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In Lombardia qualche guaio da sistemare, ma la campagna di vaccinazioni non è la catastrofe che si racconta

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L’ultima notizia eclatante riguarda Codogno, dove tutto è iniziato il famigerato 21 febbraio 2020: cittadini ultraottantenni convocati di martedì per la vaccinazione al nuovo centro inaugurato, però, solo il giorno dopo. I passi falsi si accumulano nella Lombardia sotto costante pressione: qui l’epidemia ha galoppato velocemente per ripresentarsi agguerrita tra ottobre e novembre e nell’ultimo mese. Trentamila vittime, scene drammatiche dagli ospedali, comunità travolte e stravolte. Non è vero che “le abbiamo azzeccate tutte”, come commentava lo scorso aprile l’assessore al territorio Pietro Foroni. Sono stati commessi diversi errori, come altrove e come è purtroppo inevitabile di fronte ad un evento imprevisto e inizialmente indecifrabile. Altri ne vengono commessi tuttora, in fase di vaccinazione, e ammetterlo può solo aiutare a porvi rimedio.

La locomotiva d’Italia si è ritrovata scoperta, costretta a fare i conti con l’emergenza sanitaria da una parte e la necessità di riprendere la corsa economica interrotta dall’altra. Tra questi due poli si è mossa la gestione pandemica, talvolta con dichiarazioni contrastanti come quelle del governatore Attilio Fontana, che prima chiedeva che ai ristoranti fosse concesso di aprire anche di sera, quindi a distanza di pochi giorni ha attuato misure restrittive tra il Bresciano e altri comuni della regione. È solo uno tra tanti esempi: una strategia che però ha prestato il fianco alle dure critiche che piovono dal primo lockdown e deflagrate con le cronache delle morti nelle Rsa, connotate politicamente. La Lombardia è la roccaforte del centrodestra italiano e ormai definitivamente a trazione leghista, o ancora meglio salviniana. Qualche coltello ha cominciato a girare anche tra i ranghi del governo regionale, con le parole dell’ex assessore Giulio Gallera, la cui carriera è rimasta stritolata da questi mesi epocali, che ha sottolineato come le nomine dirigenziali di Aria, l’azienda incaricata di gestire le prenotazioni vaccinali, siano state gestite proprio dalla Lega.

Lo stesso Matteo Salvini, perennemente al centro del dibattito nazionale, è entrato a gamba tesa sulla gestione lombarda: a poche ore dal tweet con il quale domenica scorsa Letizia Moratti scaricava le colpe sulla sballottata Aria, il leader leghista annunciava che il compito della gestione delle prenotazioni sarebbe stato affidato a Poste italiane, affossando dunque definitivamente la credibilità di una realtà voluta e coltivata da questa giunta regionale e già finita al centro delle polemiche con la querelle sull’acquisto di camici che vede indagato Fontana. Troppi piedi che si pestano.

Raccogliendo commenti tra i ranghi più bassi delle amministrazioni locali e qualche battuta tra chi opera nel complesso sistema sanitario regionale, il termine “disorganizzazione” viene ripetuto più volte, tradendo sensazioni di scoramento e sorpresa. Nessun sistema è perfetto, ma le falle finché non lasciano imbarcare troppa acqua sembrano più piccole di quanto poi non lo siano davvero. Se però la Lombardia è la terra del fare, allora rimboccarsi le maniche per sistemare i problemi non dovrebbe costare fatica. Meno beghe di palazzo (o grattacielo) e più pragmatismo, meno concatenamenti di deleghe e poltrone (chi non è affine all’organizzazione sanitaria lombarda rischia di smarrirsi) e più filo diretto.

Cosa dicono intanto i numeri reali sulle vaccinazioni? Stando ai dati aggiornati al 23 marzo, l’8,72 per cento della popolazione lombarda ha ricevuto la prima dose, il 4,11 anche la seconda. Nella fascia d’età compresa tra gli 80 e gli 89 anni, il 41,4 per cento ha ottenuto una prima copertura, il 12 per cento quella totale; nella fascia 70-79 la prima dose è stata somministrata al 3,3 per cento, la seconda all’1,7. Qual è la media nazionale?

Fascia d’età % prima dose % seconda dose
80-89 44,4 17,2
70-79 4,4 1,5

Cifre inferiori, vero, a fronte anche di un bacino ben più largo: in Lombardia vivono più di dieci milioni di persone, il Lazio (la seconda regione più popolata) si ferma a 5.755.700. La media dell’ultima settimana è di quasi 29.000 vaccinazioni al giorno, con 13.270 dosi ogni 100.000 abitanti, su una media nazionale di 13.994. Insomma, i pasticci ci sono stati, ma non è la catastrofe che si vuole raccontare.