La Corona britannica per la prima volta in Israele

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Lunedì sera il Duca di Cambridge è atterrato a Tel Aviv, segnando un passaggio storico nel rapporto tra il Regno Unito e Israele: la prima visita ufficiale di un membro della Royal Family nello stato ebraico, compito affidato all’erede al trono William. Nei settant’anni di storia della nazione mediorientale, non era mai accaduto infatti che un rappresentante della famiglia Windsor vi mettesse piede in veste di rappresentanza della Corona britannica: fatto che ha spesso acceso speculazioni attorno ad Elisabetta II, che durante il suo regno ha viaggiato per tutti gli angoli del mondo, tranne che in questa fetta di terra così delicata e strategica.

Nel programma del Duca di Cambridge sono stati inseriti gli incontri con il primo ministro Benjamin Netanyahu, per conto del governo londinese, e con il presidente dell’Autorità palestinese Mahmoud Abbas, oltre che ad un tributo particolare alla bisnonna, la Principessa Alice di Grecia, madre del Duca di Edimburgo Filippo, la cui tomba è ospitata nella chiesta ortodossa di Santa Maria Maddalena, presso il Monte degli Ulivi a Gerusalemme: una tappa altrettanto importante nell’interesse della stessa famiglia Windsor, perseguitata da tempo dai sospetti di filonazismo provocati dalle posizioni di Edoardo VIII (qualche anno fa vennero addirittura pubblicati vecchi scatti fotografici in cui l’allora sovrano insegnava alla piccola nipote Elisabetta il saluto nazista) e dalle discendenze dello stesso Filippo.

Pettegolezzi più che altro, considerando tra l’altro che Filippo prestò servizio nella Royal Navy durante la Seconda Guerra Mondiale e che sua madre Alice si adoperò per trarre in salvo gli ebrei greci durante l’occupazione ellenica dei tedeschi accogliendoli nel suo palazzo: il consorte reale non mancò poi alle celebrazioni tenute nel 1994 per onorarne il ricordo, ma appunto in veste privata, come accadde per la visita del Principe Carlo nel 2016 per il funerale di Shimon Peres.

Rumors e malignità, quelle sul legame tra la famiglia reale e gli ambienti antisemiti, alimentate oltre che dalla lunga assenza anche da alcuni retroscena poi svelati. Nel 2007 il Jewish Chronicle pubblicò uno scambio di mail tra Sir Michael Peat, segretario particolare del Principe Carlo, e il suo vice Clive Alderton all’interno delle quali traspariva un marcato timore che Israele potesse sfruttare una visita reale per scopi politici e Buckingham Palace non aveva (e non ha) alcuna intenzione di essere trascinata in una tale polemica: “E’ meglio evitare complicazioni non andandoci”, era il pensiero generale a Whitehall, fino a poco tempo fa evidentemente.

I legami istituzionali e commerciali tra il Regno Unito e Israele continuano d’altra parte a rafforzarsi, nonostante qualche frizione come accaduto in occasione della scelta di Donald Trump di trasferire l’ambasciata americana a Gerusalemme, strategia che non ha ricevuto il sostegno del governo di Theresa May. Il Regno Unito nel 2017 ha esportato beni e servizi in Israele per un volume di affari di 4,3 miliardi di dollari, mentre l’export di Israele verso Oltremanica ha raggiunto il valore di 5 miliardi di dollari. Altro scambio non quantificabile economicamente, ma di vitale importanza per la sicurezza dei due stati, è quello che avviene tra le rispettive intelligence.

Azioni concrete e organizzate che fanno da contraltare ad una cultura anti-israeliana molto accesa in Gran Bretagna, specialmente negli ambienti accademici, ma non solo: il leader laburista Jeremy Corbyn ha pagato pegno con l’elettorato ebraico per alcune sue dichiarazioni del passato ripescate alla vigilia delle recenti elezioni amministrative e proprio le posizioni sulla questione palestinese sono più croce che delizia per il partito della sinistra britannica.

La School of Oriental and African Studies è stato il primo college londinese a sostenere la campagna BDS (Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni) contro Israele: si sono aggiunte altre università tra cui Belfast, Essex, Exeter, Kings College, Liverpool, Manchester, Swansea e University College London. Al movimento hanno aderito musicisti, scrittori e attori, e sono diversi i racconti di studenti ebrei presi dalle associazioni universitarie. La campagna di mobilitazione ha raggiunto i supermercati dei centri abitati con una forte presenza araba, mentre a Leicester spetta il (triste) podio per essere stata la prima città a mettere al bando i prodotti israeliani con tanto di regolamento comunale.

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