Il pericoloso gioco nel Mediterraneo orientale/3 – L’unica sponda di Erdogan è a Berlino

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La Turchia è una potenza revisionista. Rinunciando al preteso ruolo di difensore del diritto internazionale, pure Berlino ha mostrato di essere una potenza revisionista. Assumendo una posizione oggettivamente filo-turca, Berlino ha mostrato di essere una potenza revisionista pure del Trattato Nato e delle clausole di difesa comune del Trattato Ue. Con l’obiettivo di divenire una “Grande Svizzera”, neutralizzata e demilitarizzata.

In un primo articolo abbiamo introdotto la disputa fra Grecia e Turchia, dal punto di vista del diritto internazionale. Concludendo che la Turchia quando parla dei propri “diritti”, intende quelli derivanti da una legge tutta propria: che assegna a se stessa una interpretazione assai generosa della non sottoscritta convenzione, pur negando ad Atene i suoi diritti certamente derivanti dalla convenzione. Tale legge tutta propria di Ankara ha pure un nome: “Mavi Vatan”, la Patria Blu. Che Ankara pretende essere basata “sul diritto internazionale, sulla giurisprudenza della Corte di Giustizia Internazionale”, esattamente nel momento in cui tale diritto internazionale essa si rifiuta di sottoscrivere, tale Corte si rifiuta di adire.

Ciò significa che la Turchia è una “potenza revisionista”, ovvero uno Stato che presenta un atteggiamento di forte critica o di totale rifiuto dell’assetto politico-territoriale stabilito dai trattati e l’aspirazione a mutarlo. Espressione diffusa dopo la Prima Guerra Mondiale, innanzitutto nell’Italia che voleva rivedere la ‘vittoria mutilata’, poi negli Stati sconfitti, che volevano recuperare le decurtazioni territoriali subite. Revisionista fu certamente Hitler, e non è un caso che il trattato che consentiva la riunificazione delle due Germanie, nel 1990, abbia imposto alla Germania il definitivo riconoscimento del confine tedesco-polacco. La Turchia non ha partecipato alla Seconda Guerra Mondiale, ma ha subito ampie decurtazioni fra la guerra italo-turca e la Prima Guerra Mondiale ed ambisce a rivedere quelle nel Mar Egeo.

Nei limiti in cui i suoi governanti a volte affermano di desiderare isole o parti della terraferma greca, la Turchia è una potenza revisionista del Trattato di Losanna del 1923. Ad esempio, sabato scorso, il primo vicepresidente turco Fuat Oktay ha detto che “lo stato turco e la nazione” non possono accettare di continuare a piangere vedendo Aignoussa, Chio, Casterosso in mano ai greci. Ma, per ora, formalmente Ankara pretende solo parti del mare greco: possiamo quindi definirla una potenza revisionista della convenzione di Montego Bay. Sino a nuovo avviso.

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In un secondo articolo abbiamo abbozzato la posizione di alcuni dei nemici che la Turchia si è fatta, in Occidente e nel Mediterraneo orientale, proprio a causa del proprio revisionismo. Concludendo come essa appaia isolata, con una unica eccezione notevole: la Germania.

Anzitutto, il ministro degli esteri tedesco Heiko Maas da mesi conduce un tentativo di ‘mediazione’. Come abbiamo visto, gli è stato risposto: dal greco Dendias che Atene avrebbe difeso i propri diritti (cioè la convenzione di Montego Bay); dal turco Cavusoglu che Ankara pretendeva non vi fossero pre-condizioni (cioè niente convenzione di Montego Bay) ed anzi definiva il riferimento alla convenzione come un “approccio massimalista”. Il che descrive il mondo all’incontrario tipico di ogni potenza revisionista: in cui attenersi ai trattati diviene una posizione massimalista, violare i trattati una posizione ragionevole.

Maas ha reagito invitando le parti ad accettare “colloqui diretti con oneste intenzioni”, per poi specificare “nei quali entrambi i punti di vista siano messi sul tavolo”. Col piccolo problema che il punto di vista turco è revisionista: per Ankara, nessun dialogo è possibile se prima Atene non si sarà privata della protezione della legge internazionale. Con due conseguenze: la prima, Berlino ha oggettivamente rinunciato al proprio preteso ruolo di difensore del diritto internazionale; la seconda, invitando Atene a commettere un simile errore, Berlino ha assunto una posizione oggettivamente filo-turca.

