Il primo ottobre, in una intervista rilasciata al sito della Guida Suprema Ali Khamenei (e poi ripresa da tutte le agenzie iraniane), il capo della Forza Qods dei Pasdaran, generale Qassem Soleimani, ha preteso di fare alcune rivelazioni rispetto alla guerra intercorsa tra Israele e Hezbollah nel 2006.
In buona sostanza, smacchiata di tutti gli slogan religiosi, il messaggio finale è questo: cari libanesi, nel 2006 non abbiamo potuto aiutarvi perché gli americani si trovavano sul suolo iracheno e questo ci ha impedito di intervenire direttamente nel conflitto.
Un messaggio che arriva nello stesso momento in cui, sempre dall’Iran, fanno sapere di aver sventato un tentativo di attentato contro lo stesso Soleimani, che avrebbe dovuto aver luogo ad inizio settembre, proprio durante il periodo dell’Ashura, la festa islamica sciita in cui si ricorda il martirio dell’Imam Hussein.
Perché tutta questa campagna mediatica? Soprattutto: perché ora? La risposta è univoca, così come il messaggio politico e geopolitico, che deve essere preso molto seriamente. Questo messaggio, infatti, ha implicazioni ampie, che riguardano il futuro dell’Iran e soprattutto la sua percezione della regione stessa.
In primis, non è un caso che Soleimani parli proprio poco dopo l’Ashura e non è un caso che il supposto tentativo di ucciderlo – di cui, neanche a dirlo, vengono accusati gli Stati arabi e Israele – vengono fuori ora. La chiave per leggere il messaggio religioso si riassume nella parola “martirio”, fondamentale nello sciismo. L’obiettivo quindi è quello idealmente di elevare lo status di Soleimani a quello dell’Imam Hussein, martire potenziale per la causa dell’Islam (ovviamente quello sciita, ovviamente quello in versione khomenista). Da qui possiamo dedurre che Qassem Soleimani punta a ribadire di essere lui uno dei pochi veri padroni della politica iraniana, pronto (magari) a prendere il posto dello stesso Rouhani. Il che vuol dire, parlare di un Iran direttamente nelle mani dei Pasdaran…
Il messaggio geopolitico, se possibile, è ancora più inquietante: facendo una diretta connessione tra Iraq e Libano, il messaggio di Soleimani è che, rispetto al 2006, ora l’Iran ha un potere maggiore e potenzialmente ritiene di controllare la strada che direttamente porta da Teheran verso Beirut, passando appunto per Baghdad. Non è un caso che questo messaggio arrivi nello stesso momento in cui, il capo dei Pasdaran Salami, afferma che oggi più che mai la distruzione di Israele è possibile e reale.
Ovviamente è un messaggio semplicistico e propagandistico, ma ripetiamo da prendere con estrema serietà. Va preso seriamente perché oggi l’Iran controlla indirettamente mezzo Iraq, attraverso le milizie della Forza di Mobilitazione Popolare. Una interferenza che sta causando – insieme alla corruzione e alla fame – la protesta di migliaia di iracheni, che chiedono la fine dell’ingerenza iraniana nel Paese. Della presenza iraniana in Siria non serve neanche parlarne, basti qui ricordare che oggi l’Iran sta stabilizzando questa sua presenza, prendendo il controllo non solo di parte del porto di Latakia, ma anche di alcuni villaggi al confine tra Siria e Libano. Se a questo si aggiunge il controllo della Valle della Bekaa – ovvero del feudo di Hezbollah – la proiezione imperialista verso il Mediterraneo, e il controllo a tenaglia di quasi tutto il Libano, è praticamente completata.
Si tratta di un messaggio che non devono recepire solamente gli americani, ma anche e soprattutto gli europei. In questo senso, lo deve recepire bene l’Italia, impegnata con i suoi militari nella missione Unifil 2. Questo imperialismo iraniano non deve affascinare e non deve essere preso come immodificabile. La presenza regionale del regime iraniano non è e non sarà la soluzione ai problemi del Medio Oriente, ma al contrario ne aumenterà solamente l’instabilità. Questa presenza, non è immodificabile, perché l’Iran è solo l’ennesimo gigante dai piedi d’argilla. La condizione economica dell’Iran, infatti, è pessima, e davanti ad un fronte diplomatico unito pronto ad isolare Teheran a livello politico e finanziario, non ci sarebbe alcun Soleimani capace di reggere la pressione delle proteste sociali degli iraniani stessi. La questione quindi non è se si può fermare Teheran, ma come farlo. Certamente, i piani francesi/europei di regalare soldi alla Repubblica Islamica per tenerla nel JCPOA, sono la risposta più sbagliata…