Dieci anni fa intervistai per L’Opinione un personaggio unico nel suo genere. Si chiama Alejandro Cao de Benós, originario di Tarragona (Spagna), ed è tuttora il delegato speciale del Comitato per le Relazioni Culturali con l’Estero della Repubblica Democratica Popolare di Corea, cioè la Corea del Nord. Nel suo ruolo si muove da anni come un ambasciatore aggiunto, mantenendo i contatti con le aziende straniere interessate a investire nel Paese (sanzioni permettendo). Come presidente della Korean Friendship Association (KFA), da lui fondata nel 2000, si è dato la missione di far conoscere la realtà del Regno Eremita agli occidentali “senza passare attraverso la propaganda della Cnn”.
Da anni la Corea del Nord è al centro delle cronache internazionali e Cao de Benós è diventato un punto di riferimento per i media americani e europei che vogliono saperne di più su cosa bolle in pentola nei corridoi del potere a Pyongyang. Anche se per ragioni personali da qualche tempo non viaggia in Corea, i suoi contatti con i rappresentanti del regime sono frequenti. Abbiamo parlato con lui per provare a far luce sull’attuale situazione del Paese, in seguito alle voci insistenti che vogliono il leader supremo della nazione, Kim Jong-un, in gravi condizioni di salute (per chi fosse interessato a quella completa del 2010, il link è qui).
ENZO REALE: Fin dall’inizio lei si è dimostrato scettico nei riguardi delle notizie riportate dai media occidentali sulla possibile morte di Kim Jong-un. Come fa ad essere così sicuro che sia una fake news?
ALEJANDRO CAO DE BENOS: Prima di tutto per la fonte iniziale della filtrazione, Daily NK è un mezzo di comunicazione finanziato dall’intelligence sudcoreana, senza nessuna credibilità. Ma principalmente per la mia lunga esperienza come funzionario del governo nordcoreano: conosco benissimo le dinamiche istituzionali ed è assolutamente impossibile che Kim Jong-un assolvesse in perfetto stato fisico alle proprie funzioni fino all’11 aprile e il giorno dopo si trovasse in clinica per un’operazione al cuore. Anche se le condizioni di salute della nostra guida suprema sono un segreto di stato, i miei contatti all’interno del governo mi assicurano che queste voci sono infondate.
ER: In ogni caso da quasi tre settimane non si hanno notizie di Kim Jong-un e il Rodong Sinmun (giornale del Partito dei Lavoratori) non pubblica da giorni foto sue. Cosa pensa che stia succedendo?
ACdB: Già nel 2014 Kim Jong-un si era assentato dalle scene per un lungo periodo e già allora erano scattati gli allarmi a livello internazionale. Come tutti, anche il nostro leader è umano e può avere bisogno di riposo in determinati momenti della sua vita. Approfittando della situazione relativamente tranquilla del Paese, sta semplicemente rilassandosi o recuperandosi da qualche banale contrattempo fisico.
ER: Come valuta la possibilità che si sia ritirato temporaneamente per mettersi al riparo dal Covid-19 che avrebbe colpito il suo entourage?
ACdB: In Corea del Nord non si registrano casi di coronavirus. Questo dato è stato confermato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dalla Croce Rossa Internazionale, con la quale mantengo contatti frequenti. Siamo stati i primi a chiudere le frontiere con la Cina quando è scoppiata l’epidemia e a sottoporre a quarantena gli stranieri che si trovavano sul territorio nazionale. Grazie a queste misure siamo riusciti a mantenerci al sicuro. No, Kim Jong-un non sta proteggendosi da un virus che non c’è.
ER: Non sarebbe più semplice, per mettere a tacere tutte le illazioni, che i mezzi di comunicazione statali confermassero che il leader nordcoreano è vivo e vegeto?
ACdB: In Corea del Nord non balliamo al suono dell’occidente, siamo una nazione indipendente, ci mancherebbe che dovessimo smentire la propaganda straniera ogni volta che fa circolare voci interessate sul nostro Paese e i suoi dirigenti.
ER: Quale sarebbe la linea successoria in caso di necessità? Si parla insistentemente di Kim Yo-jong, la sorella di Kim Jong-un.
ACdB: Non esiste una linea successoria semplicemente perché sarebbe di competenza dell’Assemblea del Popolo eleggere il nuovo leader. Sono i 687 deputati del nostro organo legislativo, in quanto rappresentanti della nazione, gli incaricati di assumere questa decisione. Kim Yo-jong, che conosco personalmente, è un’eccellente persona, la cui fedeltà alla linea e all’ideologia del Partito e dello Stato è comprovata. Ma la scelta non dipende tanto da vincoli famigliari, quanto dalla volontà popolare.
