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Il niet del governo al crowdfunding mortifica lo spirito d’impresa, e speranze di crescita e innovazione

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Pubblichiamo un intervento di Giulio Centemero, deputato, capogruppo in Commissione Finanze e tesoriere della Lega

Sempre “à côté de la plaque” come si direbbe in francese. Il governo prova a fare un passo avanti ma alla fine dimentica qualcosa e i risultati deludono sempre una o più categorie (spesso tutte). Inutile persino oramai apprezzare i buoni propositi che si traducono sempre in mezze azioni.

Il 14 dicembre 2020 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto del Ministero dello sviluppo economico (MISE) che circoscrive le modalità attuative delle agevolazioni previste dall’articolo 38 del decreto Rilancio.
La misura, definita “Smart Money”, regola le modalità di fruizione dei 9,5 milioni di euro per la concessione di contributi a fondo perduto per l’acquisizione di servizi prestati da parte di incubatori, acceleratori, innovation hub, organismi di ricerca. Norma inoltre anche le modalità di accesso ed erogazione dei fondi (almeno 60 milioni) allocati dal decreto Rilancio per agevolare gli investimenti in equity di business angels e altri soggetti pubblici o privati.

Fin qui nulla da eccepire. Non foss’altro che anche questa volta, i maître à penser della maggioranza ed in particolare gli uffici guidati dal prode Gualtieri, hanno lasciato indietro qualcosa. La misura, infatti, riconosce all’impresa un contributo a fondo perduto pari al 100 per cento dell’investimento nel capitale di rischio attuato dagli attori dell’ecosistema dell’innovazione abilitati, per un massimo di 30 mila euro per start-up innovativa.

L’investimento in equity, però, deve avere alcune caratteristiche: essere attuato dagli attori dell’ecosistema dell’innovazione abilitati; essere attuato in sede di costituzione della start-up innovativa o successivamente alla costituzione, ferma restando l’attuazione in data successiva a quella di adozione della delibera di ammissione ed entro i 24 mesi successivi alla medesima data; essere di importo non inferiore a 10.000 euro; non determinare una partecipazione di maggioranza nel capitale della start-up innovativa, anche per effetto della conversione di strumenti finanziari di quasi-equity eventualmente sottoscritti; essere detenuto per un periodo non inferiore a 18 mesi; non essere attuato tramite piattaforme internet di equity crowdfunding. Inoltre, tra i piani di attività ammissibili alle agevolazioni ci sono anche i lavori preparatori per campagne di crowdfunding.

Tuttavia, sia il decreto rilancio (art. 38, comma 2) sia il decreto attuativo del MISE (art. 8, comma 1) riconoscono come soggetti abilitati a erogare tali servizi: incubatori, acceleratori, hub e organismi di ricerca, business angels e investitori qualificati. Ma (udite, udite!) i portali di crowdfunding non sono menzionati.

Oggi il sistema che indica il processo con cui più persone (“folla” o crowd) conferiscono somme di denaro (funding), anche di modesta entità, per finanziare un progetto imprenditoriale conta nel 2020 investimenti per più 103 milioni di euro rispetto ai 65 del 2019, secondo quanto riportato da Stefania Peveraro su Milano Finanza del 12 gennaio. Il crowdfunding inoltre nel ciclo dell’equity è il passaggio precedente a quello della quotazione e comincia a prevedere delle misure che rendono il processo più trasparente rispetto ad altre tipologie di strumenti, oltre che a mettere “in vetrina” idee imprenditoriali e progetti stimolando il circolo virtuoso dell’investimento del risparmio privato sull’economia reale. Se poi prendiamo in considerazione l’aggiornamento del 2019 del regolamento Consob del 2013 relativo alla raccolta di capitali tramite portali online che ha previsto la possibilità di creare le cosiddette bacheche, ovvero una sorta di “secondario” anche per il crowdfunding, comprendiamo l’enorme potenziale di questo strumento.

Per tali ragioni io stesso ho provato a presentare in vari veicoli normativi l’estensione del credito d’imposta per i costi di consulenza per le quotazioni in borsa anche a quelli di “collocamento” sulle piattaforme di crowdfunding (l’ultimo tentativo è avvenuto nella legge di bilancio), ma da Via XX Settembre è sempre pervenuto un immotivato niet.

Così facendo, si mortifica lo spirito imprenditoriale degli italiani e si facilita la strada di chi vuole mettere le mani sui loro ingenti risparmi, una riserva che potrebbe fluire verso l’economia reale proiettando il Paese verso crescita e innovazione.

Considero la “svista” particolarmente grave e dannosa. I “claims” da soli non bastano. Sono utili se li gridi nelle piazze o li sbandieri sui social per cercare qualche like che alimenti il tuo ego smisurato, ma quando si governa è bene dare seguito concretamente a ciò che si dice. Oggi l’attenuante sono la crisi e la confusione istituzionale, ma domani … chissà!