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La flat tax e il cane che si morde la coda

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L’Italia, a dire il vero, appare sempre come un Paese in perenne campagna elettorale. Forse perché le parole sono spesso più numerose dei fatti concreti, ma in questi giorni stiamo entrando davvero nel vivo di una mobilitazione elettorale in vista del voto politico del 4 marzo prossimo. Abbiamo già potuto ascoltare molte cose, fra promesse buttate lì, all’insegna però della certezza, probabilmente degli stessi proponenti, che esse non verranno mai mantenute; offerte un tanto al chilo stile televendita, con tutto il rispetto per le televendite; idee dannose destinate a perpetuare il declino italiano ed infine, per fortuna, anche qualche spunto interessante. Cerchiamo di focalizzare l’attenzione su ciò che sembra un po’ più utile e non deprime l’economia e nemmeno l’umore. Parliamo delle due proposte di Flat Tax avanzate rispettivamente da Forza Italia e dalla Lega.

La Flat Tax, in italiano tassa piatta, già applicata in forme diverse in vari Paesi del mondo e in cinque Stati USA, è l’imposta sul reddito la cui aliquota rimane fissa per tutti e non progredisce in base all’aumentare del reddito, contrariamente all’IRPEF che è appunto un’imposta progressiva. Secondo le proposte di Berlusconi e Salvini, la Flat Tax andrebbe ovviamente a sostituire per intero l’IRPEF. Il primo propone un’aliquota fissa del 23% che corrisponde peraltro all’aliquota minima dell’attuale IRPEF. Il secondo è più radicale e chiede una Flat Tax al 15%. Dove la Flat Tax è già realtà da molti anni, i risultati positivi, in termini di maggiori entrate fiscali e di minore evasione, si sono visti, ma rimaniamo nel caso italiano. Il dibattito svoltosi sinora sul tema ha avuto e continua ad avere una lacuna di non poco conto, ovvero la mancanza di un’opinione sinceramente liberale e liberista. Forza Italia e Lega dicono che la Flat Tax si ripagherebbe da sola. Per dirla in parole semplici, le tasse sarebbero sì più basse, ma i conti pubblici non ne risentirebbero perché tutti sarebbero disposti a pagare “meno” e non correrebbero più rischi tentando di evadere il fisco.

Certo, questo è un antico principio liberale. Quindi tutto giusto e sacrosanto, ma non basta. Soprattutto non basta di fronte alle obiezioni degli statalisti inguaribili, economisti più presenti nei talk-show che nei loro uffici a fare i conti ed esponenti politici, in particolare del Partito Democratico, i quali meritano risposte e spiegazioni ben più articolate. Fra i tanti fallimenti di Matteo Renzi, vi è anche quello di non aver smussato nemmeno un angolino della natura paternalistica e assistenzialistica della sinistra italiana. Gli esponenti PD, nei salotti televisivi e sui giornali, al fine di rispedire al mittente le proposte di Flat Tax targate FI e Lega, non sanno altro che ripetere quelle due o tre cose banali e al tempo stesso storicamente drammatiche che hanno sempre tarpato le ali allo sviluppo del Paese. No, qui la Flat Tax è improponibile, non pensiamoci nemmeno! I Paesi che applicano la tassa unica hanno uno Stato sociale scarso, mentre noi, faro della civiltà mondiale, abbiamo uno Stato sociale bello grosso, (e grasso), che richiede molti soldi e quindi tante tasse! Badate, cari amici del PD, cari economisti amici del PD e dello status-quo italico, ma pure cari pentastellati, non esistono poi molti motivi di vanto nell’avere uno Stato sociale come quello italiano.

Si paga troppo per avere servizi che non sono certo norvegesi o svedesi. La sanità pubblica, vanto principale degli statalisti cronici, funziona a macchia di leopardo, (in alcune Regioni è decente, in altre è allo sfascio). Quanti italiani, per effettuare un esame in tempi non biblici ed essere curati con qualche certezza di guarire, si rivolgono ad uno specialista privato assai bravo, ma carissimo? Molti, ma non conviene dirlo. Non siamo davvero in Nord Europa, ammesso e non concesso che da quelle parti funzioni tutto bene, però paghiamo tasse nordiche. Quindi sarebbe davvero ora di ridimensionare notevolmente questo nostro benedetto Stato sociale e non si tratterebbe, come potrebbe obiettare subito qualche paternalista peloso, di fare la sanità per i ricchi, di lasciar morire i poveri per strada. Vi sono gli esempi liberisti applicati nel mondo, Stati Uniti e Regno Unito in primis, che, sia chiaro, non schiacciano a morte i poveri, ma ancor prima, in un’Italia gestita da sempre in modo clientelare, esiste un’enormità di spesa pubblica improduttiva, nella sanità e in tutti i settori dove lo Stato mette le mani, che potrebbe essere tagliata in tempi rapidi e senza drammi sociali. Stipendi faraonici di manager pubblici nemmeno meritevoli di così tanto denaro; appalti milionari per opere ed attrezzature poi inutilizzate; assunzioni di amici/parenti; poltronifici vari; aziende statali/parastatali perennemente in perdita e tanto altro ancora.

Ecco, se esistessero il coraggio e la volontà politica di iniziare a ridurre tutto questo scempio di denaro pubblico, poi si potrebbe agevolmente parlare di Flat Tax e di ridurre in generale il carico fiscale su famiglie e imprese. Certo che se si ragiona come i piddini o certi economisti da talk-show, ai quali vengono le convulsioni al solo sentir parlare di tagli alla spesa pubblica, non si andrà mai granché lontano. Siamo al cane che si morde la coda. Se non si inizia mai a sforbiciare da qualche parte, le tasse non potranno essere ridotte nemmeno fra cento o duecento anni.

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