Ferghane Azihari è un giovane e brillante analista politico di Parigi, il quale collabora con l’Institut de Recherches économiques et fiscales (IREF). Scrive abitualmente per Le Figaro ed altre testate, oltre ad apparire in diversi media anche a livello nazionale. Presidente degli Students for Liberty di Parigi, ha contribuito anche al progetto culturale del Mises Institute. In queste settimane ha seguito da vicino le proteste dei Gilet Jaunes, riuscendo ad analizzare la loro evoluzione nel tempo: il tutto è stato raccolto in una serie di articoli e riflessioni dal taglio politico-filosofico per Le Figaro. In esclusiva per Atlantico Quotidiano, abbiamo scambiato due chiacchere sulla situazione delle proteste.
MARCO ZANNINI: In Italia i quotidiani hanno descritto un panorama molto teso, anche episodi di minacce di violenza e morte nei confronti di politici da parte dei Gilet Jaunes. Com’è la situazione attualmente?
FERGHANE AZIHARI: Indubbiamente c’è molta tensione e penso che i politici siano molto spaventati dal fatto che ci possa essere molta violenza nelle dimostrazioni in tutto il Paese e a Parigi. Il Governo ha mobilitato migliaia di agenti di polizia per prevenire i manifestanti dal distruggere tutto quello che trovano per strada. I cittadini sono arrabbiati del fatto che non si riconoscono più nelle istituzioni ufficiali e questa è una situazione molto pericolosa.
MZ: Facciamo qualche passo indietro a quando il movimento è nato: in uno dei tuoi articoli per Le Figaro hai parlato di come “la protesta (dei gilet jaunes, ndr) riveli la degenerazione delle democrazie moderne”. Potresti spiegarcelo?
FA: Sì. Quando si guarda alla storia della democrazia e alla storia del regime parlamentare, lo scopo principale di esse era quello di ridurre la pressione fiscale, di limitare l’abilità del Sovrano di imporre tasse: è per questo che fu inventato un Parlamento, è per questo che furono inventati tutti questi meccanismi per prevenire lo Stato, il Governo o il Re (quando l’Europa era formata da monarchie) dal raccogliere troppe tasse. Purtroppo, attualmente, in Europa e in Francia si è raggiunto un livello di imposizione tributaria il quale erode la nozione di proprietà privata. Le persone non sono libere di usare il frutto del proprio lavoro come vogliono, come preferiscono. Quindi, quando il Parlamento non è più capace di prevenire l’ingerenza statale e la tassazione come lo sono in vigore ora, ritengo che sia un segnale che la democrazia non è più funzionante.
MZ: Parliamo dei Gilet Jaunes. In principio la loro protesta si incentrava contro le tasse sulla benzina, ma col tempo le loro richieste si sono evolute, spesso sempre più in modo contraddittorio e contrastante: meno tasse e più servizi/presenza dello Stato. Come si può spiegare ciò? Inizialmente non era un movimento basato su principi libertari o liberisti?
FA: Non penso che sia un movimento libertario, né che sia un movimento liberale classico. Sono piuttosto scettico quando ci si riferisce a “IL” movimento: non è un gruppo organizzato formalmente, ma molte differenti richieste e scatti d’ira proveniente da persone ordinarie. È vero che ci sono differenti contraddizioni, per il semplice motivo che le persone sono arrabbiate del fatto che pagano troppe tasse e, dall’altra parte, richiedono più politiche redistributive e welfare state. Ritengo che i manifestanti e le persone in generale non siano consce del fatto che avere meno pressione fiscale significhi anche ridurre la spesa pubblica, un’affermazione molto difficile da dire in Francia: il popolo è infatuato dal welfare e ne vogliono sempre di più. Anche per questa ragione sottolineo che non si tratta di un movimento ispirato dai principi libertari. Anche se la rabbia del popolo può essere giustificata dal fatto che paghiamo troppe tasse (la Francia è uno dei Paesi con più tassazione in Europa e al mondo), i cittadini devono comunque capire che per ridurle bisogna anche limitare la spesa pubblica, ma al momento sembrano non riuscire a cogliere il punto.
MZ: Come ha reagito Macron e qual è la tua opinione a riguardo?
FA: Ritengo che la risposta non sia stata molto adeguata. Il governo francese ha revocato l’aumento sulla benzina solo per l’anno prossimo, e non penso che questo possa bastare. Non c’è alcuna riforma e alcuna strategia per abbassare la spesa pubblica, e senza di esse non sarà possibile ridurre le tasse: se non riusciranno in quest’ultimo intento, il popolo francese non potrà mai perdonarlo al Governo. Le persone non ritorneranno alle loro mansioni quotidiane, questa protesta durerà fino a quando la Francia non riformerà il suo sistema sociale e tributario.
MZ: Come sta reagendo l’opposizione? Riusciremo finalmente a vedere una rinascita dei liberali classici nel Paese?
FA: Per ora non c’è una opposizione liberale in Francia. Riguardo alla filosofia in sé, non c’è proprio nemmeno un partito liberale: siamo un Paese molto statalista con una forte cultura statalista. Ora l’estrema sinistra sta tentando di usare la protesta per promuovere i propri fini, stessa cosa per l’estrema destra. L’opposizione del centrodestra, invece, non si è dimostrata credibile nelle proprie proposte per diminuire l’ingerenza tributaria. La Francia, negli ultimi anni, è stata governata da partiti sia di destra che di sinistra e tutti hanno implementato le stesse politiche di aumento delle tasse e della spesa pubblica, quindi al momento non c’è una valida alternativa: la nazione è intrinsecamente statalista ed è difficile cambiare questa cosa.
MZ: Riguardo a tutta questa situazione, cosa pensi che succederà in futuro?
FA: È molto difficile da dire. La protesta continuerà finché non si abbasseranno le tasse e fino a quando non si riformerà il sistema fiscale: la rabbia è legata ad esso. Ripeto: viviamo in un Paese in cui la percezione è che le persone non possano più vivere decentemente a causa della pressione tributaria. Temo che se questo non cambierà allora il popolo continuerà ad essere arrabbiato.
MZ: In conclusione: abbiamo visto che il movimento dei Gilet Jaunes sta tentando di prendere piede anche in Italia. Pensi che, in generale, ci possa essere un qualche risvolto sull’intera Unione europea?
FA: Di sicuro questa situazione può rafforzare i populismi lungo tutta l’Europa. È semplice: quando vedi che in una nazione confinante il popolo non rispetta più le istituzioni ufficiali, allora anche tu hai lo stesso incentivo per farlo a casa tua. Quindi sì, temo che ci saranno ripercussioni populiste in tutto il continente.