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Hamas dietro gli scontri: 50 terroristi uccisi, ma l’Europa piange inesistenti “manifestanti pacifici”

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Mentre l’Europa piange la morte di una sessantina di “pacifici manifestanti” uccisi dall’esercito israeliano durante gli scontri al confine tra la Striscia di Gaza e lo Stato ebraico, un alto dirigente di Hamas, Salah Al Bardawil, ammette, anzi rivendica in tv che “se 62 persone sono state uccise, 50 erano militanti di Hamas”, un’organizzazione terroristica sostenuta dal regime iraniano. E la povera bimba uccisa dagli effetti dei gas lacrimogeni – così ci ha raccontato il ministero della salute della Striscia, ripreso dai media occidentali? No, è morta per motivi di salute pre-esistenti, afferma un medico di Gaza all’Associated Press.

Per l’IDF, le forze armate israeliane, sono 53 i membri noti di gruppi terroristici – Hamas e Jihad islamica – uccisi negli scontri. E tra di essi, tutti gli otto componenti di una cellula armata di Hamas, uccisi in uno scontro a fuoco mentre cercavano di penetrare il confine.

Sono le parole della stessa Hamas a smascherare il pregiudizio anti-israeliano di praticamente tutte le prime pagine dei giornali e i servizi televisivi dei media mainstream europei, che hanno riportato notizie e bilancio degli scontri come se si fosse trattato della repressione militare di una manifestazione pacifica.

Eppure, non era difficile porsi qualche domanda, esercitare un minimo di spirito critico. Anche se lo spostamento dell’ambasciata Usa non è stato ben accolto (almeno ufficialmente) dalle capitali arabe, nessuna violenza si è registrata nelle cosiddette Arab Street. Nessuna violenza in Giordania, paese pieno di profughi palestinesi. Nessuna violenza nemmeno in Cisgiordania. Solo dalla Striscia di Gaza, guarda caso sotto il controllo di Hamas. Migliaia di persone spinte a ridosso del confine, la maggior parte combattenti in cerca di martirio, con bombe molotov, pistole e coltelli; campi dati alle fiamme; cellule armate con lo scopo di penetrare in territorio israeliano e assaltare i primi villaggi. Come avrebbe dovuto rispondere Israele di fronte ad un vero e proprio tentativo di invasione violenta organizzato da un gruppo terroristico che si rifiuta di riconoscere lo Stato ebraico e anzi ha come obiettivo conclamato la sua distruzione?

“Hamas è dietro queste rivolte, e rappresentarle come proteste pacifiche non potrebbe essere più lontano dal vero”, ha dichiarato il portavoce dell’IDF. Le proteste erano così “spontanee” che negli ultimi due giorni, a seguito delle pressioni del governo del Cairo su Hamas, si sono fermate. Uno dei capi dell’intelligence egiziana infatti, secondo Gerusalemme, avrebbe avvertito il leader Haniyeh, durante la sua ultima visita in Egitto, che il Cairo “sa e ha le prove” che Hamas sta “alimentando le proteste” e “mandando la gente alle barriere di confine come munizioni umane, donne e bambini al posto di proiettili e missili”. Il funzionario di intelligence egiziano avrebbe “inequivocabilmente chiarito” ad Haniyeh che Israele “avrebbe risposto e assunto misure più dure”, e che “l’Egitto sarebbe rimasto fermo e non avrebbe aiutato”. Solo in Europa non abbiamo capito nulla di quanto stava accadendo.

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