l’Iran. Embargo che, secondo la risoluzione 2231, scadrà il 18 ottobre 2020. Secondo Cina e Russia, gli Stati Uniti non avrebbero più diritto di mettere bocca sull’argomento, perché hanno preso la decisione di ritirarsi dal JCPOA. Purtroppo, secondo i media internazionali, questa tesi sarebbe stata sposata anche da Josep Borrell, Alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza. Se confermata, sarebbe una posizione miope e drammaticamente pericolosa, per almeno un paio di ragioni: la prima è che il ritiro americano dal JCPOA è frutto della parzialità dell’accordo sul programma nucleare, che non comprendeva temi che poi si sono dimostrati strategici nei rapporti con Teheran (come il programma missilistico e il ruolo destabilizzante della Repubblica Islamica nella regione).

Secondo, perché evitare che sia nuovamente liberalizzata la vendita di armi all’Iran è una garanzia di sicurezza non solo per la stabilità regionale in Medio Oriente, ma anche per l’Europa e il mondo intero. Basti vedere cosa ha combinato l’Iran dal 1980 in poi in Paesi come Libano, Siria, Iraq e Yemen, o in aree come la Striscia di Gaza, e la minaccia che rappresenta nello Stretto di Hormuz per il commercio internazionale. Senza considerare il terrorismo esportato dal regime iraniano fuori dalla regione mediorientale, in particolar modo in America Latina e in Europa.

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