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Il politicamente corretto e il senso di colpa rischiano di distruggere l’Occidente

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Le rivolte del movimento Black Lives Matter sono sfociate in poco tempo in violenza indiscriminata contro persone, attività commerciali e simboli del passato coloniale. Una furia iconoclastica, degna dell’Isis e dei Talebani, che in verità sta colpendo anche figure che non hanno nulla a che fare con il colonialismo europeo, e che impone una riflessione sul futuro dell’Europa. Beninteso, concordiamo sul fatto che tutti gli uomini – compresi quelli che hanno commesso degli errori – hanno il diritto di essere giudicati nelle sedi opportune e non di essere giustiziati per strada, ma ad uno sguardo disincantato e scevro da pregiudizi ideologici, ciò che sta accadendo negli Stati Uniti – e con minore intensità anche in Europa – ha poco o nulla a che fare con la morte di George Floyd.

Gli ultimi risvolti “anticolonialisti” dei BLM riguardano ciò che in inglese viene definito white guilt, espressione poco conosciuta in Italia che indica una corrente di pensiero secondo cui l’uomo bianco è intrinsecamente colpevole in quanto protagonista del colonialismo. Questa colpa ricade sui discendenti dei colonialisti come una specie di peccato originale dell’uomo bianco. Chi prova a suscitare questo senso colpa nei bianchi dimentica o ignora del tutto che il colonialismo e la tratta degli schiavi non sono un’esclusiva europea, basti ricordare che l’islam in armi – poco più di un secolo dopo la scomparsa di Maometto (632 d.C.) – aveva conquistato tutto il Nordafrica e sottomesso buona parte della Spagna, che impiegò quasi otto secoli per portare a termine la Reconquista, e si estese anche ad est arrivando fino in India. Con l’Impero Ottomano vennero sottomesse tre quarti delle coste mediterranee e l’Europa dell’Est. L’esercito di Maometto II arrivò anche in Puglia, sbarcando a Otranto il 28 luglio 1480, la popolazione fu massacrata e 800 otrantini vennero decapitati perché si rifiutarono di rinnegare la religione cristiana, le razzie degli ottomani arrivarono fino a Brindisi, Lecce e Taranto. Successivamente l’esercito ottomano assediò Vienna senza successo.

Provate a chiedere a un turco o più in generale a un musulmano se si sente in colpa per essere il discendente di questi conquistatori. La risposta sarà un secco no, visto che ancora oggi predicatori islamici dicono apertamente di voler islamizzare l’Europa. In Nigeria solo nel 2019 sono stati uccisi 1.000 cristiani per motivi religiosi. Qualche musulmano ha chiesto scusa o si è inginocchiato? Il senso di colpa è un’esclusiva occidentale e se non riusciremo a liberarcene le conseguenze saranno catastrofiche perché distruggere i monumenti è solo il fenomeno più evidente di questa deriva antropologica.

L’isteria iconoclastica del politicamente corretto precede le azioni dei BLM, che di fatto hanno solo reso noto al grande pubblico ciò che in realtà serpeggia da anni in Occidente. Come ricorda Luigi Mascheroni nel pamphlet “Come sopravvivere al politicamente corretto”, si va da traduzioni politicamente corrette che hanno eliminato la parola “negro” nei vecchi romanzi alla Oxford University Press – importante editore di libri scolastici – che chiede ai suoi autori di astenersi dal disegnare o citare suini e loro derivati (come le salsicce) per non offendere musulmani ed ebrei, per arrivare fino al Movimento 5 Stelle che nel 2014 aveva lanciato una petizione per chiudere il museo di Torino intitolato a Cesare Lombroso, museo che non ha alcun obiettivo celebrativo. Nel 2015 allo zoologo ed etologo Konrad Lorenz, premio Nobel per la medicina nel 1973, l’Università di Salisburgo ha revocato la laurea honoris causa per via del suo passato da nazionalsocialista.

Ci si spinge oltre, la Columbia University ha messo in discussione Ovidio perché nelle sue Metamorfosi presenta dei contenuti troppo violenti e le scene erotiche – a detta dei nuovi inquisitori – possono provocare dei traumi nei giovani lettori. Viene naturale chiedersi: i bambini portati a spasso nei gay pride dove girano uomini seminudi agghindati con falli di gomma che simulano movimenti erotici, non possono provocare traumi nei bambini? Naturalmente la “logica” progressista applica due pesi e due misure. Nella castrazione culturale politicamente corretta ci sono finiti anche l’omofobo e islamofobo Dante Alighieri, che ha osato mettere omosessuali e Maometto all’inferno, e Shakespeare, giudicato razzista per il suo “Otello” e antisemita per il suo “Mercante di Venezia”. Una delle ultime trovate del totalitarismo politicamente corretto è stata quella dell’università di Yale che ha eliminato un corso sul Rinascimento perché giudicato troppo “bianco, maschilista ed eurocentrico”.

La lista è molto lunga, se applicassimo le categorie del politicamente corretto, dovremmo censurare i tre quarti del pensiero europeo da Aristotele a Heidegger, perché in ognuno di questi uomini si troverebbero affermazioni che non piacciono ai censori progressisti. La televisione non è da meno, oltre alla caratterizzazione dei personaggi dei film e delle serie tv sui modelli gender fluid, non sono mancate le critiche a Bbc e Netflix, per una serie sul poema omerico in cui Achille è stato interpretato da un attore nero e per non farlo sentire una minoranza in una serie tv, neri sono diventati anche Enea e Zeus. Quando Omero descrive Achille come biondo con gli occhi azzurri deve essere apparso un po’ troppo suprematista bianco per i produttori della serie. In una serie Bbc su Leonardo da Vinci anche il nostrano Niccolò Machiavelli è diventato magicamente nero. E se facessimo un film su Martin Luther King interpretato da un attore bianco?

L’Occidente deve superare questo infondato senso di colpa e soprattutto deve riappropriarsi della categoria del conflitto, essa è imprescindibile se non si vuole ridurre il mondo ad una melassa informe senza storia e cultura (il progetto dei globalisti). L’identità prende coscienza di sé solo in presenza di un’identità diversa, spesso nel conflitto. La parola “europeo” viene scritta per la prima volta nell’Alto Medioevo dallo storico portoghese Isidoro di Beja nelle sue Cronache, che riportando la vittoria di Carlo Martello sugli arabi nella battaglia di Poitieres (732) scrive “prospiciunt Europeenses Arabum tentoria ordinata”. Tra non molto qualcuno riterrà offensivo anche parlare di Europa ed europei.

È assurdo pretendere di giudicare il passato con le categorie etiche del presente. Se procedessimo con questa iconoclastia dovremmo radere al suolo tutte le bellezze e la storia dell’Italia: dal Colosseo che verrebbe ridotto a simbolo di una civiltà schiavistica, al Vaticano – o alla religione cattolica in quanto tale – “colpevole” di aver avuto l’Inquisizione, di aver condannato a morte persone innocenti, di aver promosso le crociate. Per non parlare di tutte le strutture di epoca fascista che ancora oggi utilizziamo e che restano – con buona pace degli antifascisti – tra le ultime espressioni architettoniche italiane degne di nota. Sul rapporto tra uomo e storia dovremmo far nostre le parole di Friedrich Nietzsche: “Come giudici dovreste stare più in alto del giudicando, mentre siete solo venuti più tardi”. Una lezione importante che molti faticano a comprendere.

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