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I tweet minacciosi della leadership iraniana contro Israele, che però non preoccupano Twitter (né la Farnesina)

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La pandemia di Covid-19 non ha distratto la leadership iraniana dall’odio verso Israele. Anzi, per certi versi, lo ha amplificato, dovendo il regime iraniano spostare l’attenzione sui numerosi errori commessi nell’arginare il coronavirus (come quello di non fermare i voli della Mahan Air e di non imporre la chiusura immediata di Qom, epicentro del contagio nel Paese).

Sfruttando l’occasione della Giornata per Gerusalemme, l’ayatollah Khamenei (o chi per lui) ha cominciato a smanettare su Twitter, imprecando di tutto contro lo Stato ebraico. Nei suoi tweet Khamenei ha ovviamente invocato la cancellazione di Israele, la necessità di armare la Cisgiordania, la disponibilità iraniana ad armare chiunque si dica disposto a combattere “i sionisti” e ha proposto per la questione israelo-palestinese una “soluzione finale”. Teheran ha provato a far passare quel termine come la classica proposta iraniana del referendum per la Palestina, che nei fatti permetterebbe di votare solo ai palestinesi e agli ebrei che vivevano in quell’area prima del 1947, e che servirebbe appunto a “ributtare gli ebrei a mare”. Ma quel termine, “final solution” – esposto con un grande banner in cui si vede la Moschea di al-Aqsa conquistata, ha rievocato nella memoria generale la soluzione finale dei nazisti contro il popolo ebraico.

Una serie di tweet piuttosto minacciosi, che la Guida Suprema reitera praticamente ogni anno, che però non hanno incontrato fino ad oggi forme di censura o etichette da parte dello staff di Twitter, che invece in questi giorni ha ritenuto di dover sanzionare un paio di tweet del presidente Trump. Prendiamo atto che le regole di Twitter sull’apologia della violenza non si applicano quando a twittare sono islamisti, jihadisti e dittatori di ogni sorta…

Il tweet incriminato, tra le altre cose, non è stato pubblicato solo da Khamenei, ma anche dal ministro degli esteri Zarif, che ovviamente ha indicato alle missioni diplomatiche iraniane nel mondo di condividerlo. Tra chi ha ritwittato, troviamo anche l’account ufficiale dell’ambasciata iraniana a Roma. Così come quello del consolato iraniano di Milano, che ha provato anche a giustificare la scelta di condividerlo, scrivendo che “è disgustoso che coloro che hanno trovato la soluzione finale nelle camere a gas attacchino chi cerca con un referendum una vera soluzione nelle urne. Perché gli Usa e l’Occidente temono tanto la democrazia?”. Risibili giustificazioni, che dimostrano ancora di più quanto l’uso del termine “soluzione finale” da parte di Khamenei imbarazzi la stessa diplomazia iraniana (altrimenti, perché spiegarlo?).

Ma non è la questione terminologica che ci interessa, piuttosto ci chiediamo: possibile che il Ministero degli esteri italiano accetti passivamente che una rappresentanza diplomatica – accreditata presso il Quirinale – si permetta di diffondere una simile propaganda sui suoi account ufficiali? Possibile che 70 parlamentari della Repubblica guidati da Laura Boldrini si agitino per la questione della Valle del Giordano – con tanto di appello al premier Conte e interrogazione parlamentare al Ministero – ma non sentano l’esigenza di dimostrare la stessa indignazione – almeno – quando si tratta non di discustere lo status di un territorio, ma addirittura la sparizione di un intero Stato (Israele), alleato dell’Italia e riconosciuto pienamente dalle Nazioni Unite? Possibile che l’Ue stia discutendo di possibili azioni contro Israele nel caso in cui Gerusalemme decidesse di annettere la Valle del Giordano, ma non sia in grado di promuovere un totale isolamento del regime iraniano, quando questo – ancora una volta – invoca la sparizione di un altro Stato della comunità internazionale?

Si tratta di un evidente doppio standard che è tempo di superare. È tempo che la Farnesina si faccia sentire con i diplomatici iraniani accreditati a Roma: che senso ha contrastare la propaganda antisemita e l’hate speech sui social media, se poi si tollerano da una rappresentanza diplomatica?