Che sotto la copertura di una persona tanto rispettabile quanto ingenua si sia compiuta una operazione di propaganda risulta evidente dalla stessa intitolazione della delibera con cui il Senato ha approvato la istituzione della “Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza e razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza”, con ad oggetto l’hate speech, cioè letteralmente il discorso espressivo del o di incitamento all’odio. Perché un ambito così generico ed ampio, tanto da non trovare una sicura definizione nel corso delle pagine della motivazione, quando il fatto che vi ha dato occasione è stato il ricevimento quotidiano di circa 200 messaggi offensivi nei confronti della senatrice Segre, in quanto ebrea, addirittura considerata colpevole di essere sopravvissuta alla Shoah?
Ora, il punto da tener fermo era quello dell’antisemitismo, che, peraltro, avrebbe dovuto essere dato non per scontato in base solo al caso personale, ma documentato in forza di una serie di episodi significativi, tali da testimoniare l’esistenza di un clima diffuso e radicato. Altrimenti, così facendo si corre il rischio di produrre un effetto del tutto contrario, cioè di dare risalto ad un fenomeno non sentito come tale, perché l’antisemitismo non ha mai attecchito da noi in modo vigoroso, sì che l’enfatizzarlo può suscitare una qual sorta di assuefazione, come ben espressa dal ripetersi della voce “al ladro, al ladro”, quando non ce n’è assolutamente motivo. Tanto più che l’utilizzo del sistema informatico, oltre al suo grande merito di aver facilitato la comunicazione e l’informazione a livello mondiale, ha rivelato il difetto di essere una sorta di sfogatoio di quella rabbia, di quella frustrazione esistenziale scaricata sul “diverso”, che una volta rimaneva ristretto alla vita personale; ma senza per questo, rivelare di per sé una sua crescita esponenziale.
Per mettere in risalto l’impatto relativo, è sufficiente allargare lo sguardo oltre le Alpi, cioè alla Francia e specie la Germania, dove l’antisemitismo è degenerato in attentati; ma, sarebbe bene ricordarlo, ad opera dell’islamismo radicale, che nel corso della delibera senatoriale non viene affatto menzionato, fino a giungere ad un accoppiamento esplicito fra antisemitismo e antislamismo.
Solo che la Commissione non riguarda unicamente l’antisemitismo, come si sarebbe potuto supporre, ma, appunto, un mare magnum, che parte dall’intolleranza, passa attraverso il razzismo e l’antisemitismo, giunge all’istigazione all’odio e alla violenza. Sull’antisemitismo esiste già un consolidato contenitore, a cominciare dal negazionismo e dal florilegio di ingiurie ormai tipiche, per non parlare delle dissacrazioni delle tombe, delle distruzioni delle sinagoghe, delle esecuzioni individuali e di massa, che ovviamente sono destinate alla repressione penale. Ma cos’è l’intolleranza, che di per sé significa la non sopportazione di un individuo o di un gruppo, di un ambiente, perfettamente esprimibile, senza per questo accompagnarsi con ingiurie o violenze? E cos’è il razzismo, che di per sé si ricollega all’esistenza di razze diverse, di cui alcune biologicamente superiori ad altre, cosa certamente falsa, ma tale da poter essere estesa alla presenza di diverse culture, come se fossero tutte valide e integrabili, sotto specie di un multiculturalismo acritico smentito nettamente proprio laddove teorizzato e praticato.
Ancor più vaga è l’istigazione all’odio e alla violenza, una volta che si esca dalla fattispecie penale. Qui sta la questione di fondo, perché l’hate speech si distingue dal crime speech, cioè dal discorso che di per sé risulta previsto e sanzionato dal diritto positivo, come avviene ampiamente nel nostro paese, a stare all’elenco di leggi citate nella stessa delibera senatoriale. Di contro l’hate speech non è definito propriamente da nessuna fonte, nazionale, comunitaria, internazionale; copre uno spazio esterno al codice penale e civile; appare esteso a tutto campo, con un ampliamento rispetto alla stessa intitolazione della delibera, effettuato nel suo svolgimento, chiamando in causa il neo-fascismo, i nazionalismi, l’etnocentrismo, fino a ricomprendere tutte le manifestazioni dell’hate speech, non integranti un crime speech, effettuate in base all’etnia, la religione, la provenienza, l’orientamento sessuale, l’identità di genere o particolari condizioni fisiche o psichiche.
Una volta all’università si insegnava che la libertà riguardava l’area non sanzionata, quindi tutta quella non vietata da una legislazione conforme alla nostra carta costituzionale. E rientra nella libertà di espressione anche la maleducazione, che certo non tocca al Parlamento curare, essendo questa una missione della scuola e della famiglia, così come quella di parlare correttamente nella propria lingua materna.
C’è di più, peraltro, con riguardo all’astensione della destra, ritenuta scandalosa in quanto non solidale nella battaglia contro l’antisemitismo. In verità se la delibera avesse riguardato solo l’antisemitismo, avrebbe potuto essere votata all’unanimità. Come si è visto essa riguardava ben altro, con un implicito atto di imputazione proprio nei confronti della stessa destra, accusata pubblicamente ed ossessivamente di essere razzista, seminatrice d’odio, istigatrice di violenza. Quindi questa destra, avrebbe dovuto controfirmare la sua condanna, mentre per avere quella adesione unanime che la senatrice Segre si riprometteva, sarebbe bastato tener la barra ferma sull’antisemitismo.
Quanto alla mobilitazione anti-destra, raffigurata come completamente appiattita su una Lega razzista, da parte della dirigenza pieddina e della stampa c.d. indipendente, non c’è da richiamare niente, tanto è costante e rumorosa. Basti citare una battuta di Zingaretti a proposito della manifestazione romana di Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia, cioè di una Piazza San Giovanni “piena d’odio, rancore e violenza”.