L’ultima cosa che serve in questo momento al presidente del Consiglio Conte, già costretto a difendere sui giornali la sua poltrona insidiata dalle ombre di Colao e Draghi, è un incidente con la Casa Bianca, che tra l’altro proprio nei giorni scorsi ha assicurato massicci aiuti sia sanitari che economici all’Italia per far fronte alla crisi da Covid-19. Ci ha pensato domenica mattina il professore, e consulente del governo, Walter Ricciardi, con un suo tweet velenoso (non è il primo) contro il presidente Trump. E da Washington, passando per Via Veneto, il malumore è giunto fino a Roma, perché nel primo pomeriggio, al risveglio americano, alcuni media Usa – come Gateway Pundit – quel tweet l’hanno riportato.
Ricciardi ha rilanciato, commentando con un laconico “beloved”, un tweet del regista di estrema sinistra Michael Moore a cui è allegato un video che riprende diverse persone mentre tirano pugni e calci ad un pupazzo con la maschera di Trump. Insomma, roba che ti aspetteresti twittata da un tredicenne. Dopo qualche ora, quando il caso era ormai esploso, tweet rimosso e sostituito con una toppa peggiore del buco (ritwittava ancora quel video), poco dopo rimossa pure quella.
Ma purtroppo il consulente del governo italiano non è nuovo a questi tweet che, diciamo, esulano dalle sue competenze.
Solo pochi giorni fa, giovedì scorso, un altro attacco infantile via Twitter al presidente Trump: stavolta il video ritwittato è preso dal social cinese Tik Tok, e mette a confronto una breve frase dell’attuale presidente con un discorso più compiuto dell’ex presidente Obama, in pratica per incolpare il primo dell’attuale diffusione del contagio negli Stati Uniti e celebrare, invece, la lungimiranza del secondo (ma lo screenshot parla da solo). Più “articolato” stavolta il commento del professore:
“Le elezioni hanno conseguenze, quando il popolo vota avventurieri, populisti e sovranisti questi poi prendono decisioni che hanno conseguenze, in questo caso tagli su ricerca, sanità, innovazione”.
Il problema è che Ricciardi non è un medico o un attivista qualunque. Rappresenta infatti il governo italiano presso il comitato esecutivo dell’Oms ed è dal 23 febbraio, dall’inizio della fase più acuta dell’emergenza Covid-19 nel nostro Paese, consulente del Ministero della salute del Governo Conte, con i risultati che vedremo tra poco. Nel suo curriculum politico figurano anche la presidenza dell’ISS nel 2015 (governo Renzi) e una candidatura nelle liste di Scelta Cinica, del professor Mario Monti, nel 2013.
Non una giornata facile quella di ieri per Ricciardi. Finora abbiamo sempre pensato che fosse un membro dell’Organizzazione mondiale della sanità, e a chi lo presentava così lui non ha mai precisato, ma ieri a Rainews24 è arrivata una prima smentita da Ranieri Guerra, direttore aggiunto dell’Oms: “Il mio collega Walter Ricciardi non è dell’Oms, è il rappresentante italiano presso il board dell’Oms. Non ha niente a che fare con l’organizzazione. È un supercampione della sanità pubblica nazionale, ma non parla a nome dell’Agenzia”. “Sono il rappresentante italiano nel comitato esecutivo dell’Oms, designato dal governo (Gentiloni, ndr) per il periodo 2017-2020. Non sono cioè un dipendente dell’Oms”, è costretto a chiarire subito Ricciardi.
In serata, una doccia ancora più fredda: l’Oms diffonde una nota in cui prende nettamente e gelidamente le distanze dal professor Ricciardi, tanto da chiedere ai media di “evitare espressioni che potrebbero suggerire che il professor Ricciardi lavori e/o rappresenti l’Oms”. Il comitato esecutivo dell’Oms, spiega la nota, “è in realtà composto dai rappresentanti dei governi, e non da staff dell’Oms”. Le sue opinioni, comprese quelle riguardanti il Covid-19, “non necessariamente rappresentano le opinioni o le politiche dell’Oms e quindi non devono essere attribuite all’Oms né ai suoi organi”.
