Il 30 settembre circa due milioni di cittadini macedoni andranno alle urne per il referendum che si propone di confermare l’accordo di governo con la Grecia, allo scopo di cambiare il nome del Paese in Repubblica del Nord Macedonia. Questo consentirebbe di lasciare definitivamente il limbo politico dove la Macedonia è stata fin dall’indipendenza e di proporre la sua candidatura per divenire sia un Paese membro della NATO sia dell’Unione Europea.
La Macedonia e la Grecia sono state in lite per 25 anni sul nome dello Stato macedone, ma se tutto andrà positivamente la controversia potrebbe essere considerata risolta entro la fine dell’estate. La Grecia, membro sia della NATO sia dell’UE, ha rifiutato di accettare il nome costituzionale del Paese dei Balcani, sostenendo che fosse identificabile con la sua provincia settentrionale che porta lo stesso nome. A causa di questa disputa, la Grecia ha precluso alla Macedonia la possibilità di entrare nella NATO e bloccato le sue aspirazioni verso l’Unione Europea. In seguito all’accordo del giugno scorso, la Grecia ha revocato i veti, a condizione che il cambio di nome sia sostenuto da un referendum e confermato con modifiche costituzionali.
Sebbene il presidente degli Stati Uniti Trump abbia avanzato nel recente summit di Bruxelles le sue riserve sull’Alleanza, definendola “in crisi”, i recenti sondaggi di opinione in Macedonia evidenziano che oltre il 50 per cento della popolazione locale andrà a votare, con la maggioranza che sosterrebbe l’accordo sulla variazione del nome come via per l’integrazione euro-atlantica. Ciononostante, qualsiasi mossa verso l’adesione alla NATO da parte della Macedonia è fortemente contrastata dalla Russia che ricorda, in tale atteggiamento, la già fallita opposizione all’adesione del Montenegro all’Alleanza avvenuta lo scorso anno. L’ambasciatore di Mosca a Skopje ha criticato le ambizioni della “Nord Macedonia” di aderire alla NATO, affermando pubblicamente che, a quel punto, lo stato balcanico potrebbe diventare un “obiettivo legittimo” qualora le relazioni tra NATO e Russia peggiorassero ulteriormente.
Il segretario della difesa Usa Mattis e il ministro della difesa italiano Trenta sono gli ultimi di una serie di leader occidentali a visitare Skopje. Le loro visite sono seguite a quella della cancelliera tedesca Merkel. Importante rilievo va dato, inoltre, alle visite del segretario generale della NATO Jens Stoltenberg (seconda visita in un anno, evento straordinario e di assoluta valenza geostrategica e politica) e del cancelliere austriaco Sebastian Kurz. Entrambi gli uomini di stato hanno esortato i macedoni a votare a favore del nuovo nome. In particolare, Stoltenberg ha promesso la porta aperta della NATO in caso di esito positivo e Kurz ha affermato che avrebbe “spianato la strada” affinché il Paese si unisca rapidamente all’Unione Europea.
Anche la Turchia, membro della NATO e ormai definitivamente fuori da ogni ragionevole possibilità di accordo con l’UE, sembrerebbe sostenere il positivo esito referendario. Infatti, nei primi anni ’90, la Turchia fu uno dei primi Paesi a riconoscere la Macedonia sotto il suo attuale nome costituzionale in aperta polemica e contrasto con la Grecia. Da allora la Turchia è diventata uno dei più importanti partner politici ed economici regionali della Macedonia e un sostenitore dell’ingresso di Skopje nella NATO. I legami eccezionalmente stretti sono stati ulteriormente rafforzati nel 2008 con un trattato per un partenariato strategico ed esponenti di peso del governo di Ankara si sono recentemente affrettati a riaffermare l’amicizia tra i due Paesi appena si è palesato, nei sondaggi, il possibile esito del referendum. Anche a fronte del fatto che oltre 70 mila turchi vivono in Macedonia dall’inizio di questo millennio. Tuttavia, il sostegno della Turchia all’adesione della Macedonia all’UE è meno credibile delle affermazioni ufficiali in quanto l’adesione all’UE potrebbe essere interpretata come lo spostamento di Skopje lontano o addirittura al di fuori dell’orbita di Ankara. Se ciò dovesse accadere, è probabile che la Turchia raddoppierà gli sforzi per acquistare ulteriore influenza in Kosovo e Bosnia-Erzegovina, entrambi stati balcanici con significativa presenza di popolazioni di confessione musulmana.
In seguito al possibile e probabile successo del referendum, quali potrebbero essere alcune delle sfide chiave per la Nord Macedonia? La prima sarà quella di adottare tutti gli standard e regolamenti UE in parallelo a quanto necessario per l’adesione alla NATO; la seconda quella di mantenere buoni rapporti con i vicini regionali; e la terza saper controllare i flussi della massiccia immigrazione illegale, che tenta di transitare verso la Serbia e l’Europa occidentale, con il rischio palese della presenza tra gli immigrati di foreign fighters o pericolosi elementi radicalizzati provenienti dalla Siria, dall’Iraq o da altri Paesi che utilizzano il lasco controllo turco delle frontiere e dogane per dirigersi verso il centro dell’Europa.
L’appartenenza entro breve alla NATO rimane comunque l’attuale priorità macedone. Al vertice di Bruxelles del luglio 2018, i capi di Stato e di governo della NATO hanno voluto dare un chiaro indirizzo alla politica di porte aperte a Skopje. Gli Alleati sono sicuramente rimasti colpiti dalla determinazione e dall’entusiasmo della Macedonia nel voler dimostrare la ferma volontà di aderire all’Alleanza ma nulla, al momento, è dato per scontato e la classe dirigente di Skopje concorda sul fatto che c’è ancora molto lavoro da fare.
Gli Alleati della NATO e dell’UE sono uniti da un interesse politico, strategico, economico e di difesa comune e i Paesi che desiderano unirsi alle due “alleanze” devono dimostrare di condividere questi valori. Questo significa, per Skopje, seguire la via delle grandi riforme economiche e sociali mettendo subito mano ai cambi generazionali. Sono già stati compiuti importanti progressi in settori chiave, ad esempio in materia di trasparenza amministrativa , supervisione delle agenzie di intelligence e sicurezza e riforme giudiziarie, ma è evidente che questo percorso deve continuare senza soluzione di continuità. Inoltre, e in particolare per la NATO dell’era Trump, l’aumento e la sostenibilità della spesa per la difesa allo scopo di raggiungere un minimo del 2 per cento del PIL è un impegno preso da tutti i membri dell’Alleanza.
La Nord Macedonia come 30° stato membro della NATO non potrebbe avere un approccio diverso. Con l’avvicinarsi dello storico referendum, tutte queste problematiche sono state discusse a lungo al Forum della sicurezza di Ohrid, convocato dal 17 al 21 luglio e organizzato dal George C. Marshall Center con il supporto della NATO. Il Forum ha visto la fattiva partecipazione di ministri, ambasciatori, alti ufficiali ed esperti di entrambe le sponde dell’Atlantico ed è stato organizzato per favorire un esito positivo del voto del 30 settembre che, si auspica, porrà la Macedonia definitivamente sulla rotta verso l’integrazione euro-atlantica.