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La prima, Berlino ha oggettivamente rinunciato al proprio preteso ruolo di difensore del diritto internazionale.

Infinite sono le volte che Merkel si è esibita da gran difensora del diritto internazionale, a mero titolo di esempio: dopo l’annessione russa della Crimea (“sanzioniamo la Russia per la difesa della legge internazionale”), accettando il Premio Fulbright (“la legge internazionale è messa in questione, è nostro dovere opporci”), criticando le colonie israeliane in Cisgiordania (“sono una violazione della legge internazionale”), contestando le sanzioni americane su Nord Stream 2 (“sono in violazione del diritto internazionale”) ed infinite altre volte. Ma è specialmente nei suoi costanti attacchi a Trump che la cancelliera si è esposta, una volta gli tenne una lezione sulla Convenzione dei Rifugiati ed i di lei aedi recitano “Merkel rappresenta tutto ciò che Trump detesta: globalismo, multilateralismo, diritto internazionale”. Particolarmente entusiasta Marta Dassù:

“La Germania è una nuova potenza basata sul commercio e multilateralista, per la quale il diritto internazionale e le istituzioni internazionali sono di fondamentale importanza”.

E invece no. Per la Germania il diritto internazionale non è di fondamentale importanza, anzi: tant’è che Maas è pronto a gettarlo via alla prima occasione. È una sorpresa? Non tanto, per chi abbia un minimo di memoria e ricordi che la Germania riunificata fu il primo Paese al mondo (col Vaticano) a riconoscere l’indipendenza di Slovenia e Croazia. Quindi, il ruolo di difensore del diritto internazionale che Berlino pretende per sé è propaganda? Sì. Quindi, la Germania riunificata è una potenza revisionista? Sì.

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La seconda, invitando Atene a commettere l’errore di privarsi della protezione della legge internazionale, Berlino ha assunto una posizione oggettivamente filo-turca.

D’altronde, Maas ha lasciato intendere di voler assumere la posizione dell’“onesto sensale”, ossia della terza parte indifferente all’esito del negoziato. Ma questo ruolo può essere quello della Svizzera (la quale, infatti, si è offerta), non quello di uno Stato due volte impegnato a difendere la Grecia ed una volta impegnato a difendere Cipro da una aggressione militare. Al contrario, la Germania non è parte terza, essendo in corso una aggressione militare ed alla luce degli impegni militari di solidarietà della Germania, in sede Nato e Ue, verso l’alleato aggredito. Impegni che Berlino, evidentemente, considera di non voler rispettare.

Scelta sottolineata dalle parole del ministro della difesa tedesco, che ha definito l’esercitazione militare a guida francese come “non di aiuto”, nonché della stessa Merkel: “Possiamo sostenere i nostri partner europei e inviare lì delle navi, ma ci impegniamo anche a riprendere il dialogo tra Grecia e Turchia”… peccato che le navi siano francesi.

Scelta ulteriormente sottolineata da quanto accaduto al tavolo del Consiglio dei ministri degli esteri Ue, sotto presidenza tedesca, la quale, pur di fronte a vive resistenze, ha ottenuto di avviare sanzioni alla Bielorussia mentre rinviava la decisione su sanzioni alla Turchia ad una successiva riunione il 24 settembre e chissà poi a quando. Eventuali sanzioni che sarebbero comunque molto leggere, nonostante il commercio con la Ue sia veramente importante per l’economia turca, tant’è che i turchi, i quali già al primo annuncio di metà agosto avevano fatto uscire la flotta, di fronte al nuovo rinvio le hanno fatto fare manovre di fuoco. A Berlino molti paiono convinti che il problema della stabilità del Mediterraneo sia la Francia, Macron vuole convincerli sia la Turchia, a noi pare piuttosto sia la Germania.

Insomma, la Germania riunificata è una potenza revisionista pure del Trattato Nato e delle clausole di difesa comune del Trattato Ue.

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La circostanza che la Germania riunificata sia una potenza revisionista, promette conseguenze interessanti nel momento in cui essa, come ci informa Lucio Caracciolo, “sta pensando l’impensabile: affermarsi ago della bilancia degli equilibri euro-mediterranei”.