Un comunicato giunto dopo la precisazione di Guerra a Rainews, ma soprattutto dopo il tweet anti-Trump di ieri mattina e il polverone che ha sollevato. L’Oms ha già troppi guai con Trump…
E forse una sconfessione tardiva e un po’ ipocrita, perché è vero che è una sorta di nostro “ambasciatore” all’Oms, e non un rappresentante dell’organizzazione, ma è anche vero che in questi mesi Ricciardi ha fedelmente riportato e incarnato in Italia, davanti all’opinione pubblica e al governo, le linee guida dell’Oms, a cui guarda caso il nostro Paese si è sempre più uniformato dopo la sua nomina a consulente del Ministero della sanità. E non si contano, ovviamente, i suoi “grazie Cina” per gli aiuti e le sue lodi al modello Cina di risposta all’epidemia, anche su questo allineato all’Oms. Non ci stupiremmo se lo vedessimo presto comparire nel cda o come advisor di qualche compagnia cinese o in qualche fondazione filo-cinese…
Nonostante la giornata complicata, Ricciardi non ha rinunciato ai suoi interventi televisivi. Prima a SkyTg24, poi da Fazio: “È assolutamente troppo presto per iniziare la fase due… potrà partire, soprattutto in alcune Regioni, quando conteremo i nuovi casi sulle dita di una mano e non certamente con numeri a quattro cifre”. Ma siamo realistici: a meno di non imbrogliare sui numeri come ha fatto e sta probabilmente facendo il regime di Pechino, il cui “modello” è stato lodato dall’Oms e importato in Italia, su consiglio, tra gli altri, proprio di Ricciardi, conteremo i nuovi casi sulle dita di una mano tra mesi (“in certi casi nei prossimi mesi”, ammette lui stesso), o forse mai. Nel frattempo, cominceremmo a contare i morti da catastrofe economica.
Tra l’altro, sarebbe sufficiente solo un po’ di logica, ma ora anche uno studio scientifico di un team internazionale di medici e ricercatori, costituito dall’italiano Stefano Centanni (direttore dei reparti di pneumologia degli Ospedali San Paolo e San Carlo di Milano), arriva alla conclusione che “sono solo i primi 17 giorni successivi all’applicazione delle misure di contenimento a determinare l’entità della diffusione del contagio nella pandemia di Covid-19, che sembra dipendere esclusivamente dai focolai divampati per caso nei primi giorni e non dalle differenze nel rigore del lockdown“, come dimostra l’osservazione comparativa dello sviluppo dell’epidemia in Paesi che hanno adottato approcci anche molto diversi. Qualsiasi misura restrittiva (come la chiusura delle industrie o i divieti alla libertà di movimento dei cittadini) applicata dopo i primi 17 giorni, ma mettiamo pure 3-4 settimane, “incide poco o nulla sull’andamento dei contagi e sul numero finale delle vittime”. Insomma, quel che è fatto è fatto.
C’è da augurarsi quindi che il super-consulente Ricciardi sia molto meno ascoltato oggi dal governo Conte di quanto lo era quando suggeriva che alle persone sane le mascherine non servissero a niente, quando metteva in dubbio l’affidabilità dei test delle Regioni perché a suo dire i positivi erano “sovrastimati”, o ancora quando bollava come un “errore”, contrario all’evidenza scientifica e alle linee guida dell’Oms, testare gli asintomatici come stava facendo la Regione Veneto – salvo poi cambiare idea a metà marzo, al mutare delle indicazioni dell’Oms, che dal testare soggetti solo sintomatici, che fossero stati a contatto con positivi o provenienti da focolai, passava con nonchalance alla linea “test, test, test”, invitando tutti i Paesi a moltiplicare i tamponi.
Un mutamento di linea più che sospetto, tra l’altro, quello dell’Oms, che sconsigliava di testare e quindi di cercare gli asintomatici quando l’epidemia era ancora circoscritta, e all’apice, in Cina, e dopo che Pechino aveva già deciso di testare solo i casi più gravi. Un approccio che di certo, in quel momento, aiutava la curva dei casi positivi in Cina ad abbassarsi più rapidamente.
E meno male che Ricciardi non era ancora consulente del governo quando si pronunciava contro la chiusura dei voli diretti dalla Cina, mentre Xi Jinping sigillava Wuhan ma guarda caso non fermava i voli internazionali.
Sempre nell’intervista di ieri a SkyTg24 c’è tra le righe una importante e definitiva ammissione di responsabilità:
“Nella seconda fase proponiamo di estendere la tamponatura ai sintomatici molto lievi, quelli che hanno un solo sintomo e che esordiscono con un colpo di tosse e soprattutto con la febbre, e isolarli immediatamente nel caso risultino positivi e poi tracciarli tecnologicamente in modo tale da risalire ai contatti in modo rapido”.
Se tutto questo si farà “nella seconda fase”, vuol dire che non si è fatto nella prima, e a questa strategia sbagliata si deve molto probabilmente, come sostengono ormai molti medici e scienziati, la totale perdita di controllo della diffusione del virus in Lombardia nei cruciali 7-10 giorni dopo l’esplosione del focolaio di Codogno.