La tragedia dell’abbattimento dell’aereo civile ucraino in Iran ha messo in luce nuovamente tutte le fratture interne al regime. Nonostante il tentativo di mostrare unità nazionale durante i funerali di Qassem Soleimani, per Teheran non è stato possibile arginare la marea di rabbia e orgoglio che ha attraversato la popolazione civile iraniana, quando il governo ha ammesso le sue responsabilità.
Mentre i media occidentali si sono affrettati ad elogiare le ammissioni iraniane, naturalmente dando per certo che l’abbattimento fosse comunque un accadimento involontario – cosa che tutti speriamo – in Iran la notizia è stata presa molto diversamente. La popolazione, ormai stanca delle continue bugie dei suoi governanti, ha reagito dando per certo che nei giorni passati, prima che Teheran ammettesse le sue responsabilità, tutti coloro che dovevano sapere la verità, già la sapevano da tempo. Per gli iraniani, quindi, i quattro giorni in cui il governo ha provato a far passare questo crimine come “guasto tecnico”, sono stati un’opera di insabbiamento e depistaggi.
Tanto è vero che, incredibilmente, i giornalisti iraniani hanno iniziato a reagire duramente: l’Associazione dei Giornalisti di Teheran ha pubblicato un comunicato ufficiale per denunciare la perdita di fiducia della popolazione e chiedere ai suoi associati di non rispettare le regole imposte dalla censura. Due presentatrici di Irib – canale di stato iraniano – si sono dimesse come forma di protesta. Una delle due, Gelare Jabbari, ha pubblicato addirittura un post sul suo canale Instagram per chiedere scusa per tutti gli anni in cui è stata complice del regime, diffondendo false informazioni.
Gli iraniani sono stanchi e ormai privi di fiducia nel sistema che li governa. Ormai, soprattutto tra i giovani, è assodato il fatto che il loro destino è in mano ad un gruppo di corrotti, che non ha per nulla a cuore lo sviluppo del Paese, ma che punta solamente a diffondere una ideologia jihadista, allo scopo di tenere in piedi un regime che mantiene milioni di persone, tra Pasdaran, clerici e milizie paramilitari sparse dentro e fuori l’Iran.
D’altronde, la storia stessa dimostra come i clerici iraniani non abbiano mai governato nell’interesse del popolo bensì della “Rivoluzione”, cioè dell’ideologia khomeinista. Il primo a dimostrarlo fu proprio l’ayatollah Khomeini. Come dimenticare infatti, che proprio Khomeini avrebbe potuto evitare milioni di morti tra i suoi cittadini durante la guerra contro l’Iraq? Nel 1982, Khomeini ebbe la possibilità di firmare la pace con l’Iraq di Saddam, dopo aver recuperato il terreno perso all’inizio del conflitto. Ma Khomeini scelse la strada opposta, con il solo obiettivo di esportare la rivoluzione sciita khomeinista nel vicino Iraq. Il progetto fallì e la guerra si chiuse anni dopo, non senza aver prima mietuto le vite di milioni di iraniani e iracheni e cancellato intere generazioni di giovanissimi.
Quando la testa degli iraniani si rialzò, nel 1999, furono personaggi come Rouhani e Qassem Soleimani che fecero durissime pressioni sull’allora presidente Khatami, per reprimere nel sangue la protesta degli studenti di Teheran. Ancora una volta, la storia racconta del terribile massacro avvenuto nel dormitorio dell’università, l’avvio del ritorno al potere dei conservatori con Ahmadinejad e il fallimento della prima stagione “riformista” della Repubblica Islamica.
Ancora: nel sangue sono state represse le proteste dell’Onda Verde del 2009 e del 2011, guidate da Mir Hossein Mousavi e Mehdi Karroubi (il cui figlio è stato arrestato proprio in queste ore). Proteste che denunciavano la rielezione farsa del negazionista Ahmadinejad, sostenuto proprio dai Pasdaran come Qassem Soleimani. Nel sangue sono state represse le proteste del 2017 – 2018 e del 2019, iniziate in Iran contro la corruzione, contro l’ingerenza dei Pasdaran nell’economia nazionale e contro lo spreco di denaro pubblico a sostegno della jihad khomeinista in Medio Oriente (ormai noto lo slogan “No Gaza, No Libano, la mia vita solo per l’Iran”).
Quello iraniano è da sempre un regime che ha lavorato contro la popolazione, che da sempre ha usato tutti i mezzi necessari non solo per reprimere ogni forma di dissenso, ma per cancellarlo definitivamente dalla faccia della terra.
Se siamo ancora qui a parlare dell’Iran, purtroppo, non è per merito delle democrazie occidentali, che con Teheran sono scese a qualsiasi patto, in cambio di greggio e illusioni economiche. Se siamo ancora qui a parlarne è grazie al coraggio di quella parte della popolazione iraniana che, sfidando la paura, non ha mai smesso di dire “no”, dando anche all’Occidente l’ennesima possibilità di dire “scusateci, abbiamo capito, ora siamo con voi”.