Ha destato una certa curiosità una notizia giunta dalla Svezia. Nel Paese nordico c’è un minuscolo Partito comunista, piuttosto attivo nonostante l’esiguità dei consensi elettorali ricevuti.
Nella sua sezione di Malmoe un giovane dissidente, Nils Littorin, ha organizzato una scissione ideologica proclamando la necessità che la sinistra si liberi dalla dittatura del “politically correct”. Si noti, però, che l’operazione punta al coinvolgimento dell’intera sinistra mondiale proiettandosi quindi al di là dei confini nazionali.
Si tratta, come si diceva all’inizio, di una mera curiosità, oppure la notizia rappresenta il sintomo di uno stato di sofferenza destinato a coinvolgere settori più ampi della sinistra in Europa e in America?
La risposta non è semplice, ma mette conto menzionare i principali obiettivi della polemica di Littorin e compagni. In primo luogo, le accuse vengono rivolte – da sinistra, per l’appunto – alla politica dell’immigrazione incontrollata, senza limiti e senza veti.
In Svezia, come nel resto dell’Europa, questo argomento tocca un nervo scoperto dell’opinione pubblica. Molti collegano l’immigrazione incontrollata al terrorismo islamista che ha colpito in parecchie occasioni le città svedesi.
Viene inoltre sottolineato il fatto che tale immigrazione ha introdotto una concorrenza sleale nel mercato del lavoro che prima era sconosciuta. Le conseguenze sono la ghettizzazione e la corsa al ribasso dei salari. Ne approfittano le aziende, mentre i lavoratori sono le vittime.
Sotto accusa è anche il multiculturalismo, poiché avrebbe favorito l’afflusso di stranieri con una mentalità da clan, del tutto estranei alla cultura del Paese che li accoglie. Non solo. Gli stranieri rifiutano per di più di integrarsi, causando così danni enormi nel sistema scolastico e nella società in generale.
Altro obiettivo polemico è la questione dei diritti dei gay, giacché secondo i comunisti svedesi l’orgoglio non è solo una questione di tendenze sessuali. La dignità dei lavoratori si identifica invece con il diritto al lavoro e all’assistenza pensionistica.
Sotto attacco pure l’ecologismo estremo o, se si preferisce, l’ideologia ecologista di cui proprio la svedese Greta Thunberg è l’esponente più nota a livello internazionale.
I comunisti dissidenti notano che è in atto una sorta di “beatificazione in vita” della Thunberg, e accusano la sinistra ufficiale di aver fatto ingoiare a forza ai lavoratori un processo di questo tipo.
Ne consegue, a loro avviso, che la sinistra ha ormai assunto i caratteri di una élite estranea alle istanze e ai bisogni della gente, imponendo un modello astratto che non trova rispondenza nella vita quotidiana della grande maggioranza dei cittadini.
Nessuna meraviglia – continuano Littorin e compagni – se poi i lavoratori votano in massa i partiti conservatori o di estrema destra. Non trovando più a sinistra interlocutori plausibili, la loro scelta è in pratica inevitabile.
Non si tratta certo di novità, giacché idee simili circolano da tempo tanto in Europa quanto in America. Vale tuttavia la pena di notare che il caso svedese rappresenta comunque una rottura, poiché la ribellione contro il “politically correct” si manifesta proprio in ambienti riconducibili alla sinistra tradizionale.