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I “nuovi diritti” per imporre una tirannia culturale

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È evidente, almeno a chi ha occhi per vedere. La sacrosanta tutela delle minoranze è ormai passata in secondo piano. A nessuno interessa più garantire i diritti degli omosessuali. Ora l’obiettivo è un altro: imporre una nuova egemonia culturale.

Dopo essere stata celebrata come faro dei diritti civili per alcune uscite di Papa Francesco, oggi anche la Chiesa bergogliana è accusata di oscurantismo per aver osato esprimere alcune perplessità di natura giuridica sul Ddl Zan, la legge contro l’omotransfobia in discussione in Commissione Giustizia del Senato, che secondo monsignor Gallagher, segretario vaticano per i rapporti con gli Stati, lede la libertà di espressione e viola il Concordato che dal 1984 regola i rapporti fra il nostro Paese e la Santa Sede. Non entriamo nel merito della vicenda, a cui Franco Carinci ha già dedicato un interessante articolo su questo giornale. Tuttavia, non possiamo non notare come ogni voce, anche autorevole, disallineata al pensiero gender venga costantemente demonizzata dal Grande Fratello arcobaleno. Non solo nei rapporti internazionali, ma anche nel mondo della cultura e dello spettacolo.

I registi desiderosi di vincere il Premio Oscar saranno costretti a rispettare il codice deontologico dell’Academy, in vigore dal 2024, che prevede standard rigidissimi. Per citarne alcuni: almeno il 30 per cento del cast deve appartenere a una minoranza etnico-religiosa o Lgbt. In alternativa, un regista può sempre rivolgersi a “donne e/o disabili” per ricoprire ruoli da protagonista o comunque di primo piano. È razzismo al contrario: le persone non vengono più giudicate sulla base delle loro capacità, a prescindere dal sesso e dalla religione, come dovrebbe accadere in una democrazia liberale. No, il colore della pelle e l’orientamento sessuale sono diventati gli unici criteri di giudizio, scavalcando il merito e la competenza.

Karl Marx, teorico del socialismo scientifico, vedeva la storia come eterna lotta fra classi dominanti e ceti subalterni. Adolf Hitler, padre del nazismo e peggior dittatore di tutti i tempi, considerava la “razza” come unico criterio per comprendere la realtà. La piega che sta prendendo questo “totalitarismo gender” è ritenere che l’orientamento sessuale, o “identità di genere”, sia la sola chiave di lettura per decifrare e moralizzare il mondo contemporaneo. Perfino Babbo Natale è stato sessualizzato in un romanzo di Pierluigi Buscetta dal titolo “Babbo Natale esiste ed è gay” che sarà pubblicato da Sperling & Kupfer a settembre. E così tanti altri personaggi di fumetti, film e serie tv.

In ottemperanza al conformismo imperante, ciascuno di noi è costretto ad indossare una maschera, a riconoscersi in una delle quattro sigle dell’acronimo Lgbt (andando avanti di questo passo, se ne aggiungeranno a centinaia). E chi rifiuta queste etichette va incontro all’emarginazione, come nei romanzi di Pirandello, dove il protagonista, una volta svelate le illusioni su cui si regge la società, non riesce più a tornare indietro.

Basta retorica. Lo Stato non dovrebbe imporre modelli culturali, divulgando le teorie gender nelle scuole, ma lasciare che ognuno segua le proprie inclinazioni nei limiti imposti dalla legge. Solo così potremo raggiungere la tanto agognata libertà che, per inciso, riguarda tutti e non una singola fetta di popolazione. Se invece vogliamo istituire la tirannia dei diritti, tanto vale trasferirsi in Cina.

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