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Il coronavirus fa strage dei capisaldi ideologici della sinistra: le accuse di razzismo, la guerra alla plastica, la scienza

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Il coronavirus fa strage della solita realtà ideologica, irreale, zeppa di luoghi comuni, di fughe dalla logica, ma gli ideologizzati a tempo pieno non lo digeriscono, reagiscono ringhiando. Il segretario Pd Zingaretti annuncia di essere contagiato e scatta la solidarietà ideologica. E lo è, ideologica, perché patisce falle da tutte le parti, perché proviene dai soliti restiamo umani che non si tengono dall’augurare lo sterminio, per via virale, dei Salvini, delle Meloni. È curiosa però la percezione italiana dei politici: vengono infamati per tutto, anche per ciò di cui non sono responsabili, “piove, governo ladro”, ma appena uno di loro si trova in difficoltà tutto è perdonato, riceve più attenzioni, più solidarietà del normale cittadino zero, del paziente nessuno. I positivi al coronavirus sono migliaia, ma passano come effetti collaterali, inevitabili. Il politico di potere invece merita o comunque riscuote ogni scrupolo, ogni preoccupazione, ogni giaculatoria: il servilismo naturale dell’italiano da nord a sud, quello del “servo suo sior” e quello del “vossia comanda”, si combina con la strategia, maldestra ma pavloviana, per censurare, per spegnere i cervelli e impedire la riflessione: che il segretario di sinistra, peraltro asintomatico, possa e debba guarire è un augurio e una certezza. Però rivolte alla persona. Non al politico. Del politico vanno rimarcati i messaggi, i comportamenti sconsiderati o temerari, gli inviti ad abbracciare i cinesi, gli aperitivi con la meglio gioventù del partito, il compatimento ostentato verso chi temeva quanto si andava verificando: non dovremmo farci caso? Non dovremmo ricordarlo? Non dovremmo notare che quelle certezze gli si sono sciaguratamente ritorte contro? E trarne un auspicio di maggiore prudenza?

No, non si deve, non si può. Crea fastidio, crea imbarazzo. Chi si azzarda, come Maria Giovanna Maglie o il sottoscritto, subito coperto di gogna in fama di sciacallo, di cinico, destinato ad ammalarsi lui, a vedere la propria madre soccombere al morbo. Ma non dicevano, ridendo, irridendo, che era solo una banale influenza? Allora perché adesso tutta questa isteria? E perché, prima, tanta leggerezza? Ma è chiaro: perché serviva a cavarne una speculazione politica, ossia ideologica: avete visto, noi siamo col popolo, noi non abbiamo paura, contestiamo i confini e difendiamo i cinesi, li abbracciamo perché siamo buoni ed evoluti, non rozzi, razzisti e fascisti e sovranisti come Salvini, come “le destre”, così apostrofate da Zingaretti al sommo del disgusto e del disprezzo. Ma nel mettere in correlazione comportamenti e conseguenze non c’è ironia, non c’è sarcasmo: l’ironia è nei fatti, e non è possibile né lecito evitare di percepirla. Ragione per cui gli ideologizzati a tempo pieno schiumano rabbia, segnalano, fanno rete diffamatoria secondo la più radiosa tradizione comunista.

L’altro caposaldo ideologico che va a pallino in questa situazione ormai da tregenda è la guerra alla plastica di stampo ecologico-gretino. La plastica madre di tutti i mali, di tutti gli inquinamenti e chi non ci sta, chi osserva che la plastica può anche salvarti la vita o almeno rendertela più accettabile, subito maledetto; chi sa che non è la plastica a rovinare il mondo, casomai il pessimo uso che se ne fa, immediatamente bandito dal cerchio degli umani, ad opera di quelli che restano umani. Ma dal virus ci salva, almeno ci scorta, la plastica in tutte le sue forme e i suoi usi, igienico, profilattico, alimentare. Non Greta. Non i discorsi millenaristici sulla natura che si vendica e sull’apocalisse in marcia se non cambieremo stile di vita, che tradotto significa: voi dovete fare a meno di tutto, tornare al mulo e alla caverna, io che sono diverso, sono umano, uso tutto dall’aeroplano all’usa e getta perché la mia causa è diversa, è nobile. Perché io sono colto, sono competente.

A proposito di competenza, si registra il crollo della terza colonna ideologica, la più ambigua di tutte: la scienza, sempre la scienza e solo la scienza. Sì, la scienza è importante, ma mai definitiva. Prova ne sia che gli stessi studiosi, virologi, sanitari discutono, litigano, si dividono quanto a cause, azioni, soluzioni. Non si sa ancora abbastanza del coronavirus circa origine, antidoto, comportamenti e debellarlo non sarà facile né immediato. Serviranno tentativi, errori. In compenso sappiamo che dalla Cina si è perso tempo prezioso, come sempre quando c’è di mezzo un regime più totalitario che autoritario. Successe con Chernobyl, e ancora ci portiamo appresso i luoghi comuni circa la nocività del nucleare, quando invece ad essere micidiale fu un governo sovietico ormai stremato. E succede adesso col coronavirus. Ma la scienza, di per sé, è una certezza in perenne attesa di confutazione. Non un totem. Non una formula magica. La scienza, si vuol dire, andrebbe maneggiata anch’essa con cura e con rispetto, non come una clava; quando scade a ideologia non è più scienza. È la sua negazione, è superstizione.

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