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Il “moderato” Rouhani chiede alla Siria di attaccare Israele, ma la sua influenza su Damasco si è ridotta

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Ieri il nuovo ministro degli esteri siriano Faisal Mekdad, nominato da poco a capo della diplomazia di Damasco dopo la morte di Walid al-Moallem, ha fatto visita a Teheran, dove ha incontrato (tra gli altri) il presidente Rouhani e il segretario del Consiglio Supremo di Sicurezza Nazionale, Ali Shamkhani. In questo secondo incontro, come da tradizione del regime iraniano, ha auspicato la distruzione di Israele, sostenendo che un mondo senza lo Stato ebraico sarebbe un mondo più sicuro.

In questo caso, però, ci interessa di più l’incontro tra Mekdad e Rouhani. Durante il loro colloquio, il presidente iraniano ha affermato che contrastare Israele rappresenta un “comune intento” dell’Iran e della Siria e ha di fatto invitato Damasco ad aprire un secondo fronte contro Gerusalemme dal Golan.

Ora, quella che apparentemente potrebbe sembrare una prova di forza, ad uno sguardo attento sembra essere l’ennesima dimostrazione della attuale estrema debolezza della Repubblica Islamica. In tal senso, vanno ricordate due cose. Primo, nonostante lo stato costante di conflitto, il Golan è il confine più stabile per Israele dopo il 1973. Al di là dei proclami e dell’alleanza con l’Iran, Assad padre e figlio hanno sempre preferito evitare il confronto aperto con Israele, ben consapevoli dei rischi di sconfitta e di caduta conseguente del loro regime. La stabilità di quel confine è stata mantenuta anche durante le fasi più cruente della guerra civile siriana, nonostante quel conflitto sia stato il pretesto, per Hezbollah e i Pasdaran, per infiltrare la zona. I costanti e precisi interventi dell’aviazione militare israeliana contro i carichi di armamenti che Teheran ha provato a trasportare nella zona, e l’intesa tra Gerusalemme e Mosca per evitare scontri sui cieli siriani, hanno di fatto segnato il fallimento del tentativo iraniano di cambiare le carte in tavola, approfittando della incapacità di Assad di controllare la zona.

La seconda cosa da ricordare, che solo Atlantico Quotidiano ha riportato qualche giorno fa, è la fuga di Nasrallah dal Libano per rifugiarsi in Iran in seguito alla morte di Mohsen Fakhrizadeh. Vi abbiamo anche segnalato che Teheran aveva chiesto proprio a Damasco di aprire un secondo fronte con Israele nel Golan. La stessa identica richiesta fatta, per l’appunto, da Rouhani a Mekdad. In quel caso, la richiesta a Damasco è arrivata per mezzo dei Pasdaran mentre, come suddetto, oggi arriva direttamente dal presidente iraniano. Alla richiesta dei Pasdaran, Damasco ha opposto un secco no, giustificando il diniego con la necessità di focalizzarsi sul fronte interno. Evidentemente, quel no deve essere stato preso male da Teheran, che ha alzato la posta esprimendo la richiesta pubblicamente e per bocca della seconda carica del regime.

Di fatto, quindi, l’Iran sembra dire di essere oggi impossibilitato a colpire Israele per “vendicarsi” delle supposte azioni dello Stato ebraico contro i vertici del regime. Nel frattempo, mentre il regime iraniano prova a capire in tutti i modi come colpire Israele, su un ponte ad est di Teheran nella notte tra il 7 e l’8 dicembre, è comparsa una bandiera di Israele con sotto scritto in farsi “grazie Mossad”.

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