E così Boris Johnson è stato dimesso dall’ospedale St. Thomas dove era ricoverato da domenica scorsa per il Coronavirus. Conoscendo la tempra dell’uomo c’erano pochi dubbi al riguardo. Saranno contenti odiatori seriali radicalchiccosi e #restiamoumani: il campione della Brexit, l’uomo di cui travisano ogni parola sobillati dai loro manganelli di carta preferiti riprenderà il suo posto di primo ministro del Regno Unito non appena il suo decorso dalla malattia sarà completato. Per stare meglio Johnson ha scelto Chequers, l’abitazione dei premier britannici a 40 km da Londra nel Buckinghamshire: un pezzo di Inghilterra fuori dal tempo, mattoni rossi e prati verdi che si estende su una proprietà di mille acri.
Uscito dall’ospedale Johnson è tornato a farsi vedere in pubblico ringraziando lo staff dell’NHS per avergli salvato la vita e i cittadini inglesi per lo sforzo che stanno facendo durante il lockdown e in un week-end – quello pasquale, dove il sole ha brillato sulle città e sulle spiagge anche Oltremanica.
Da grande comunicatore quale è, Johnson non ha temuto di apparire di fronte al video ancora convalescente per i postumi della settimana in ospedale: il messaggio lanciato è stato molto più importante della cornice iconografica. Citando Connie, Becky, Ann, Luis da Oporto e gli altri infermieri che l’hanno curato, Johnson ha voluto rimarcare lo straordinario lavoro degli operatori del Servizio Sanitario Nazionale, indicando al popolo inglese che ogni sforzo deve essere fatto per tutelare e preservare medici e personale delle strutture per potere sconfiggere il Coronavirus. C’è anche un lato personale e affettivo nel suo messaggio che lo rende un politico così umano da essersi preso la malattia come, purtroppo, tanti suoi concittadini.
Poco prima del ricovero i sondaggi davano i Tories al 52 per cento, un risultato favorito anche dal vuoto di potere all’interno dell’opposizione laburista, colmato con l’elezione a leader del partito di Sir Keir Starmer. Anche la popolarità di Johnson rimane elevata. Ora forse toccherà vette inesplorate da un politico sin dai tempi in cui Tony Blair nel 1997 definì Lady Diana “People’s Princess” dopo l’incidente stradale che causò la sua morte. Allora la popolarità dell’alfiere del New Labour toccò il picco del 91 per cento.
La premiership di Johnson rimarca anche un cambio nella strategia dei Tories sull’NHS, per anni un terreno di scontro favorevole al Labour. Se già il suo predecessore David Cameron aveva definito le sue priorità in 3 lettere “N-H-S”, ma si trovò a fare i conti con l’austerity imposta dalla crisi finanziaria del 2008-2009, Boris già in campagna elettorale aveva promesso investimenti in nuovi ospedali e nuove infrastrutture e un rinnovato interesse per l’azione dello stato nel campo della rete del welfare e dell’economia legata all’assistenza sociale. La crisi del Covid-19 rafforzerà questa tendenza, in attesa che il premier si rimetta in sesto e torni a occuparsi anche delle negoziazioni sulla Brexit con l’Unione europea.