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Il cortocircuito della sinistra multiculturalista: a difendere Mila dalle minacce islamiche è la destra

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Francia, Europa. Le minoranze interessano alla sinistra finché arruolabili alla battaglia anti-occidentale e anti-borghese: tra i diritti delle donne e Lgbt e l’integralismo islamico non ha dubbi, si inchina a quest’ultimo

Mila Orriols è una liceale francese di 16 anni. È omosessuale ed è un “tipo alternativo”, piercing e capelli viola. Cantante in erba, bella voce e bell’aspetto, si atteggia un po’ su Instagram a “donna di tendenza”, come, in fondo, molte ragazze della sua età.

Fin qui tutto normale. Mila è uno dei tanti “personaggi della Rete”. Come lo siamo – chi più chi meno – tutti noi che diamo scorci selettivi della nostra vita in pasto al mondo dei “social”.

Due settimane fa le capita di postare un video leggero che parte dai gusti sentimentali e poi si “infogna” in un argomento un po’ sensibile, la religione – segnatamente, per sua sfortuna, la religione musulmana.

Atea convinta, comincia a usare espressioni molto forti – diciamo pure blasfeme – contro l’Islam. Espressioni volgari, ma non più di qualche manifesto o slogan anti-cristiano che si può occasionalmente trovare in qualche “Gay Pride”.

Da quel momento la ragazza è stata oggetto di un crescendo di intimidazioni e di aperte e concrete minacce di morte e di stupro che le hanno sostanzialmente distrutto la vita. È costretta a nascondersi e non può più andare a scuola.

Il caso di Mila è arrivato in tv, sui giornali francesi e su importanti quotidiani esteri, ma alla ragazza è arrivata ben poca solidarietà dagli ambienti progressisti normalmente in prima linea nell’ostentata difesa della laicità, dei diritti delle donne e degli omosessuali.

Ovviamente la solidarietà a Mila non le era dovuta per quello che ha detto, non necessariamente di buon gusto, quanto per la “fatwa” subita, per la “condanna a morte” virtuale che pesa su di lei per la sola ragione di aver pronunciato frasi offensive nei confronti di una religione; per il fatto che da quando ha parlato è vittima di una persecuzione costante con connotati sessisti e omofobi.

Dopotutto, anche la campagna Je suis Charlie non si riferiva al fatto che le vignette della rivista fossero condivisibili o divertenti, ma al fatto che pubblicarle non doveva essere una buona ragione per ritrovarsi con una pallottola nello stomaco.

Invece, nessun particolare sostegno “da sinistra” è arrivato alla sedicenne, neppure quando il delegato generale del Consiglio francese del Culto Musulmano ha affermato che la ragazza se l’è cercata e che sta solo raccogliendo quanto ha seminato.

Addirittura il ministro della giustizia Nicole Belloubet, in una dichiarazione televisiva che si è poi parzialmente rimangiata, ha persino in qualche misura riabilitato il “delitto di blasfemia”, legittimando così la “caccia a Mila”.

Le principali difese di Mila sono arrivate da destra, da giornali e riviste moderati come Le Figaro, L’Express e Le Point, da vari deputati “gollisti” dei Républicains, dal leader “sovranista” Nicolas Dupont-Aignan e anche dalla leader del Rassemblement National Marine Le Pen. Secondo quest’ultima, “le frasi di questa ragazza sono la descrizione orale delle vignette di Charlie; si possono ritenere volgari, ma non si può accettare che per questo alcuni la condannino a morte nella Francia del ventunesimo secolo”.

Insomma, a difendere una giovane donna omosessuale da una vittimizzazione vera – non da qualche presunta oppressione di patriarcati immaginari – devono scendere in campo i “conservatori”. E la sensazione è che questo è uno scenario che diventerà sempre più frequente in futuro fino a ridefinire alcune delle categorie che finora sono state date per scontate.

E non ci si deve stupire se nel momento in cui la rappresentanza delle tradizionali “minoranze” sfuggirà di mano alla sinistra, tutto a un tratto diverrà “meno desiderabile”, “meno alta”, “meno nobile”.

Così come la sacrosanta bandiera del “popolo” è diventata deleterio “populismo”, nel momento in cui si è scoperto che il popolo vota a destra, si avvicina il giorno in cui anche la difesa dei diritti dei gay o delle donne diverranno evidente spia di pericolose tendenze reazionarie.

Certo, i tempi non sono ancora del tutto maturi, ma da sinistra si sta ormai costruendo tutto l’armamentario ideologico necessario a combattere i nuovi fronti – a cominciare dal vocabolario.

È qualche anno che, ad esempio, le accuse di “pinkwashing” o di “omonazionalismo” hanno cominciato a circolare in relazione alle politiche gay-friendly di Israele, alla solidarietà degli ambienti conservatori verso il mondo gay dopo la strage islamista di Orlando nel 2016 o alle politiche del presidente Trump a difesa dei diritti dei gay nei Paesi del mondo in cui l’omosessualità è criminalizzata.

Così come comincia a prendere piede il termine “femonazionalismo” per indicare il viziaccio degli occidentali di essere troppo affezionati all’uguaglianza tra uomini e donne per aprirsi all’accettazione delle “diverse culture”.

Il fatto è che le tradizionali minoranze autoctone dell’Occidente sembrano di interesse per la sinistra solo nella misura in cui risultano arruolabili alla battaglia anti-occidentale e anti-borghese. Sugli ebrei ormai la sinistra non punta già più – la loro “slealtà” alla causa rivoluzionaria è da tempo manifesta.

Ma anche “le donne” e “i gay” sono sempre meno disposti a confinarsi nelle caselle politiche che la sinistra ha individuato per loro.

In questo contesto, è nell’immigrazione che il progressismo individua il terreno di lotta più promettente per il futuro. Non tutta l’immigrazione è utile a questo scopo, ma certamente lo è quella culturalmente disomogenea, perché più difficilmente integrabile e assimilabile nella società borghese, e quindi più a lungo in grado di assicurare un “fronte di conflitto”.

Per chi passa la vita a progettare la rivoluzione, la scelta tra le pacifiche rivendicazioni di minoranze occidentali e il “potenziale di rivolta” garantito da milioni di persone ai margini dal nostro tessuto sociale, economico e culturale non può che risolversi a favore del secondo.

In questo contesto, è auspicabile che le forze liberali, moderate e conservatrici provino ad occupare i tanti spazi che la sinistra lascerà sguarniti e si preparino ad offrire piena rappresentanza alla pluralità e alla varietà del nostro Occidente – non solo alle aspirazioni di chi sceglie stili di vita tradizionali, ma anche ai sogni di una ragazza anticonformista dalla chioma viola.