I mass media e la pandemia grillina: perché ce l’avete tanto con il “nostro stile di vita”?

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Le voci. La cosa che risalta di più quando partono i collegamenti con i vari luoghi da cui si racconta il coronavirus sono le voci. Il tono di voce. Artefatto. Straziato. Costruito nelle scuole di doppiaggio, forse, o di dizione; quelle che ti dicono che le “e” devono essere strette, chiuse e anche le “o” (non pronunciarle mai come i romani, ‘sti coatti). Il tono e il timbro. Salgono e scendono a seconda della gravità della situazione. E seppure la situazione non è grave deve sembrarlo. Siamo in emergenza. La parola emergenza (assieme ad allarme) è un must imprescindibile di ogni tg che si rispetti (almeno da una decina di anni). Alcune reporter (donne soprattutto) urlano. Appena si apre il collegamento senti una specie di grido disperato che persegue un unico imperativo categorico: spaventarti a morte. Devi rimanere sul divano incollato allo schienale e tremare come una foglia, perché la devastazione del virus sta dietro la porta di casa, appena esci. E se ti azzardi ad alzarti da lì sono guai. Se ti azzardi a desiderare un po’ d’aria fresca che adesso arriva la primavera sei un incosciente, sei un irresponsabile, uno che vorrebbe ammazzare i vecchi; mica vorrete ammazzare i vecchi che muoiono negli ospedali per colpa vostra che avete fatto gli aperitivi o siete andati sulle piste da sci o vi siete azzardati a fare una corsetta nel parco?

Il virus è un demone invisibile che i mass media però sanno gestire come un abile esorcista. Te lo gettano addosso se vogliono spaventarti, lo bloccano un pochino quando devono riprendere fiato, te lo risputano nelle viscere di uno stomaco in subbuglio come draghi d’orchestra se la sinfonia del male che avanza deve raggiungere il suo climax; la scala maggiore, la tonalità apicale. L’Italia è un Paese economicamente fallito, però alle 18 del pomeriggio c’è l’imperdibile conta dei morti e degli infetti eseguita dal burocrate kafkiano con il tono dimesso, le spalle un po’ ingobbite, il confessore comprensivo ma severo; è il Rocco Casalino show… quello che prepara ai tg urlanti, quelli che i dati li fanno diventare un brogliaccio da melodramma, una rivelazione incredibile, un mamma mia che sta succedendo; i capi di Stato si susseguono in servizi tutti uguali e dicono che stiamo vivendo una nuova guerra, che da dopo il ’45 non si era mai vista una cosa del genere, che moriremo travolti da una polmonite interstiziale bilaterale perché non colpisce solo i vecchi, no no, pure voi che ve ne andate in giro senza mascherina, o a comprare bellamente le arance, o i limoni; dove andate al mercato, non vi vergognate; scusi si può spostare che non c’è spazio; senta perché non mette la mascherina; non vede che qui dentro è stretto; io vi manderei i carabinieri a casa; l’esercito ci vorrebbe; fanno bene in Cina che gli sparano se non rispettano le regole.

Flash back. Memoria che torna come un balsamo rosa ai tempi in cui si poteva passeggiare per le vie di una Roma incasinata e in fiore. Colore verde speranza. Rappresentanti della Casaleggio & Associati che tessono le lodi del nostro nuovo modo di vivere che verrà. Anno del signore 2006. C’è Second Life, un gioco di ruolo virtuale, in cui ti crei il tuo avatar e scegli che tipo di vita vuoi fare, che persona vuoi essere, che caratteristiche vuoi avere, con chi vai al letto, in che modo spendere i tuoi soldi virtuali, c’è tutto; dallo stock market ai centri commerciali ai campi di calcetto. Una figata. Si indossano occhiali virtuali, fra un po’ arriveranno anche le tute sintetiche che daranno la totale illusione di avere anche gli stimoli ai sensi corporei. Potrai fare la spesa, chiacchierare, fare l’amore, fare sesso, sport, lottare, andare in disco, ai concerti, riprodurti, scommettere, diventare ricco… Second Life è il futuro. Lo dicevano indossando camicie azzurre con risvolto alle maniche, sfoggiando capello dreddato e sapienza vegano buddista. Lavoreremo tutti da remoto. In casa. Non ci sarà più bisogno di muoverci, il traffico, le auto, i mezzi pubblici, che orrore, il futuro non è questo, non vedete che schifo la ricchezza, il lusso, lo shopping nelle città, il consumismo. Basta! La Terra madre ci chiama, il clima è impazzito, fa caldo, non sentite che caldo, figa accendi il condizionatore. Li ascoltavi e ti chiedevi che cosa ci facevi in questo mondo assurdo; saresti voluto partire per Plutone, forse Alpha Centauri, forse Sirio B… la Terra non ci meritava, no, meritavamo l’estinzione. Meritavamo solo un mondo virtuale. Forse un giorno qualcosa sarebbe accaduto, qualcosa che ci avrebbe spazzato via, che “avrebbe cambiato il nostro modo di vivere”.

Alt! Torniamo in tv.

Le giornaliste appena mesciate rientrano in collegamento e con un chiocciare bricconcello ammoniscono. “Questo virus ci sta facendo capire che dobbiamo cambiare il nostro stile di vita”. Altre vanno dritte al punto, il gomito poggiato sulla scrivania, lo sfondo con le mappe del globo, o dei globuli rossi delle statistiche degli infetti e dei morti; l’occhio audace, lascivo quasi: “Avete visto, avete cambiato il vostro stile di vita!” E chissà per quanto ancora! (questo non te lo dicono ma te lo lanciano come una mazza ferrata travestita da dardo della comprensione).

La giornata, in genere, finisce che annaspi alla ricerca delle gocce di Xanax sul comò, o dei Fiori di Bach per i naturisti, pensi al tuo conto in banca (le banche, che schifo! Gridano le voci grilline dal retroterra inconscio di Second Life!), il mutuo, le tasse, le cartelle esattoriali, i figli, la moglie da mantenere, lo stipendio chissà se arriva. Il coronavirus ha la forma di una mazza ferrata (quella che ti voleva lanciare l’anchorwoman), te la mostrano in continuazione su tutti i siti. Gli esperti della catastrofe non lasciano scampo. Dovete stare a casa! Al massimo potrete cantare sui balconi, mettere un po’ di musica come negli anni venti dai fonografi. L’aria è meno inquinata, vedete, appaiono le mappe con i colori schiariti sulle regioni colpite. Fate tutto da remoto. Smartworking, anche dal letto mentre vi scappa la mano che è una settimana che state da soli e lei o lui non ci stanno e insomma… Non è un mondo bellissimo e pieno di opportunità quello che ci riserva il virus? Del resto, ve lo siete voluto. E non provate a dire che è venuto da un mercato del pesce in Cina o da un laboratorio di armi biochimiche di Wuhan (Wuhan, la meravigliosa globalizzazione che ci fa conoscere posti così esotici!). Non provate a chiedere un po’ di vecchia vita che non vi facciamo portare nemmeno più il cane a pisciare. Untori che non siete altro! Pregate, piuttosto affinché la Madre Terra vi risparmi. Da oggi, solo Second Life. La prima non c’è più, per decreto.

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