Un numero, in base a come e da dove lo si legge, può essere interpretato in modi profondamente diversi. Questo è il caso della crescita del Pil cinese, attestatasi al 6,6 per cento nel 2018: preoccupante, se a leggerlo è un cinese, invidiabile, se a leggero è un italiano.
In un solo anno, premettendo che le stime del governo erano del 6,5 per cento (tre decimi in meno rispetto al 2017), la Repubblica Popolare Cinese ha prodotto nuova ricchezza pari all’intero Pil dell’Australia. Niente male, oserei dire, ma non abbastanza per chi da molti anni è abituato a galoppare, non semplicemente a correre. Perché sì, uno sviluppo così “lento” non si vedeva dal lontano 1990, in particolar modo se guardiamo al terzo trimestre del 2018, dove la crescita si è attestata “solo” al 6,4. Non accadeva dal 2009.
Questa “normalità”, se così può essere definita, preoccupa – e non poco – il Governo cinese, il quale ha subito annunciato una serie di nuovi stimoli, tra cui tagli assortiti alle tasse, nuove infrastrutture e una politica monetaria accomodante. Tutto per cercare di contenere l’eventuale crescita del debito pubblico.
Per la prima volta dopo tanto tempo settori dell’economia come gli investimenti privati e la vendita di automobili hanno rivisto il segno meno, il tutto condito da una serie di licenziamenti in alcune zone dell’Impero. Insomma, prima che questo fenomeno di rallentamento si plachi, ci vorrà del tempo, com’è normale che sia, ma ovviamente riguarderà anche tutte quelle economie che in qualche modo alla Cina sono legate.
In primo piano c’è da risolvere l’urgenza riguardante l’accordo commerciale con gli Stati Uniti di Donald Trump, entro la data limite del primo marzo, scongiurando una nuova ondata di dazi. Fra una settimana si incontreranno il team di negoziatori americani e il braccio destro di Xi Jinping, Liu He, sperando di trovare una soluzione vantaggiosa per tutti.
Dopodiché il Governo del Dragone dovrà fissare gli obiettivi di crescita del Pil per il 2019, verosimilmente tra il 6 e il 6,5 per cento. Tutto ciò fa sorridere, se pensiamo alla situazione italiana dove accendiamo un cero per uno zero virgola in più, ma la stabilità della Cina e le sue prospettive di crescita faranno molta differenza nel panorama di ripresa e di sviluppo mondiale.