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Khamenei giustifica gli attacchi in Francia e indirizza la rabbia degli estremisti contro il mondo ebraico

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Premessa: chi scrive non ha una grande passione per le vignette contro Maometto del magazine francese Charlie Hebdo. Premessa successiva: la satira, si sa, è cosa seria e all’interno dell’islam, molto più che per altre fedi e ideologie, esiste un grave problema di radicalismo che ha un effetto drammatico su tutto il mondo e che non può certo essere derubricato a scheggia impazzita di per pochi “lupi solitari”. Ultima premessa: nonostante il poco amore di chi scrive per la derisione verso qualsiasi religione, nessuna critica, anche aspra, può giustificare l’uccisione del prossimo e qualsiasi altro atto di terrorismo e violenza, proprio come accaduto alla redazione di Charlie Hebdo nel 2015, e più di recente al professor Samuel Paty e alle vittime di Nizza.

Fatte tutte queste doverose premesse per evitare fraintendimenti, arriviamo al punto, le gravi dichiarazioni di Alì Khamenei, Guida Suprema dell’Iran. Confermando il suo antisemistimo e negazionismo, Khamenei – oltre che criticare le vignette su Maometto e il presidente francese Macron – ha pensato bene di aizzare la folla islamista con la seguente dichiarazione: “Perché l’insulto al Profeta Maometto è legittimo e la negazione dell’Olocausto è un crimine?”.

Di tutte le possibili dichiarazioni che poteva rilasciare, in un messaggio indirizzato ai giovani francesi, Khamenei ha scelto ancora una volta di provare ad indirizzare la rabbia delle frange più estremiste contro il mondo ebraico. Dietro questo messaggio però, si badi bene, non c’è solo l’antisemitismo puro e crudo. C’è molto di più. E questo “di più” ci riguarda tutti.

Con la sua domanda provocatoria, infatti, Khamenei ha inteso focalizzare l’attenzione sulle classiche teorie del complotto giudaico-massonico, tanto care anche ad alcune frange politiche nostrane contrarie ai valori democratici. Così facendo, quindi, Khamenei ha voluto non solo indirizzare la rabbia di questi giovani estremisti verso un altro gruppo religioso, quello ebraico – magari ispirando un attacco violento e quindi generando ancora più tensione all’interno della Francia – ma anche provare a mettere in crisi l’intero sistema valoriale su cui si regge la civiltà occidentale.

Non dobbiamo dimenticare che, proprio per mezzo degli studi relativi alla tragedia della Shoah, sono state coniate nuove parole come “genocidio” (dal giurista polacco Raphael Lemkin). Parole che hanno permesso di approvare una importante definizione in merito da parte delle Nazioni Unite (1946), di dare un nome chiaro a dei massacri di inizio ‘900 (come quello armeno) e di darne uno anche a quelli accaduti nella storia più recente (come quello ruandese (fino alla nascita della Corte Penale Internazionale nel 1998).

Agire per scardinare l’unicità dell’Olocausto, quindi, non va letto solamente come un attacco alla storia del popolo ebraico – già di per sé vergognoso – ma va inteso come un minaccia ai fondamenti dei nostri stessi sistemi politici e giuridici. Valicare quel confine storico, infatti, significa riportare le lancette dell’orologio della storia occidentale indietro di oltre 70 anni, a quando era legittimo emarginare il prossimo in base all’appartenenza religiosa, alle scelte sessuali o al credo politico.

Questo è proprio quanto accade nella Repubblica Islamica dell’Iran, ove è possibile applicare – giuridicamente parlando – sistemi di apartheid contro una fede religiosa (i Baha’i ad esempio), chiudere giornali e siti internet perché sgraditi al regime, impiccare esseri umani perché omosessuali o sbattere per anni e anni in carcere attivisti dell’opposizione, con accuse folli come quelle di “insulto alla Guida Suprema” e “propaganda contro lo Stato”.

Ed è ciò che precisamente vuole Ali Khamenei. Renderci fanatici, estremisti e meschini come il regime di cui lui è a capo…