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Il giorno dopo non restano che tifo da stadio e insulti al nemico battuto. Ma il campionato è lungo

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Ancora caldi di risultati elettorali, benché soltanto regionali, stiamo già assistendo alla tifoseria più becera. Gli ultras della politica, che come quelli del calcio capiscono poco di ciò che gridano, si stanno scatenando in una scomposta gazzarra post-elettorale che è una grande e severa conferma: di politica, quella vera, ne capiamo davvero poco.

Il contorto teorema che viaggia sul web, vera finestra sulla società, è, pressapoco, questo: fino a domenica pomeriggio sembrava uno scontro tra civiltà e barbarie, tra premi Nobel ed australopitechi. Poi gli exit poll, le maratone televisive ed i risultati (abbastanza scontati). Ecco che la musica cambia subito: quelli che, a detta dei (sorpresissimi) vincitori, seguivano passivamente il “capitone” (come chiamano Salvini), da pericolosi nemici della Patria all’improvviso sono diventati quattro gatti innocui e risibili; e l’Emilia Romagna, fino all’altro ieri da loro stessi dichiarata ininfluente sul piano nazionale, è diventata magicamente l’indicatore della politica nazionale, del buio governo ed il vero caposaldo della democrazia in Italia.

Ciò accade per un duplice motivo. Da una parte, il dolce sapore della vittoria (perché quella è stata, inutile negarlo) inebria e spinge all’entusiasmo ed all’esagerazione da festeggiamenti. Ma temo che sia anche e soprattutto conseguenza della nostra diffusissima propensione a buttarla in caciara, come dicono a Roma, quando non si voglia approfondire e magari prendere in mano una calcolatrice, ma soltanto si desideri infliggere una punizione al nemico del momento. Dico nemico, e non avversario. Il nemico lo si odia e si cerca di farlo fuori anche nel più scorretto dei modi, mentre l’avversario lo si rispetta in quanto nostro contendente, poiché nessuno di noi ammetterebbe di competere soltanto con delle mezze pippe. Quelli che oggi hanno riempito i social di insulti agli “sconfitti”, sono i veri odiatori, alla faccia delle loro campagne anti-haters. Non uno, dico non uno solo, ha riconosciuto allo sconfitto Salvini (perché, diciamolo, la sua candidata Borgonzoni non ha brillato per personalità) gli ha offerto l’onore delle armi. Le meritava. Perché sempre le meritano gli sconfitti in libere e democratiche elezioni tenutesi in un Paese civile.

A proposito di Paesi civili: qualcuno dovrebbe spiegarmi come sia avvenuto il miracolo. Quale? Ancora domenica pomeriggio, ossia durante le operazioni di voto, un massimo esponente del Pd scriveva su Twitter: “Poi non lamentatevi eh…”. Pensavano di perdere e già trattavano gli elettori emiliani e romagnoli da dementi. Poi, dopo aver appreso di aver vinto, già a valigie fatte, magia… gli emiliano-romagnoli sono diventati le persone più capaci e gli elettori più avveduti del pianeta. Misteri della politica e dei partiti (che, lo ripeterò fino alla nausea, sono i veri vincitori, più dei loro esponenti).

Ma questo accade ai piani alti della politica. A quelli bassi, ma determinanti, nei quali ci dibattiamo noi poveri e sfigatissimi elettori, il giorno dopo non sembrerebbe rimanere altro che tifo da stadio, fatto di cori non sempre divertenti e rime che non stanno nemmeno nella metrica. Più che giocare meglio dell’altra squadra, sembra contare ed interessare maggiormente l’insulto per quelli con la maglia diversa, incuranti se, talora, proprio quella maglia non la si sia indossata noi stessi in passato. Ed il campionato è ancora lungo.