Egli vede il revisionismo tedesco verso il trattato Nato, richiamando un celebre discorso di Merkel in una birreria di Monaco (!), quando ella scandì: “noi Europei dobbiamo prendere in mano il nostro destino”; laddove per ‘Europei’ occorre intendere ‘Tedeschi’, come la presente crisi greco-turca rende chiaro pure ai ciechi. Aggiunse: “dobbiamo lottare da soli per il nostro futuro”, il che parve subito strano, considerato il miserabile stato delle forze armate tedesche; ma non è affatto detto che, per ‘lottare’, la cancelliera intendesse riferirsi alla sfida militare.

Caracciolo vede pure tre ostacoli alla emancipazione tedesca: lo stigma hitleriano, l’antimilitarismo tedesco, l’impotenza militare. Ma questi non sarebbero ostacoli, se ciò che Merkel desidera fosse una Germania neutralizzata e demilitarizzata, una ‘Grande Svizzera’ che non minaccia militarmente nessuno e tutto può richiamare meno lo stigma hitleriano. Era il sogno della Germania non occidentale, che l’ex segretaria della Sezione Agitprop della Gioventù Comunista della DDR alla Accademia delle Scienze di Berlino Est può finalmente portare a compimento.

Quanto al rischio di minacce militari dirette, esso non esiste, essendo la Germania circondata da un ampio cuscinetto di Stati non ostili. Quanto al gas EastMed, Berlino ha già scelto di rendersi dipendente dal gas russo. Quanto al rischio di nuova invasione di migranti, come nel 2015, stavolta gli eventi del febbraio 2020 hanno dimostrato che la Grecia è determinata a tenerli fuori; e se pure crollasse la Grecia ci penserebbe l’Ungheria ed altri stati cuscinetto lungo la strada. Dunque, Berlino non vede vantaggio a mettere in pericolo i propri ricchi rapporti commerciali con la Turchia: per i greci, non vuol spendere un aereo, una nave, una sanzione.

Insomma, la Germania non è un alleato della Grecia.

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Resta da commentare la manifesta inanità delle organizzazioni internazionali.

La Ue, bloccata dalla posizione filo-turca di Berlino, oltre a non sanzionare la Turchia, tollera che essa occupi parte del territorio di un proprio stato membro, la Repubblica di Cipro, e pretenda di tenervi fuori truppe occidentali in base ad accordi che essa stessa ha violato con l’invasione.

Quanto alla Nato, il segretario generale Stoltenberg non è stato capace di dar segni di vita nemmeno quando navi turche hanno puntato una nave francese impegnata in una missione Ue fuori dalla Libia, a giugno; ha saputo solo “esplorare” la possibilità di osservare più da vicino la situazione; e si è spinto ad appoggiare esplicitamente la posizione tedesca, addirittura. Il che pare solo la logica conseguenza del non essere la Germania un alleato della Grecia. Perché, invero: cosa ci stanno a fare, due Stati non alleati, nella stessa alleanza?

Ma non solo. Potremmo pure chiederci: cosa ci stiano a fare, due Stati non alleati, nella stessa moneta? Beh, niente. I greci si sono tanto sacrificati per l’euro, nella convinzione che gli europei avrebbe difeso un Paese dell’euro dal turco, ma Berlino dimostra che era una convinzione sciocca. Anzi, le regole dell’euro hanno impedito ai greci di farsi delle forze armate più forti. Tanto vale prenderne atto.

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È giunto il momento di tirare la somma dei nostri articoli. Un governo turco con i piedi per terra, sottoscriverebbe immantinente la convenzione Onu e cercherebbe di farla valere per quanto di proprio interesse. Erdogan, che i piedi per terra non ha, pretende di imporre un diritto tutto suo per farsi potenza energetica indipendente. Nel far ciò, è isolato nel Mediterraneo orientale e pare non disponga di altre sponde in Occidente, nemmeno in Italia. Tranne che in Germania, la quale, rinunciando al preteso ruolo di difensore del diritto internazionale, ha mostrato di essere una potenza revisionista e, assumendo una posizione oggettivamente filo-turca, ha mostrato di essere una potenza revisionista pure del Trattato Nato e delle clausole di difesa comune del Trattato Ue; con l’obiettivo di divenire una “Grande Svizzera”, neutralizzata e demilitarizzata.

PRIMA PARTE: Cosa dice il diritto e cosa dice Ankara

SECONDA PARTE: Erdogan abbaia contro Atene, ma è isolato

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