Il silenzio dei corifei della Costituzione “più bella del mondo” e la bolla Conte

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Se mai ci potesse essere stato il timore che il Covid-19 si fosse portato via il bel tempo antico, quello immortalato dall’uso e abuso del manuale Cencelli, esso è stato del tutto rimosso dall’elenco delle nomine, pubblicato con risalto dal Corriere della Sera – indicando il partito promotore, Pd, Movimento 5 Stelle, Italia Viva, Liberi e uguali, ciascuno con la propria dote assegnata in base al peso politico attualmente rivestito. Occorre dire che vi è rispettato un equilibrio di genere, che in un certo senso compensa la declinazione al maschile dei componenti dei vari comitati apprestati dal presidente del Consiglio, se pur alimentando la falsa idea che la amministrazione del potere possa essere ambisex, mentre la competenza rimanga monopolio del c.d. sesso forte.

Il sospetto che un forte incentivo al parto con taglio cesareo del governo giallo-rosso sia stato proprio quello di resistere almeno fino alla stagione delle nomine parrebbe confermato; ma, poiché l’appetito vien mangiando, ecco che l’elezione del presidente della Repubblica dovrebbe garantire un contrappeso all’eventuale vittoria del centrodestra alle elezioni politiche programmate per la fine della legislatura, più o meno sul modello del presidenzialismo a senso unico di Scalfaro. Da questo punto di vista l’avvento della pandemia, fra l’altro con la sua concentrazione nelle Regioni del Nord in mano alla Lega, sì è risolto in un colpo di fortuna per l’attuale governo, con una rendita di posizione assai più pronunciata per Conte che per la sua maggioranza. È interessante notare come il consenso per l’avvocato del popolo oscilli intorno al 70 per cento, mentre l’intenzione di voto continui a privilegiare il centro-destra sempre sul filo del 50 per cento, se pur con un sensibile riequilibrio interno fra Lega e Fratelli d’Italia.

Un dato quest’ultimo volutamente sottovalutato a sinistra, come ben testimonia anche una recente analisi di Repubblica, che ne rappresenta la voce più autorevole, secondo cui la destra starebbe arretrando in tutta Europa, peraltro con percentuali contenute; e, con l’occhio perso dietro il suo avversario privilegiato, la Lega, denuncerebbe un calo fra il 2 e il 3 per cento. Non parrebbe contare nulla il fatto che comunque il partito di Salvini resta a ridosso del 30 per cento e che quel che perde confluisce cogli interessi ai Fratelli d’Italia; ma soprattutto non varrebbe la pena di spostare lo sguardo sulla maggioranza, che trova Pd e 5 Stelle stagnanti, con piccoli spostamenti pendolari, mentre Italia Viva pencola pericolosamente sull’abisso dell’irrilevanza.

Spiegare l’elevato consenso di cui gode Conte in base al prevalere del vento della solidarietà, che avrebbe spazzato via il nero nuvolone del sovranismo, come fa Diamanti, proprio da quelle colonne di Repubblica, è comodo per un certo modo partigiano di ricostruire il reale, ma falso. È innegabile che Conte sia cresciuto nel corso di questi due anni, dimostrando di essere stato sottovalutato all’inizio, ma c’è da tenere in debito conto il suo strapotere politico e televisivo, sì da apparire il solo che decide e parla, diventando inevitabilmente se non l’unico, certo il principale punto di riferimento agli occhi di una opinione pubblica spaesata ed intimorita con riguardo ad un nemico misterioso, noto, si fa per dire, solo al Comitato scientifico, un vero e proprio santuario delfico di cui lo stesso Conte è la voce.

Se i molti corifei di quella democrazia costituzionale che troverebbe radici in una Resistenza tutt’altro che univoca e decisiva – tant’è che ho trovato rimarchevole un pezzo del Corriere della Sera in memoria dei giovani soldati polacchi, i veri liberatori di Bologna, di cui testimoniano le lunghe file di croci bianche dimenticate là alle porte di San Lazzaro – spendessero mai una parola per l’eccezionalità costituzionale di una situazione dove le libertà fondamentali sono manipolate da decreti del presidente del Consiglio e l’opposizione è tacitata a cominciare dalla stessa sede parlamentare del tutto bypassata.

Di certo quando si potrà dire “ben tornata democrazia”, con un governo legittimato da libere elezioni, li vedremo appollaiati sui rami di un ulivo disseccato, gracchiando contro il tradimento di un testo costituzionale, ritirato fuori e reinterpretato alla bisogna: ma ora zitti e buoni, perché il nemico ci ascolta. Ma allora come spiegare che dietro lo schermo del consenso a Conte non c’è alcun incremento della sua maggioranza? Ma, almeno a me, pare semplice, tale consenso oscura anche la maggioranza, egualmente silenziata, se non per qualche rigurgito di identità da parte dei 5 Stelle, che non va oltre la voce grossa di Di Battista, riecheggiata a tutta pagina sui mass-media, nel deserto creato dalla semi-scomparsa di Di Maio e dalla presenza assenza di Crimi. Anche il governo, ridotto ad una comparsata di ombre, con qualche figura superstite, per ragioni di ruolo, come i ministri dell’economia e della salute, non ha alcuna identità pubblica, così da dare l’impressione di costituire una pura coreografia.

Ci si aspetta il giorno del risveglio dall’incubo del virus, ma si sa che ci attende un altro incubo non eliminabile con un tutti a casa, ma solo con un autentico nuovo sforzo per una ricostruzione, comparabile per gravità con quella del Dopoguerra, ma priva dell’energia che i nostri padri e nonni, quelli stessi falciati dall’epidemia, mostrarono di avere. Ci vorrà come allora un governo confortato da un elevato consenso elettorale, che, con buona pace dei giacobini di ritorno, rimane il criterio primo del carattere democratico di un Paese, ma anche dotato di un forte realismo, perché il cammino sarà lungo e duro, sì da non permettere, per il futuro post-elettorale, né fini anticipate di legislatura né alternanze di maggioranza sempre pronte a ripartire da zero. Ma il ricorso ad elezioni politiche ha anche una ulteriore ragione importante, non far eleggere il presidente della Repubblica da questo Parlamento, che se non si può considerare formalmente delegittimato dall’andamento a tutt’oggi delle elezioni regionali e tanto meno dai ricorrenti sondaggi, certo lo è dalla riduzione del suo numero e dal bisogno di una nuova legge elettorale. Solo che, come ricordavano gli antichi, gli dei accecano coloro che vogliono perdere.

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