ER: Qual è la situazione politica ed economica della Corea del Nord oggi?
ACdB: Politicamente parlerei di continuità rispetto a Kim Jong-il, con il rafforzamento degli organi di sicurezza nazionale e di difesa, visto che la contesa nucleare con gli Stati Uniti rimane in pieno svolgimento. Dal punto di vista economico vediamo oggi i risultati di due decenni di sviluppo autarchico, con l’obiettivo di consolidare l’industria nazionale e riconvertire le campagne a coltivazioni che garantiscano l’alimentazione della popolazione.
ER: Che cambiamenti ha promosso Kim Jong-un in campo economico?
ACdB: Posso citare a titolo di esempio due aspetti significativi che hanno aumentato la prosperità del Paese. DaL 2007 le industrie nordcoreane, pur producendo esclusivamente per il popolo a cui vanno tutti i benefici, sono gestite secondo principi manageriali per cui se un’azienda è in perdita ne viene decretata la chiusura. Il controllo statale si mantiene nella sua totalità ma si tengono in conto elementi economici che prima non si consideravano. Con Kim Jong-un è stato dato un impulso decisivo a questi fattori. In campo agricolo l’introduzione massiva della coltivazione della patata ha rappresentato un cambiamento fondamentale nella dieta dei nordcoreani, grazie all’introduzione di un sistema di serre e aziende agricole dedicate a questo prodotto. Se lei va in un albergo di Pyongyang oggi troverà venti piatti diversi a base di patate, cosa impensabile fino a 15-20 anni fa.
ER: In che modo la Cina continua a influenzare la politica nordcoreana?
ACdB: I cinesi hanno sempre meno influenza sugli affari interni della Corea del Nord. Ci teniamo alla nostra indipendenza. Già ai tempi di Deng Pechino tentava di introdurre nella nostra economia elementi di capitalismo per portarci sulla strada dell’occidente. Ma i nostri leader hanno sempre resistito a questi richiami e hanno preferito continuare sulla strada del socialismo, senza deviazioni.
ER: Crede che la Cina stia attuando un nuovo imperialismo a livello globale?
ACdB: Certamente. La strategia cinese è evidente a tutti: creare una rete di stati dipendenti economicamente da Pechino per influenzarne le scelte a vari livelli. Guardiamo solo a cosa sta succedendo in Italia, un Paese che sta stringendo accordi politici e commerciali senza considerare le conseguenze.
ER: La Cina dovrebbe essere ritenuta responsabile per la diffusione della pandemia?
ACdB: È certamente possibile che il virus sia stato creato artificialmente o sia fuoriuscito da qualche laboratorio ma non per questo dovremmo applicare misure di ritorsione. In fondo anche i cinesi hanno avuto le loro vittime.
ER: Come vede il recente accostamento di posizioni tra Washington e Pyongyang?
ACdB: Distinguerei chiaramente la relazione tra i rispettivi governi da quella tra i capi di stato. Dal punto di vista istituzionale non ci sono stati cambiamenti sostanziali nella politica americana rispetto alla questione nordcoreana. Siamo sottoposti a sanzioni stringenti e isolati dalla comunità internazionale perché ci si vuole negare il diritto a difenderci dalle aggressioni straniere. Ovviamente gli Stati Uniti si sono resi conto del nostro potenziale nucleare e questo li ha indotti ad assumere una posizione più prudente.
Diverso è il tema della relazione tra Trump e Kim Jong-un. Il presidente americano è ricchissimo e può fare sostanzialmente quello che vuole. Così funziona il capitalismo. Gioca fuori dagli schemi, persino quelli che gli imporrebbe il suo ruolo, e ha visto nel nostro leader una persona rispettata e amata dal popolo. Questo aspetto lo ha impressionato favorevolmente, perché gli piacerebbe che fosse così anche nel suo Paese. Da qui la buona relazione fra loro. Kim Jong-un ha rispettato questa fiducia e da mesi la Corea del Nord non sta effettuando test con missili a lunga gittata o prove nucleari, senza peraltro che questo abbia riportato vantaggi in termini concreti per noi.
ER: È in contatto con politici italiani?
ACdB: Sì certo, ho accompagnato personalmente Antonio Razzi in uno dei suoi viaggi in Corea del Nord ma ho rapporti anche con esponenti di altre forze politiche. L’Italia è uno dei Paesi più interessati a mantenere relazioni amichevoli con la Corea del Nord, soprattutto a livello economico. Purtroppo uno dei principali problemi del nostro Paese è ancora la burocrazia, che rallenta moltissimo l’approvazione dei progetti. Ma stiamo migliorando.