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Giù le mani da Woody Allen, razza di mediocri

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Giù le mani dal mio Woody Allen. Razza di senza dio dell’arte e del talento. Di senza incanto della risata e dell’ironia. Lugubri, grigi servitori del demonio pudore. Non lo vedete che la vendicativa ex mogliettina, quella col nome di una gatta, Mia, supportata dall’Internazionale Zdanovista della censura, gli ha orchestrato intorno una trappolona milionaria? Ascoltate il tweet del figliol prodigo Moses Farrow: “Ero lì, quel giorno, Woody non ha molestato mia sorella Dylan”. E rincara: “Ho visto mia madre così tante volte cercare di convincerla che fosse stata abusata. Spero che un giorno mia sorella possa fuggire da mia madre, rendersi conto della verità e decidere di curarsi”. Non vi basta? No, non vi basterà, censori puritan-progressisti, perché voi dentro avete il gene roditore della vendetta. Perché siete venuti allo scoperto: chi siamo noi? Dei senza talento? E allora cacceremo le streghe che il talento ce l’hanno, ridurremo il mondo una larva di sceneggiature piatte come i film della Comencini e gli articoli di Concita.

Vi meritate Oprah Winfrey, la Barbara d’Urso d’America come paladina dei nuovi diritti violati (lei che al porco orso progenitore di tutti gli scandali o presunti tali succhiava il lobo in diretta Golden Globe). Vi meritate schifezze filmiche come “V per Vendetta”, attricine col nome di papà, la keffyah al collo e il pugnetto alzato che gridano contro il porco cui si sono concesse per anni nella speranza che desse loro, magicamente, il talento che non hanno. Vi meritate il punk stantio dei finti bassi fondi, con le travi a vista e uno Chardonnay sul comodino, il domestico indiano e l’assegnuccio a tanti zeri per il nuovo romanzetto sulla Camorra. Non vi meritate la Manhattan colorata da Woody, la Parigi e la Londra senza chador da lui magistralmente levigate su tela pellicola. La Los Angeles con la grande invenzione di girare a destra al semaforo anche quando è rosso. Lo spermatozoo che ognuno di noi ha sognato, almeno per una volta, di essere. Non vi meritate lo Shakespeare risorto ne “La Rosa Purpurea del Cairo”. Non avrete mai l’abilità mimetica di un vero Zelig, non vi meritate il suicidio più bello su grande schermo (Geraldine Page in quel monumento che è “Interiors”). Non vi meritate neanche un frame della sua filmografia impossibile da ricordare. Non vi meritate nemmeno i miei insulti. Sprofondate nel vostro livore incolore da Village vegano. E sprofondino pure Colin Firth, Mira Sorvino ed Ellen Page nel dimenticatoio dei patetici che oggi puntano il dito, mentre ieri, senza di lui, non erano altro che dei figuranti.

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la grande bugia verde