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Il ritiro disastroso di Biden apre una faglia persino nella Special Relationship con Londra

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Il ritiro accelerato delle truppe Usa dall’Afghanistan ha aperto una faglia nella relazione speciale. Se per l’opinione pubblica mondiale, l’immagine dell’elicottero in decollo da Kabul è stata reminescente della fuga in elicottero dal tetto dell’ambasciata Usa a Saigon, per il Regno Unito la crisi afghana ha portato l’orologio della storia indietro alla crisi di Suez del 1956, quando il presidente Eisenhower minacciò di vendere le riserve valutarie in sterline detenute presso la Fed se l’UK avesse continuato la campagna militare con Francia e Israele contro l’Egitto.

Oggi come allora, si è verificata una divergenza di interessi e di scelte di politica estera. Per gli Stati Uniti, l’Afghanistan non è mai stato un interesse strategico. Con l’uccisione di Osama bin Laden nel 2011, in ritorsione per gli attentati dell’11 settembre 2001, la campagna americana aveva raggiunto il suo scopo. Fu infatti il presidente Obama a dichiarare la missione conclusa, e dichiarare gli Usa pronti al ritiro delle truppe. Il presidente Trump, che ha successivamente sottoscritto gli accordi di Doha con i Talebani, aveva chiarito che il ritiro necessitava di modalità graduali e complesse per non precipitare il Paese nell’instabilità.

Sarebbe anche sbagliato pensare che gli Stati Uniti avessero intrapreso una missione di nation building. La dottrina neocon sull’esportazione della democrazia si era chiusa con la campagna in Iraq del 2003 e mai riaperta in Afghanistan. L’idea di democratizzare la società afghana e costruire uno stato centrale è tutta europea. Anzi, è proprio l’ampliamento delle attività dell’Isaf, sotto la guida europea, ad aver innescato l’escalation dei Talebani.

Ma per l’UK, le modalità del ritiro confliggono con l’agenda Global Britain di Boris Johnson che attribuisce importanza strategica all’Indo-Pacifico. Londra vede la credibilità della democrazia occidentale indebolita proprio nel momento in cui la missione della portaerei Queen Elizabeth nella regione intende esibire lo smart power britannico. Per Londra inoltre, sarebbe stato fondamentale coinvolgere apertamente il Pakistan nella stabilizzazione dell’Afghanistan dopo l’uscita della Nato dal Paese, per attribuire ad Islamabad la responsabilità politica diretta del sostegno ai Talebani. Questi obiettivi non possono più essere raggiunti: il segretario alla Difesa Ben Wallace ha spiegato che le truppe britanniche non possono rimanere sul territorio senza aver avuto il tempo di pianificare una presenza autonoma dal contingente Usa e una copertura aerea.

Questa era la quarta guerra afghana dell’UK. Nelle prime tre, 1839, 1878, 1919, ci furono sconfitte sul campo di battaglia, alcune vivide nell’immaginario britannico: quella del 44mo reggimento a Gundamuck e il massacro di Sir Pierre-Louis Cavagnari. Ma gli obiettivi strategici furono raggiunti, la Russia fu tenuta fuori dalla frontiera nord-occidentale dell’India e a Mosca fu negato l’accesso all’Oceano Indiano.

Da questa, l’UK torna a casa senza sconfitte militari, ma con un carico di rischi alla sicurezza interna. Gli equipaggiamenti militari ad alta tecnologia forniti all’esercito afghano o lasciati nella base di Bagram; i dati sul personale da evacuare, i collaboratori della missione Nato, e il calendario del ritiro condiviso coi Talebani alterano gli equilibri regionali, le abilità dell’Emirato islamico di tenere il territorio sotto controllo, e soprattutto la capacità degli studenti coranici di alimentare il terrorismo internazionale.

Nel Partito conservatore, prende ora quota l’idea di costruire una terza gamba dell’ordine mondiale emergente, ulteriore rispetto al G2 Usa/Cina. Il Canzuk (Canada, Australia, Nuova Zelanda, Uk) può diventare la pietra angolare della politica estera britannica del XXI secolo. A Matthew Parker Street, c’è chi nota che Canzuk è la terza economia più grande del mondo, con la più grande superficie terrestre, e si colloca tra le aree più sviluppate del pianeta secondo l’indice HDI con un potere negoziale dominante nel mondo e un deterrente militare idoneo a riempire gli spazi lasciati liberi dagli Usa.