Dalla firma del Jcpoa (Jont Comprehenive Plan of Action) nel 2015, il regime iraniano non ha mai cessato di portare avanti con metodica ostinazione il programma missilistico in modo illegale e occulto, rifiutando ogni richiesta da parte degli ispettori di poter verificare cosa stesse realmente facendo nelle sedi deputate all’arricchimento dell’uranio.
Negli ultimi mesi sono state violate le norme, arricchendo l’uranio per mezzo di centrifughe avanzate. Lo stesso capo dell’Organizzazione per l’energia atomica del regime ha affermato che sono state arricchite 24 tonnellate di uranio dall’accordo del 2015, quantità che supera di gran lunga quella ammessa dal patto con le maggiori potenze internazionali, il 5+1.
La Ue ha dato un avvertimento a Teheran mercoledì scorso, facendo presente che l’accordo è già estremamente fragile, che se il regime dovesse proseguire in questa direzione, sarà costretta a porre in esame la questione dell’inosservanza delle regole da parte del regime stesso. Qualora si desse il via alla valutazione della controversia, gli iraniani avrebbero 30 giorni per dimostrare la conformità alle norme stabilite dall’accordo. Tuttavia, il regime ha fermamente negato la possibilità di tenere colloqui con le potenze europee e con gli Usa fino a quando le sanzioni non saranno revocate, ribadendo la volontà di incrementare la propria espansione nucleare.
A tali dichiarazioni il senatore statunitense Tom Cotton ha reagito dichiarando che:
“Mentre il presidente Rouhani stringeva le mani ai leader mondiali all’Assemblea Generale dell’Onu, i suoi scienziati nucleari erano impegnati ad intensificare l’arricchimento dell’uranio usando centrifughe avanzate. Sollecito i nostri alleati europei a riconoscere il tradimento degli ayatollah e li invito ad unirsi a noi nel ripristino delle sanzioni contro questo regime criminale”.
Da parte sua il Consiglio nazionale della Resistenza iraniana ha ripetutamente dichiarato che l’acquisto o l’ottenimento di armi nucleari è un pilastro fondamentale della sopravvivenza del regime. Ricordiamo che era stata proprio la Resistenza iraniana a rivelare l’esistenza del sito per l’arricchimento dell’uranio nella località di Natanz e l’impianto di acqua pesante di Arak nell’agosto del 2002, e del livello di avanzamento di tale progetto portato avanti clandestinamente per ottenere l’arma nucleare; dichiarazioni che portarono alle ispezioni da parte dell’Agenzia Internazionale per l’Energia atomica (AIEA) e ai successivi provvedimenti da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Se non fossero stati scoperti, i mullah oggi avrebbero già la bomba atomica, con conseguenze immaginabili sul destino del Medio Oriente (a partire da Israele che viene minacciato continuamente dal regime) e del mondo intero.
Del resto la il Consiglio nazionale della Resistenza iraniana ha più volte dichiarato che il regime non deve in alcun modo essere lasciato nella posizione di portare avanti l’arricchimento dell’uranio, e che i siti nucleari dovrebbero essere smantellati. Il regime ha a sua volta informato in una lettera del 25 settembre 2019 all’AIEA, che sta riconfigurando il suo set di arricchimento finalizzato ad aggiungere gruppi di centrifughe, tra cui una serie di 164 macchine di IR-6. Ricordiamo che quando Rouhani era negoziatore del regime per il nucleare aveva detto chiaramente di aver ingannato l’Occidente, non a caso i progressi maggiori sul nucleare sono avvenuti proprio nel periodo in cui si occupava dei negoziati. Si consideri che la politica estera e il nucleare sono completamente controllate da Ali Khamenei, guida suprema del Paese, e che il presidente è tenuto ad osservare rigorosamente le sue decisioni, non avendo nessuna influenza su tali questioni. La stessa cosa vale per le politiche sulla repressione interna e i relativi organi come l’Irgc, le forze di sicurezza dello Stato (Fss), il ministero dell’intelligence (Mois) e del ramo giudiziario, tutte direttamente controllate da Khamenei.