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La Difesa nella NaDef: confermata la centralità Nato e Ue, ma la spesa sia intelligente

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Cosa prevede per la Difesa la nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (Def) inviata nei giorni scorsi in Parlamento dal Governo italiano? Alcune considerazioni. Nel documento si toccano diversi ambiti riguardanti la Difesa, tra cui i rapporti internazionali in ambito delle alleanze, sviluppo e ricerca, cybersecurity e spesa militare.

La centralità di Nato e Unione europea, leggasi per quest’ultima Politica di Sicurezza e Difesa Comune (PSDC) Cooperazione Strutturata Permanente (Permanent Structured Cooperation – PESCO), Fondo Europeo della Difesa (European Defence Fund – EDF), Programma Europeo di Sviluppo Industriale per la Difesa (European Defence Industrial Development Programme – EDIDP), sono confermate. Segnale che, a scapito di espertucoli che già immaginavano l’Italia come una succursale del Cremlino, il Belpaese rimane solidamente al fianco degli Usa e mantiene una visione atlantica ed europea.

Dal punto di vista della partecipazione alle operazioni estere da parte delle Forze Armate nostrane si desume una conferma di quella che è stata la politica – condivisibile – del precedente esecutivo, ovvero il mantenimento degli attuali contingenti militari con diminuzione graduale in Iraq ed Afghanistan. E’ noto inoltre che si sia avviata recentemente anche la missione di addestramento a favore delle forze armate del Niger da parte di soldati italiani.

Per quanto riguarda il settore ricerca e sviluppo è evidente l’intenzione dell’esecutivo di coinvolgere – cito testualmente – “tutte le componenti del sistema paese”, auspicando un’azione corale tra difesa, industria e mondo accademico. L’intenzione è condivisibile, ma non deve tramutarsi in un onere maggiore per la ricerca universitaria i cui fondi non sono certamente ai livelli degli altri paesi occidentali, né deve portare la ricerca per la Difesa a fare passi indietro perché i gap tecnologici in questo ambito si pagano caramente e si colmano con lentezza maggiore agli altri settori.

La parola d’ordine per quanto concerne la spesa è “razionalizzazione delle risorse economiche” intesa come “taglio di spese militari inutili” – come affermato di recente dal vicepremier Di Maio – eliminando quindi sprechi e duplicazioni. Queste argomentazioni sono certamente condivisibili, ma vanno in contrasto con un altro argomento del Def che riguarda la Difesa: le capacità militari utilizzate a molteplice scopo, quello che fino a poco tempo fa si chiamava dual-use delle Forze Armate, operazioni come “Strade Pulite” in Campania sono un esempio di questo tipo di impiego. La contrapposizione tra la lotta allo spreco e alle duplicazioni deve sì avvenire all’interno delle Forze Armate, ma non può consentire la replica di servizi che sarebbero appannaggio di altre istituzioni o partecipate, perché, detta in parole povere, questi servizi verrebbero “pagati due volte” dal contribuente. In una contingenza economica come quella attuale, non ce lo potremmo permettere.

Rimanendo in tema di spese, bisogna sottolineare che il fondo europeo per la Difesa e gli altri contributi provenienti dalle cooperazioni internazionali non sono alternativi alla spesa nazionale ed anzi in alcuni casi vengono elargiti solo se è assicurato un determinato investimento da parte della nazione. L’esecutivo dovrà tener conto di queste considerazioni se non vogliamo ritrovarci a difendere i confini nazionali e partecipare agli impegni internazionali con lacune tecnologiche che relegherebbero l’Italia ai margini delle coalizioni e metterebbero a repentaglio la sicurezza dei cittadini.

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